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The Flash: ah-ah, saviour of the multiverse (recensione senza spoiler)

Pubblicato il 17 giugno 2023 di DocManhattan

Per quello che è successo, tutto pensavo, nei mesi scorsi, tranne che avrei aperto una recensione di The Flash sottolineando la bravura del suo interprete. Nella lunga vigilia condita dal pervicace tentativo di Ezra Miller di collezionare una gamma quanto più vasta possibile di accuse penali, l’attenzione era inevitabilmente scivolata su altre faccende. Ma se ci concentriamo su quello che Miller – che un bravo attore aveva già dimostrato di esserlo, prima di trasformarsi in una specie di supervillain IRL agente del caos – fa in The Flash, e come lo fa, se l’è cavata molto bene. Se è vero com’è vero che è difficile reggere due ore e mezza di film sulla tua faccia, lui lo fa doppiamente, interpretando come noto due versioni diverse dello stesso personaggio: Barry Allen e Barry Herbert Ballerinallen.

THE FLASH, NON THE OLD BATMAN

Nonostante quello che hanno cercato di far credere al pubblico i teaser e trailer del film, The Flash è per buona parte del suo metraggio una commedia, un film condito di gag, peraltro in linea con la caratterizzazione data a Barry Allen nella sua precedente sgambata con la Justice League di Snyder/Whedon. Il pathos, il dramma familiare che diventa pasticcio del multiverso, c’è, ma ha un peso molto minore, è infilato in un paio di compartimenti stagni e soprattutto in un punto non sembra appiccicato neanche benissimo all’altra anima del film. Guardando The Flash, è peraltro evidente come il povero Andy Muschietti abbia fatto di necessità virtù, saltando durante una produzione particolarmente complessa in tutta una serie di cerchi infuocati.

E sempre per sgomberare il campo da altri possibili equivoci, nonostante tutto lo spazio dato al Batman di Michael Keaton nella campagna promozionale, sia lui che Supergirl (Sasha Calle) sono solo spalle dallo screen time limitato del (doppio) protagonista. The Flash non è come qualcuno sperava un “The Old Batman”, ma il film sull’eroe scarlatto che ancora mancava all’appello, usato – grazie a una storia cerchiobottista il cui scenario può voler dire tutto o anche, a seconda della strada che si decida di prendere in futuro, fermarsi qui – sia per raccontare il passato e le gesta di Barry Allen quanto per salutare tutta l’incerta comitiva partita dieci anni fa con L’uomo d’acciaio.

SE L’UOMO PIÙ VELOCE DEL MONDO ARRIVA SECONDO

Ma come film d’intrattenimento in cui per buona parte del tempo, come detto, le gag chiamano il pubblico a sorridere, The Flash funziona? Diciamo che intrattiene, proprio per questo taglio leggero. Lui è bravo, la storia se non corre (risate registrate) almeno scorre, la botta di nostalgia che ci era stata promessa a un certo punto arriva, e dipinge inevitabilmente un sorriso in faccia a noialtri semivecchi che a certe cose siamo affezionati. Peraltro, pur col contagocce, e pur tenendo da conto che magari questo tizio incappucciato assomiglia al Batman di Burton e ha lo stesso interprete ma non è la stessa cosa, perché banalmente non è in mano al Burton dei primissimi anni 90, ma rivedere Keaton in azione è stato bello.

(Questo nonostante il fatto che la sua presenza sullo schermo non ha una briciola del coinvolgimento emotivo rappresentato, a seconda della fascia anagrafica d’appartenenza, dal rivedere in costume in Spider-Man: No Way Home Tobey Maguire e Andrew Garfield. Ma magari perché è Batman e Batman è uno psicopatico, non lo so.)

Il problema di The Flash è che tanto di quello che ti mostra è stato fatto da altri, da anni, e in diversi casi pure meglio. Il mondo che si ferma attorno al super-eroe veloce come un lampo, che può quindi fare comodamente tutto quello che deve fare prima prima che sia passato un solo secondo? Bella idea. Tanto bella che ci hanno costruito su due intere scene in due film degli X-Men con il Quicksilver di Evan Peters. ‘nnaggia.

La rimpatriata di eroi provenienti da diverse realtà, per avere nello stesso film il Batman di Ben Affleck e quello di Keaton? Citofonare a Tom Holland. Il casino del multiverso, come passepartout per mettere in una storia quello che ti pare? C’è la coda, al cinema, di film simili (e il sublime Spider-Man animato di Sony sono cinque anni che gioca con quello spunto).

“L’HA CONTESTUALIZZATO BENISSIMO” (CIT.)

Insomma, The Flash è una pellicola che si lascia guardare, ma alla fine il suo impatto sullo spettatore immagino sia direttamente proporzionale all’effetto esercitato dalla secchiata di nostalgia. Se quelle scene fanno breccia, qualcosa te lo porti dietro alla fine del film. (Personalmente, ho avuto un istante di gioia, e la cosa per quanto cheap e facile e bom xibom xibom bombom fosse, mi ha reso felice: poi mi sono guardato attorno in sala, ho notato che ero l’unico ad essersi esaltato, e sono sprofondato di nuovo nella poltroncina.)

In caso contrario, pur con valori produttive e aspettative ben diversi sul piatto, si rischia un po’ l’effetto Shazam!, quello cioè di un popcorn movie che ti scivola addosso.

Con l’enorme paradosso bonus che terminata la parata di strizzate d’occhio, resta che hai un personaggio nuovo su cui potresti puntare anche nel futuro DCU plasmato da James Gunn e Peter Safran, perché come eroe questo Flash funziona e ha il grandissimo vantaggio di fungere da portale umano per gli universi, in grado quindi di farti ripescare alla bisogna chi ti pare grazie a una semplice corsetta con la speed force. Ma dopo la spirale autodistruttiva in cui Ezra Miller si è cacciato per due anni, chi se la sentirebbe di affidargli non dico un’altra pellicola da 200 milioni di dollari, ma anche solo le chiavi del proprio motorino?

I GIÀ CELEBRI BAMBINI BRUTTI

Due parole, prima di chiudere, sulla CGI. Un argomento di cui normalmente mi frega poco, nel senso che degli effetti non convincenti non mi ammazzano quasi mai un film che abbia qualcosa di buono da dirmi. Il problema è qui che un sacco di visi in digitale sono talmente terribili da prendere a calci la sospensione dell’incredulità. Una scena che coinvolge dei bambini, in particolare, è tanto tremenda da diventare uno spettacolo nello spettacolo e da portare il regista, Andy Muschietti, a spiegarne le ragioni appena il film è arrivato in sala.

Muschietti ha precisato qualche ora fa che è tutto voluto, frutto di una precisa scelta stilistica. Un’arrampicata a mani nude su parete liscia tale che oltre a Batman: The Brave and The Bold potrebbero fargli dirigere E interpretare anche un nuovo Spider-Man, secondo me.