Deadline ha pubblicato una lunga intervista a Martin Scorsese incentrata sulla lavorazione di Killers of the Flower Moon, il suo nuovo film che verrà presentato al Festival di Cannes. Il film verrà distribuito nei cinema americani da Paramount Pictures (da noi 01 Distribution) e arriverà poi su Apple TV+. Un accordo che potrebbe aprire le porte a un nuovo modello di distribuzione, con una maggiore interazione tra le piattaforme streaming e le sale cinematografiche. Sempre di più, infatti, è evidente che i film che escono prima al cinema vanno meglio anche in piattaforma.
Di questo e altro parla Scorsese nell’intervista. Vediamone i punti salienti.
Killers of the Flower Moon è tratto da un libro di David Grann, che racconta una straziante storia vera: quella di come, dopo la scoperta di ricchi giacimenti di petrolio nella riserva dei nativi Osage, in Oklahoma, una cospirazione sia stata ordita, da parte di americani bianchi, per eliminare i più ricchi tra i nativi e sostituirsi a loro per trarre profitto dalle riserve. Al centro del film c’è una storia d’amore: quella tra Ernest Burkhart (Leonardo DiCaprio) e la moglie Mollie (Lily Gladstone), una Osage. Nonostante tra loro ci sia vero amore, il debole Ernest accetta di prendere parte alla cospirazione insieme allo zio William Hale (Robert De Niro), con tragiche conseguenze. Ma il progetto non doveva essere questo, inizialmente.
Al contrario, Scorsese ed Eric Roth lo stavano scrivendo come un procedural, e DiCaprio avrebbe dovuto interpretare Tom White, l’agente del Bureau of Investigations mandato a indagare sulle morti. White è considerato un salvatore dagli Osage e la risoluzione del caso contribuì addirittura alla fondazione della moderna FBI. Poi però è arrivato DiCaprio:
Leo DiCaprio mi ha guardato e ha detto: “Qual è il cuore di questo film?”. All’epoca io ed Eric Roth stavamo scrivendo la sceneggiatura dal punto di vista dell’FBI che arriva e risolve tutto. Nel momento stesso in cui arriva l’FBI, e vedi un personaggio, quello che sarebbe stato interpretato da Robert De Niro, Bill Hale, sai già che è cattivo. Non c’è alcun mistero. E allora che film è? Un procedural poliziesco? Chi se ne frega! Ne abbiamo di fantastici in televisione.
E così, DiCaprio è finito a interpretare Ernest, mentre il ruolo di Tom White è passato a Jesse Plemons. Scorsese spiega:
Ernest era il personaggio su cui avevamo meno materiale. Si è scritto molto su Bill Hale, Mollie e molti altri. Io ed Eric ci siamo divertiti a scrivere quella prima versione; aveva tutti i tropi del genere Western con cui sono cresciuto, ed ero davvero tentato di farlo così. Ma mi sono detto: “L’unica persona che ha cuore, a parte Mollie Burkhart, è suo marito Ernest, perché si amano.
Una prospettiva sposata dagli stessi Osage:
Siamo andati in Oklahoma, alla riserva Gray Horse. Gli Osage ci hanno preparato una lauta cena, e la gente si è alzata a parlare. Una donna si è alzata e ha detto: “Sapete una cosa? Si amavano, Ernest e Mollie. Non dimenticatelo. Si amavano”. Ho pensato: “Questa è la storia. Come ha potuto fare quello che ha fatto?”.
Lo stesso DiCaprio ha proposto di interpretare Ernest. Scorsese ha colto la palla al balzo: “Entriamo nella testa delle persone che hanno fatto tutto questo”. Il modo perfetto per aggirare gli stereotipi western, con il bianco eroico che arriva a salvare i nativi – per quanto gli stessi Osage considerino Tom White un salvatore – e raccontare invece l’ambiguità morale e il distorto processo mentale che porta a uccidere per denaro. Spiega il regista:
Non c’era verso che [gli Osage] potessero adeguarsi al modello europeo, il modello capitalista, in termini di denaro e proprietà privata. Perciò, a quel punto, [l’attitudine dei bianchi è] stiamo arrivando, e non ce ne andremo. O vi unite a noi, o ve ne dovete andare. E vi amiamo e ammiriamo, eh? Solo che il vostro tempo è finito.
Scorsese racconta che fu Robert De Niro a consigliargli di lavorare con Leonardo DiCaprio, dopo aver lavorato con lui al film Voglia di ricominciare:
Era il 1992 o il 1993 […]. Bob voleva che facessi Cape Fear. Dopo Quei bravi ragazzi, aveva interpretato Voglia di ricominciare. Stavamo parlando al telefono, di cosa non sono certo. Lui disse: “Sto lavorando con questo ragazzo. Devi lavorarci prima o poi”. Quella fu la prima volta che lo sentii raccomandarmi qualcuno. “Questo ragazzo è davvero bravo”, disse.
Scorsese parla anche dei rifiuti di De Niro, nello specifico The Departed e Gangs of New York. Del secondo rivela:
Quello fu solo un controllo. Letteralmente, mi disse: “Cosa stai facendo?”. “Sto facendo questo. Sei interessato?”. “Nah”. “Ok”.
Martin Scorsese parla anche di due grossi progetti che per poco non diresse. Uno è Il Padrino – Parte II, che Francis Ford Coppola voleva affidargli:
Onestamente, non penso che sarei riuscito a fare un film a quel livello in quel momento della mia vita […]. Fare un film così elegante, magistrale e storicamente importante come Il Padrino – Parte II, non penso che… Adesso potrei fare qualcosa di interessante, ma la sua maturità era già lì. Io ero ancora un po’ troppo spigoloso, il ragazzo selvaggio.
Nel cast di Schindler’s List, invece, fu il trauma per le critiche aspre a L’ultima tentazione di Cristo a spingerlo a mollare, nonostante avesse lavorato alla sceneggiatura con Steve Zaillian, ingaggiato proprio da lui:
Sapevo che c’erano ebrei irritati dal fatto che Il diario di Anna Frank fosse stato scritto da un gentile. Avevo sentito che c’erano persone che si lamentavano di Schindler, del fatto che avesse usato i prigionieri per fare soldi sfruttandoli. Dissi: “Aspettate un attimo”. Avrei potuto… beh, non difenderlo, ma discutere su chi fosse. Credo fosse un uomo eccezionale, ma non sapevo se ero preparato a sufficienza all’epoca.
Scorsese racconta anche un fantastico aneddoto circa una delle più celebri scene di Quei bravi ragazzi, quella in cui il Tommy DeVito di Joe Pesci sbotta nel celebre “Buffo come?”. Una scena frutto dell’improvvisazione. Ricorda il regista:
Mi disse: “Mi è successa una cosa”. Eravamo in un ristorante. Dissi: “Dimmela”. Lui rispose: “Non posso dirtela qui”. Io dissi, “Beh, andiamo a casa mia”. Così facemmo. Mi disse: “Te la recito”. E lo fece. Dissi: “So esattamente dove metterla”. Non è neppure nella sceneggiatura, non la scrissi. Dissi che l’avremmo infilata in uno dei giorni di riprese. E [il produttore] Mark Canton aveva con lui un altro paio di tizi della Warner Bros. quel giorno; la risata che si sente fuori schermo è la loro.
A proposito del futuro dell’esperienza cinematografica, Martin Scorsese si dimostra di mentalità molto aperta, pur difendendo le sale:
Chi ha detto che il cinema sarebbe rimasto come è stato negli ultimi cento anni? Negli ultimi venticinque anni le cose sono cambiate, negli ultimi cinque anni le cose sono cambiate e, solamente nell’ultimo anno, le cose sono cambiate. Chi ha detto che continuerà a esistere allo stesso modo? […] Vorrei che proseguisse così perché io lo conoscevo così. E so che un’esperienza comune con un pubblico, con qualsiasi film sul grande schermo, è meglio che vedere un film da soli. Questo lo so. Beh, la natura della tecnologia è tale che un intero nuovo mondo è stato creato. In quel mondo, ci sono certi film, per esempio, di cui persino io direi “Aspettiamo e vediamoli in streaming”.
Eppure, conclude il regista, gli adolescenti e le persone di venti, trenta e quarant’anni, dovrebbero provare “l’esperienza comune in un cinema”.
Killers of the Flower Moon arriverà nelle sale italiane il 19 ottobre da 01 Distribution.