The First Slam Dunk: Recensione dell’opera prima di Takehiko Inoue

The First Slam Dunk: Recensione dell’opera prima di Takehiko Inoue

Di Marlen Vazzoler

The First Slam Dunk non solo segna il debutto alla regia di Takehiko Inoue, l’autore del manga di Slam Dunk, ma adatta per la prima volta in animazione la partita finale giocata dallo Shohoku della Prefettura di Kanagawa contro l’imbattibile Sannoh della Prefettura di Akita.

In Asia il film ha conquistato gran parte dei mercati contribuendo ad aumentare l’hype attorno a questa pellicola, che adotta una scelta coraggiosa già ampiamente rivelata dal marketing italiano del film: il protagonista non è Hanamichi Sakuragi, ma un altro membro del quintetto base dello Shohoku.

In Asia e in Giappone questo particolare è stato tenuto il più possibile segreto: o usando la sinossi del primo volume del manga o come in Giappone, non rilasciandola per nulla. Anche il materiale promozionale è stato concepito per non dare particolare rilevanza a nessun membro del quintetto.

La storia [attenzione spoiler]

Il film è una storia di formazione avente per protagonista Ryota Miyagi. La maggior parte della pellicola ne racconta il passato inedito, attraverso una serie di flashback intrecciati con lo svolgersi della partita.

Veniamo così introdotti alla famiglia di Ryota e all’evento che segnerà la sua vita: la perdita del fratello maggiore Sota, poco dopo la morte del padre.

Costantemente paragonato al fratello maggiore, il giovane stabilisce un rapporto complicato con la madre che non riesce a venire a termini con questa seconda perdita. Questo la spinge a eliminare tutte le tracce di Sota dalla loro casa e a trasferire la famiglia da Okinawa a Kanagawa dove Ryota viene preso subito di mira dai nuovi compagni di scuola. L’unica cosa che riesce a spronarlo ad andare avanti, in particolare nei momenti più difficili, è il basket.

Incentrare la pellicola su Miyagi ha una doppia funzione, da una parte rappresenta una ventata di aria fresca per chi conosce a menadito l’opera originale tra il manga e l’anime e dall’altra parte offre una storia con un inizio e una fine ai neofiti.

Mostrando alcuni scorci delle loro lotte personali nel passato, i flashback ci permettono di apprezzare la loro crescita e quello che sono riusciti a conquistare per arrivare a questo punto, a questa partita.

A partire circa dal secondo tempo della partita, il loro utilizzo comincia a diventare pesante, perché estrapola lo spettatore dall’eccitamento dell’azione e in diversi momenti particolarmente intensi. Si ha così la sensazione di essere sballottati da una storia (la partita) all’altra (i flashback).

Il tono del film è molto più serio, nonostante gli intramezzi comici di Sakuragi, grazie all’omissione delle versioni chibi dei personaggi.

I personaggi

La pellicola dicevamo fornisce tutta una serie di elementi inediti sul passato di alcuni personaggi, in particolare Ryota e Akagi e in minima parte su Mitsui e Sawakita.

I momenti chiave rimangono, in alcuni casi sono leggermente cambiati per adeguarli alla narrazione, mentre in altri sembrano quasi una checklist, anche se in pochi casi abbiamo per fortuna questa sensazione. Secondo me l’esempio di Kogure è il più calzante, rimangono i due cambi nella partita ma non lo vediamo mai in azione.

E Hanamichi Sakuragi, il protagonista del manga? I suoi momenti vengono ridotti inizialmente all’osso, trasformandolo così nel comic relief della pellicola, anche se alla fine riesce ad avere il suo momento che i fan del manga ben conoscono.

I doppiatori originali hanno tutti dato una buona prova, dimostrando che la scelta di Inoue di cambiare il cast vocale è stata azzeccata. Shugo Nakamura ha condiviso tutte le sfaccettature dei sentimenti di Ryota, buone anche le prove di Jun Kasama nei panni di Mitsui e di Kenta Miyake in quelli di Akagi.

L’animazione

Come molti ho storto il naso guardando il materiale promozionale, ma i commenti entusiastici di diversi conoscenti che hanno visto il film in Giappone mi hanno permesso di mantenere un atteggiamento aperto, prima della visione del film.

La pellicola utilizza una tecnica mista: animazione 2D in alcuni momenti chiave e animazione 3DCG, dove ai modelli 3D sono state applicate 2 tecniche: il cel-shading che da l’impressione che siano disegnati a mano, e il filtro della linea che Toei sta ormai usando da qualche anno in diverse produzioni animate. Quest’ultimo permette alle linee nere di cambiare spessore e di ottenere l’impressione che siano disegnate a mano.

Il risultato è mozzafiato, la CG ha dato un importante senso di realismo ai movimenti dei giocatori, in particolare quelli dei piedi e delle mani durante i dribbling e le combo, dando talvolta l’impressione di guardare una partita dal vivo. Inoltre ha permesso un accurato uso dei dettagli, come l’animazione del respiro e del sudore, il movimento del tessuto delle uniformi. La sensazione che abbiamo guardando l’animazione è così naturale, siamo ben lontani da altre produzioni più recenti dello stesso studio, e ci chiediamo quando questi livelli di rigging potranno diventare la norma nel 3DCG giapponese.

Ho inoltre particolarmente apprezzato l’uso del colore da parte di Shiori Furusho, che sembra ricreare le illustrazioni di Inoue, e la sua applicazione sui modelli 3D. In particolare il suo uso combinato grazie al compositing con la fotografia di Shunsuke Nakamura, permettendo di dare ancora più risalto ai movimenti dei personaggi.

Per quanto riguarda la regia di Inoue, che ricordiamo è supportata da Fumihiko Suganuma, Katsuhiko Kitada, Naoki Miyahara, Toshio Ōhashi, Yasuhiro Motoda e Yū Kamatani, offre delle inquadrature molto simili a quelle usate nelle partite vere. Ed è proprio qui che ci regala qualche sequenza interessante, in particolare negli ultimi secondi della partita, accelerando l’azione.

Il suono

Le scelte più azzardate di Inoue sono però sull’uso del suono e del silenzio totale, si avete letto bene silenzio totale, all’interno del film. Assieme al direttore del suono Koji Kasamatsu, Inoue è riuscito a creare un’esperienza immersiva che ti trascina e ti porta sugli spalti.

Interessante l’uso, in alcuni momenti, di una distorsione dei suoni che si affievoliscono aiutandoci nell’immedesimazione nei giocatori. Viene riprodotta quella sensazione quando il cervello va in pappa e ci facciamo assalire dalle nostre preoccupazioni.

Per quanto riguarda la colonna sonora di Satoshi Takebe, ha un ritmo per lo più rockeggiante che contribuisce a creare dei momenti esplosivi durante le scene d’azione, e a tenere lo spettatore con il fiato sospeso. In queste scene predilige l’uso della musica elettronica e della batteria, mentre il piano e gli archi vengono preferiti in quelle più intime.

Conclusioni

Ci troviamo di fronte a un film non perfetto, a mio avviso, e il motivo è la scelta di Inoue di intrecciare troppo visceralmente la partita con i flashback. Li adoro, ma dopo una certa ho cominciato a trovarli stancanti e a chiedermi a che punto del film fossimo.

Ed è un peccato perché sul lato tecnico è sicuramente uno dei migliori film animati che ho visto quest’anno, e la colonna sonora, che trovate su Spotify, entrerà a far parte delle vostre librerie.

Lo consiglio? Si, secondo me è una pellicola accessibile a tutti, anche a chi non conosce la proprietà anche se perderà alcuni riferimenti, sto pensando alla caverna di Piercing e il riferimento a Sawakita in Slam Dunk. Dieci giorni dopo.

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