Ok, All’inseguimento della pietra verde di Zemeckis (Romancing the Stone, 1984) e il suo sequel Il gioiello del Nilo, Tomb Raider (e quello che ne è venuto dopo, come la serie Relic Hunter o Uncharted), La mummia, Il tesoro dell’Amazzonia… sono tutte pellicole debitrici, in un modo o nell’altro, delle avventure di Indiana Jones. Ma poi ci sono i cloni veri e propri, nati come funghi aztechi dopo il successo de I predatori dell’arca perduta. Eccone, tra i tanti, 10 sufficientemente spudorati.
Ovvero il clone che poteva vantarsi di essere un remake di uno dei film che Indiana Jones lo avevano ispirato (ho visto lei che copia lui che copia lei che copia me). Il personaggio di George Lucas e Steven Spielberg era infatti, come noto, un omaggio ai film d’avventura di trent’anni prima, tra cui Le miniere di re Salomone (1950), uno dei tanti adattamenti del romanzo di fine Ottocento di H. Rider Haggard. Nel 1985, sulla scia dei primi due Indy e con la scusa del centenario del romanzo di Haggard, arriva quindi in sala Allan Quatermain e le miniere di re Salomone (King Solomon’s Mines), con Richard Chamberlain di Uccelli di rovo e una giovane Sharon Stone.
I due sono stati protagonisti un anno dopo anche del seguito, Gli avventurieri della città perduta (Allan Quatermain and the Lost City of Gold). Nel 2008, per scimmiottare i teschi di cristallo del quarto film di Indiana Jones, la Asylum ha tirato fuori invece uno dei suoi “mockbuster”, il clone Allan Quatermain and the Temple of Skulls.
I cacciatori del cobra d’oro (The Hunters of the Golden Cobra, 1982) è un film italiano diretto da Antonio Margheriti e interpretato dal neozelandese David Warbeck (quello, tra le altre cose, di …e tu vivrai nel terrore! – L’aldilà di Lucio Fulci). Il manufatto da recuperare è qui il cobra d’oro del titolo, si va nella giungla delle Filippine, e ad adorare l’idolo in questione ci sono gli Awoks… (Lucas, ti abbiamo scoperto!).
Da non confondere con I predatori della vena d’oro, che era invece il titolo italiano di Mother Lode con Charlton Heston.
Di predatori, comunque, al cinema ce n’erano in quegli anni quanti ne volevi. I predatori della pietra magica (Raiders of the Magic Ivory, 1988), di Tonino Ricci e con James Mitchum (figlio di Robert), era ad esempio un improbabile incrocio tra Indiana Jones e uno dei tanti film sul Vietnam che hanno popolato le sale negli anni 80.
Ancora Margheriti per I sopravvissuti della città morta (The Ark of the Sun God, 1984), in cui si cerca stavolta lo scettro d’oro del re Gilgamesh in Cappadocia, visto che il film lo hanno girato in Turchia. Senza freni la frase di lancio sul poster internazionale: “They’re the Raiders of RAIDERS OF THE LOST ARK”, cioè “Loro sono i predatori dei Predatori dell’arca perduta”.
Onesto.
Il tempio di fuoco (Firewalker) è un film dell’86 diretto per la Cannon da J. Lee Thompson, con Chuck Norris e Louis Gossett Jr. a caccia di tesori. È la prima commedia mai girata da Norris, filmata tutta in studio a Città del Messico. Si rivela un discreto flop, ma ovviamente nessuno ha il coraggio di dirlo a Chuck.
Il tesoro delle 4 corone (Treasure of the Four Crowns, 1983), di Ferdinando Baldi, aveva una colonna sonora di Ennio Morricone e la voglia di sfruttare il revival dei film in 3D che era in corso in quegli anni. La storia era così originale che questi mercenari chiamati a recuperare delle gemme in luoghi pieni di trappole si trovavano alle prese anche con un enorme masso rotolante. Ma sai che è una bella idea?
Pure nel titolo, Bloodstone (1988), ammicca tanto anche ad All’inseguimento della pietra verde (Romancing the Stone). Si tratta di una coproduzione indo-statunitense, interpretata tra gli altri da una star del cinema indiano, Rajinikanth. Gli attori americani, invece, furono scelti tra quelli non iscritti alla Screen Actor Guild, per risparmiare il più possibile. Cosa mai poteva andare storto?
Una citazione veloce per il film televisivo Robbers of the Sacred Mountain, altrimenti noto come Falcon’s Gold, giusto perché il protagonista era il Simon MacCorkindale di Manimal e Falcon Crest (ora avete capito il perché del titolo alternativo), e possiamo passare ai nostri campionissimi…
Perché copiare la formula di un film di Indiana Jones non basta, quando puoi metterci pure un eroe con un nome simile. Beh, per quanto possa sembrarvi – comprensibilmente – anche troppo,è successo. Più di una volta. Entrino pure, dunque, i nostri amici Tennessee Buck – protagonista di un cannibal movie mezzo comico e mezzo truculento, Le avventure di Tennessee Buck, 1988 – e Dakota Harris. Quest’ultimo è il protagonista dell’omonimo film australiano dell’86, noto anche come Sky Pirates (e da noi come Pirati del cielo).
Mancava solo, insomma, New Jersey Smith o Oklahoma Williams.
Accompagnato dalla musica di Brian May (il compositore australiano dei Mad Max, non quello dei Queen), Dakota Harris copiava da così tante altre pellicole che, ai tempi, fu definito un “clone di tutto quello che Steven Spielberg aveva girato fino a quel momento”… Re incontrastato della categoria, insomma. Inchino.