Il 23 agosto arriverà nelle sale Oppenheimer, il dodicesimo film di Christopher Nolan e suo primo film distribuito da Universal Pictures dopo molti anni alla corte di Warner Bros. Si tratta anche del suo primo biopic, per quanto Nolan non abbia rinunciato nemmeno questa volta alle sue strutture complesse, che sfidano la linearità e risultano in un intricato affresco che unisce logica e sentimento, riflettendo sulla natura relativa della percezione del tempo.
Per certi versi, Oppenheimer è la summa di un percorso che ha condotto Christopher Nolan dal cinema indipendente dei primi anni 2000, attraverso il blockbuster mainstream della trilogia di Batman, fino a uscire dal lato opposto come filmmaker indipendente che lavora dentro il sistema hollywoodiano. Un’affermazione che suonerebbe patetica in bocca a chiunque altro tranne che a lui, che, alla stregua di Quentin Tarantino, forse l’unico altro regista in grado di vendere un film con la sola forza del suo nome, fa esattamente quello che gli pare con i budget che vuole, sfornando opere che, pur aderendo alle richieste della committenza e alla fame hollywoodiana per lo spettacolo, riescono a dire cose personali e mai banali sulla natura umana, sulla memoria, sullo scorrere del tempo.
Basti pensare che, per realizzare Oppenheimer – un biopic sull’ideatore della bomba atomica, sulla carta non il concetto più commerciale di sempre – Nolan ha ottenuto da Universal un budget di 100 milioni di dollari, con un budget per il marketing equivalente, il totale controllo creativo, una finestra nelle sale di cento giorni, il 20% degli incassi lordi e l’assicurazione che lo studio non avrebbe distribuito un altro film nelle tre settimane precedenti e successive all’uscita del suo. Non è da tutti un potere contrattuale del genere.
Christopher Nolan lo ha ottenuto col sudore della fronte, costanti impegno e ambizione e l’innata capacità di lavorare nel punto di contatto tra arte e commercio, che l’ha portato a realizzare sempre film di successo. Unica eccezione Tenet, ma sappiamo bene che in quel caso nessuno sarebbe riuscito a fare di meglio: il film uscì infatti nell’autunno del 2020, in piena pandemia, per volere dello stesso Nolan, che da sempre lotta per salvaguardare i cinema e l’esperienza in sala, via via erosa sempre di più dallo streaming e dall’home entertainment.
I suoi film hanno ottenuto premi Oscar (nessuno a lui personalmente, nonostante sia stato candidato a cinque statuette) e generato dibattiti e discussioni. Anche i più commerciali, come i tre Batman che ha diretto tra il 2005 e il 2012, sono considerati film d’autore capaci di elevare la forma blockbuster verso qualcosa di più artistico, se credete in questo genere di distinzioni. La forza di Nolan sta forse proprio nella sua capacità di comunicare idee complesse e stratificate avvalendosi della forma più spettacolare del mezzo cinema, di servire al pubblico generico del multisala concetti filosofici e metafisici che normalmente risiedono in opere d’autore a basso budget, non frequentate da quello stesso pubblico. Nolan è, insomma, l’ultimo baluardo di un cinema che non fa distinzioni tra arte e spettacolo, e che sfida il suo pubblico, anziché cullarlo. Non è un caso se i suoi numi tutelari sono Stanley Kubrick, Ridley Scott, Steven Spielberg, grandi autori che hanno riscosso un successo enorme a tutti i livelli.
I suoi critici diranno che, nel fondere filosofia ed effetti speciali, Christopher Nolan inevitabilmente banalizzi la prima, la impacchetti in formato bignami per le masse. Se ne può discutere, ma ciò su cui non si può assolutamente dibattere è la monumentalità delle sue opere. Andare a vedere al cinema un film di Nolan significa vedere qualcosa che non si è mai visto prima. Prendiamo Tenet: è stato criticato per il plot confuso e i personaggi monodimensionali, ma dove altro abbiamo visto un viaggio nel tempo che è letteralmente un viaggio nel tempo, o un vero aereo che si scontra con un vero hangar? Per Nolan, la ricerca della verità come concetto filosofico è molto importante, e non è un caso che il regista la ricerchi anche nella messa in scena. In Oppenheimer, non si è accontentato di usare la CGI per ricreare la prima esplosione atomica: ha voluto filmare una vera esplosione (non atomica, sia chiaro). I suoi film di Batman non si affidavano al computer come tanti film di supereroi precedenti e successivi, ma utilizzavano miniature ed effetti pratici per preservare quel senso di tangibilità che lui ama, e che si riflette anche nel suo uso della pellicola (altro tratto che accomuna lui e Tarantino). I suoi sono blockbuster analogici, per quanto possibile, senza quella patina di nostalgia che abbiamo imparato ad associare a certi blockbuster moderni che usano tecniche pre-CGI (come i film di Star Wars). Il cinema di Nolan non si guarda certamente indietro, ma questo non gli impedisce di utilizzare tutte le tecniche che il cinema mette a disposizione.
Christopher Nolan fa, insomma, CINEMA, tutto maiuscolo, punta a un’esperienza totalizzante capace di ipnotizzare, fondata sul “prestigio”, la capacità di nascondere la verità sotto gli occhi di tutti per poi mostrarla in un ribaltamento finale che scardina ogni certezza. Per farlo, Nolan manipola la nostra percezione, nasconde i dettagli o li mostra fuori contesto, evita i plot lineari usando il tempo come arma narrativa. Memento, Insomnia, Inception, Dunkirk e Tenet sono tutti film che fanno della percezione del tempo il più grande trucco nell’arsenale del prestigiatore, mettendoci costantemente alla prova. Siamo noi a dover discernere le informazioni, a doverle mettere nell’ordine corretto per capire il film, non lui a doverci imboccare.
A volte, questo va a scapito della coerenza di scrittura e tono. Non sempre Nolan riesce a curare i suoi personaggi come cura il quadro generale, che gli interessa molto di più. Non sempre torna tutto nei suoi film, in cui non mancano salti logici e incongruenze, tutto in nome di una visione d’insieme che è ciò che conta per lui. Sono i temi, la filosofia e lo spettacolo a dominare nelle opere di Nolan, la magniloquenza dell’IMAX, le domande su identità e tempo. Ma il cinema di Christopher Nolan è questo, è forse uno dei più puri esempi di forma che diventa contenuto e va preso con i suoi difetti. Perché sono pochi, pochissimi i filmmaker attivi oggi in grado di regalare emozioni così avvolgenti sul grande schermo.
Oppenheimer arriverà nelle sale italiane il 23 agosto, distribuito da Universal Pictures. Per saperne di più:
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