Lost: Damon Lindelof ammette che era un set tossico e “razzista”, e chiede scusa

Lost: Damon Lindelof ammette che era un set tossico e “razzista”, e chiede scusa

Di Marco Triolo

Vanity Fair ha pubblicato un estratto dal libro Burn It Down: Power, Complicity, and a Call for Change in Hollywood di Maureen Ryan, in cui Damon Lindelof, co-creatore e co-showrunner della storica serie Lost, risponde alle accuse di razzismo sollevate da diversi individui coinvolti nella produzione, non ultimo l’attore Harold Perrineau. Lindelof ha ammesso che quello di Lost era un set in parte tossico e “razzista”, e si è preso le sue responsabilità, affermando di aver lavorato molto su queste criticità e di essere migliorato come persona proprio grazie a quegli errori.

Lindelof ha dichiarato:

Il mio livello di inesperienza come manager e capo, il mio ruolo di persona che avrebbe dovuto creare un clima di rischio creativo fornendo sicurezza e benessere nel corso del processo creativo… ho fallito in tutto questo. Pensavo: “Ok, fin quando ci saranno uno o due [sceneggiatori] con un aspetto diverso dal mio, allora sarò a posto”. Ho imparato a capire che questo era ancora peggio. Per quegli individui specifici, a parte l’etica e la moralità di quella decisione, ma prendendo solo in considerazione l’effetto umano di essere l’unica donna o l’unica persona non bianca e di essere trattati diversamente o isolati per questo… ero una parte di questo, al mille percento.

E ha aggiunto:

Il modo in cui mi comporto e in cui tratto le altre persone di cui sono responsabile e un risultato di tutti gli errori che ho commesso. Sono significativamente maturato e cresciuto, purtroppo al prezzo del trauma delle persone che ho ferito sul set di Lost.

Tra queste c’è la sceneggiatrice Monica Owusu-Breen, che ha definito quello di Lost un ambiente lavorativo “apertamente ostile”, in cui le discriminazioni erano all’ordine del giorno. Gira anche voce di svariate battute razziste nella writers’ room, tra cui alcuni commenti sull’attore Adewale Akinnuoye-Agbaje (Mr. Eko), descritto come uno che “ruba” portafogli. A questo proposito, pare che il co-showrunner Carlton Cuse abbia incitato gli sceneggiatori a far fuori Mr. Eko riferendosi ai “linciaggi” degli afro-americani. Un’accusa grave a cui Lindelof risponde:

Non riesco a immaginare che Carlton abbia detto una cosa del genere […]. Giuro, non ricordo queste cose specifiche. Non sto dicendo che non siano successe, dico solo che è letteralmente sconcertante che siano successe, e che io le abbia viste succedere o le abbia dette. Pensare che siano uscite dalla mia bocca o dalla bocca di persone che ancora considero amici è semplicemente impossibile da credere.

Le parole di Harold Perrineau

E poi c’è il caso di Harold Perrineau, interprete di Michael, unico personaggio afro-americano nel cast principale delle prime stagioni, eliminato da Lost dopo la stagione 4. Secondo l’attore, la sua uscita di scena fu una ritorsione per aver tentato di avere una conversazione sul suo personaggio, che temeva fosse troppo legato a certi stereotipi sui “padri neri”. “Stavo solo chiedendo uguale profondità”, ha spietato l’attore, aggiungendo che, però, “Ogni volta che menzioni la razza, a tutti quanti si incendiano i capelli e ti urlano ‘Non sono razzista!'”:

Solo perché ti dico che sono nero non significa che ti sto definendo razzista. Sto parlando della mia prospettiva. Ho detto molto chiaramente che non sto tentando di incolparti del mio trauma, ma sto tentando di parlarti di come mi sento. E allora possiamo farlo? Possiamo avere questa conversazione?

Quando Perrineau ha letto il copione del finale della stagione 4, si è reso conto di essere stato “licenziato”. Dopo aver chiesto spiegazioni a Cuse, si è sentito rispondere: “Beh, ci hai detto che, se non avessimo trovato niente di buono per te, te ne saresti andato”. Un commento che aveva il sapore del “Come osi?”, secondo l’attore.

Nel libro, Lindelof risponde anche alle accuse di Harold Perrineau:

Cosa posso dire? A parte che mi spezza il cuore che questa sia stata l’esperienza di Harold.

Lindelof ammette di non ricordare questa versione dei fatti, ma non la nega: “Non so perché qualcuno dovrebbe inventarsi una cosa del genere su di me”.

L’autore conclude:

Non sta a me dire che tipo di persona io sia. Ma dirò questo: scambierei ogni persona che ti ha detto che ho talento… Preferirei che avessero detto che non ho talento ma sono una brava persona, piuttosto che un mostro di talento.

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