Renfield, la recensione di Roberto Recchioni

Renfield, la recensione di Roberto Recchioni

Di Roberto Recchioni
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Di questi tempi, polarizzando un poco il discorso, si potrebbe dire che ci sono due tipi di persone che amano Nicolas Cage: gli “acuti” (per definirli nella maniera che userebbe Tyler Durden), cioè quelli che lo amano in maniera ironica, che ridono di lui e non con lui, che lo seguono per i meme, per il fenomeno social, che si comprano il cuscino con la sua faccia e si sentono particolarmente brillanti e avanti nel guardare i suoi film con distacco postmoderno, e poi ci sono quelli che lo amano perché riconoscono che è, semplicemente, uno degli attori più talentuosi e geniali di tutti i tempi. Alla prima categoria appartengono registi come Kevin Lewis (Willy’s Wonderland), Sion Sono (Prisoners of the Ghostland), Dimitri Logothetis (Jiu Jitsu), Tom Gormican (Il talento di Mr. C), autori che hanno coinvolto Nic Cage per il suo personaggio pazzerello e le sue interpretazioni sopra le righe, che renderanno degno di nota (in termini social) il loro film, spingendo i Millennial e la Gen Z a guardarlo “per il lol”.

Alla seconda categoria, invece, appartengono registi come Alan Parker (Birdy – le ali della libertà), Joel e Ethan Coen (Arizona Junior), Norman Jewison (Stregata dalla luna), David Lynch (Cuore selvaggio), Hugh Wilson (Cara, insopportabile, Tess), Mike Figgis (Via da Las Vegas), Michael Bay (The Rock), Simon West (Con Air e Stolen), John Woo (Face/Off e Windtalkers), Brian De Palma (Omicidio in diretta), Joel Schumacher (8mm – Delitto a luci rosse e Trespass), Martin Scorsese (Al di là della vita), Dominic Sena (Fuori in 60 secondi e L’ultimo dei templari), Spike Jonze (Il ladro di orchidee), Ridley Scott (Il genio della truffa), Andrew Niccol (Lord of War), Gore Verbinski (The Weather Man), Oliver Stone (World Trade Center e Snowden), Lee Tamahori (Next), Alex Proyas (Segnali dal futuro), Matthew Vaughn (Kick-Ass), Paul Schrader (Il nemico invisibile e Cane mangia cane), Panos Cosmatos (Mandy), Richard Stanley (Il colore venuto dallo spazio), Michael Sarnoski (Pig). E questo senza citare Francis Ford Coppola (Rusty il selvaggio, Cotton Club, Peggy Sue si è sposata) che, essendo lo zio, potrebbe essere accusato di nepotismo.
Se dovessi puntare i miei soldi su una delle due squadre, direi che lo farei sulla seconda, voi?

Questo per sottolineare che non c’è un attore in attività che sia stato così tanto amato e voluto da così tanti grandissimi registi. Non Pacino, non De Niro, non Hoffman, non DiCaprio, non Lewis. Qualcosa vorrà dire, no?
Comunque sia, non è che l’atteggiamento con il quale un regista si approccia a Cage sia molto importante, perché tanto lui prende seriamente ogni lavoro in cui è coinvolto e ci si confronta sempre alla sua maniera, portando il suo approccio shamanico alla recitazione in ogni pellicola.

E questo è proprio il punto centrale della faccenda: quale che sia la natura del film, che si tratti di un di un blockbuster o di un film low budget, di un grande film autoriale o di un piccolo film indipendente, Nicolas Cage lo prenderà sul serio, lo rispetterà e cercherà di trovare una chiave per renderlo speciale.
E arriviamo a questo Renfield diretto da Chris McKay (LEGO Batman, La guerra di domani) e nato da un soggetto di Robert Kirkman (il fumettista statunitense diventato famoso grazie a The Walking Dead e poi fondatore della media company Skybound, che produce anche il film). Sostanzialmente si tratta di una pellicola che si diverte a inquadrare il rapporto tra Dracula e il suo servitore Renfield attraverso l’ottica dei rapporti (professionali e personali) tossici e abusivi. L’idea è divertente e pienamente in linea con la sensibilità del tempo e, quando il film si limita a questo aspetto, si esprime al meglio. Purtroppo c’è anche una larga componente action che, se da una parte cerca di intercettare quel nuovo gusto per la violenza insensata e lo splatter che serie come The Boys hanno sdoganato anche per il largo pubblico negli ultimi anni, dall’altra parte si poggia su una grammatica visiva molto vecchia, che sembra uscita direttamente da pellicole come Kingsman (2014) e Wanted (2008). Insomma, quando il film si muove, sembra vecchio di dieci anni minimo. È un enorme problema? No, perché, per quanto insistita, la parte action non è il cuore emotivo del film che, invece, sta tutto nelle nevrosi che Nicholas Hoult sa portare a schermo nei panni del succube del principe delle tenebre. Accanto a lui, la per nulla convincente Awkwafina (rapper e comica) che non riesce praticamente mai a rendere il suo personaggio credibile o, quantomeno, divertente e che, quasi, azzoppa il film. Dico “quasi” perché poi c’è Nicolas Cage che, fregandose di tutto il contesto ironico e sopra le righe del film, torna a vestire i panni di un vampiro (la prima volta era stato con Stress da vampiro, adorabile commedia nera del 1989, diretta da Robert Bierman) e porta a schermo un Dracula serissimo, che omaggia in maniera rispettosa quello di Bela Lugosi e di Christopher Lee.

Per assurdo che possa sembrare, l’attore che sembra credere di più nella storia che il film racconta, e che più di ogni altro la prende seriamente, è proprio Nic Cage, da cui tutti si aspettavano una prestazione molto sopra le righe. E invece niente: di “facce buffe e mosse alla Nicolas Cage” in questo film ce ne sono giusto un paio (già diventate un meme, ovviamente) mentre, per tutto il resto del tempo, c’è un Dracula credibile, elegante e spaventoso che, forse, avrebbe meritato un contesto meno giocoso. Detto questo, la pellicola è gradevole ma poco incisiva e le cose più interessanti sono nei bei titoli di testa e di coda (entrambi omaggi alle pellicole classiche dedicate al principe delle tenebre) ma Cage (e anche Hoult) valgono il prezzo del biglietto.

L’uscita di Renfield nelle sale italiane è prevista per il 25 maggio.

LEGGI ANCHE: La rinascita artistica di Nicolas Cage: cinque ruoli che ci hanno restituito l’attore, in attesa di Renfield

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