Alan Moore non vuole avere niente a che fare con le trasposizioni dei suoi fumetti, questo lo sappiamo: già dai tempi di V For Vendetta, l’autore pretende che il suo nome non compaia nei crediti, e infatti generalmente viene citato solo l’illustratore, come Dave Gibbons per Watchmen (sia nel film sia nella serie tv di HBO). Moore è contrario allo sfruttamento commerciale delle sue opere da parte delle grandi corporation, e inoltre ritiene che tali adattamenti tradiscano i princìpi alla base dei suoi lavori.
In un intervista con The Telegraph sulla sua raccolta di racconti, Illuminations, l’ex fumettista rivela che non desidera condividere le royalty delle trasposizioni cinetelevisive con gli sceneggiatori che le hanno scritte, e ha chiesto alla DC Comics di donare la sua parte al movimento Black Lives Matter.
Non voglio nemmeno più condividerle con loro. Non sento proprio, con i film recenti, che [gli sceneggiatori] abbiano tenuto fede a quelli che ritenevo essere i loro princìpi originari. Quindi ho chiesto alla DC Comics di mandare tutti i soldi di ogni futuro film o serie tv a Black Lives Matter.
Alan Moore si è ormai ritirato dal mondo dei fumetti, ed evita le apparizioni pubbliche. Negli ultimi anni, ha scelto di vivere una più tranquilla “vita da scrittore”, soprattutto dopo aver scoperto che “alle convention parlavo con delle persone, e loro mi guardavano come se stessero vivendo un qualche tipo di esperienza religiosa invece di una normale conversazione”. L’aura di sacralità che lo circonda è dovuta al suo contributo rivoluzionario nel mondo dei fumetti: insieme al collega Frank Miller, l’autore di Watchmen ha sottoposto la figura del supereroe a un’intensa rilettura critica, spesso instaurando un dialogo con la contemporaneità.
Ciononostante, Moore non apprezza la direzione che ha preso l’industria del fumetto negli ultimi decenni, pur avendola influenzata involontariamente.
Non volevo che i miei esperimenti con i fumetti venissero immediatamente presi come qualcosa che l’intera industria dovesse fare. Quando facevo cose tipo Watchmen, non stavo dicendo che personaggi cupi e psicopatici fossero molto fichi, ma quello sembra sia il messaggio che l’industria ne ha tratto per i 20 anni successivi.
Lo stesso Ritorno del Cavaliere Oscuro di Frank Miller, altro fumetto seminale dell’epoca, è descritto da Moore come “una visione alquanto sub-fascista”:
L’idea di un singolo uomo, magari a cavallo, che può risolvere tutto quel casino – fa un po’ troppo Nascita di una nazione.
Alan Moore ha esplorato il fantasy nei suoi romanzi, ma è molto critico verso le attuali tendenze di questo genere, in particolare dopo i successi de Il Signore degli Anelli e Game of Thrones.
Il fantasy al giorno d’oggi sembra essersi ridotto a un mondo in stile J.R.R. Tolkien e George R.R. Martin, con guerrieri, draghi e, per qualche ragione, nani. I libri fantasy che mi hanno ispirato erano cose tipo la trilogia di Gormenghast di Mervyn Peake, che in realtà parla del mondo reale, dei mutamenti in seno alla società britannica. Il fantasy non ha restrizioni, quindi è un po’ noioso suonare sempre la stessa nota sul piano. Proponiamo visioni fantastiche che nessuno ha mai visto prima e lasciamo perdere la gente con altezza ridotta, per cambiare.
Fonte: The Hollywood Reporter