Il 18 maggio arriverà nelle sale italiane da Universal Fast X, il nuovo capitolo della saga di Fast & Furious. Ripercorriamo insieme i capitoli precedenti per capire in che modo la saga abbia lasciato un segno nella storia del cinema.
Il mondo del cinema action è cambiato molto dall’inizio degli anni ’90, quando lo strascico degli Eighties muscolari di Schwarzenegger e Stallone si è via via affievolito fino a spegnersi. Sono poi arrivate varie fasi, da Matrix, con tutto il carrozzone di effetti visivi e amore per l’action di Hong Kong, tra attori appesi ai cavi e primi tentativi di importare le arti marziali nel cinema di massa, a Bourne, che ha popolarizzato lo stile Greengrass, fatto di camera a mano mossa e coreografie volutamente confuse.
La necessità di un ritorno a un’azione più fisica e dritta, scevra di CGI e montaggi rapidi e ravvicinati, ha portato infine l’action americano in due direzioni: da una parte i cloni di The Raid, con la squadra di John Wick, Chad Stahelski e David Leitch, in prima fila. Questo cinema invoca una maggiore attenzione alle coreografie e una regia in grado di servirle, anziché nasconderle; per questo non siamo più nell’epoca degli attori che fingono di sapere il kung fu, e persino l’apripista di quell’epoca, Keanu Reeves, ha dovuto imparare davvero le arti marziali. Dall’altro, nell’action dove si mena di meno e si sgasa di più, è nato il fenomeno Fast & Furious.
È quasi superfluo dire quanto la saga di Dom Toretto e famiglia sia cambiata nell’arco di ventidue anni: il primo capitolo era di fatto un remake non accreditato di Point Break, con le corse clandestine al posto dei surfisti. C’era poca ambizione, solo il desiderio di realizzare un prodotto di largo consumo, con un plot collaudato e un target semplice: i tamarri che amavano il tuning. Le cose si sono evolute da lì e hanno preso una direzione chiara solamente quando Justin Lin ha fatto il suo ingresso dietro la macchina da presa con il terzo capitolo, Tokyo Drift. Lin riprese le redini di una saga che stava per morire – Tokyo Drift era, di fatto, l’ultimo tentativo di un veloce reboot dopo un secondo capitolo deludente e senza la star principale – riuscendo a convincere il cast del primo capitolo a tornare nel successivo Fast & Furious – Solo parti originali.
La vera svolta sarebbe arrivata però con il successivo Fast & Furious 5 e l’introduzione del Luke Hobbs di Dwayne Johnson. Quella che era iniziata come una saga di corse in auto si è definitivamente trasformata in un franchise di spionaggio e azione internazionale, una sorta di James Bond corale con il NOS al posto del Vodka Martini. È stato questo il colpo di genio lungimirante di Justin Lin e Vin Diesel. Questo, e la trovata di abbracciare definitivamente il lato telenovela della saga di Fast & Furious per spingere il pedale (perdonateci la metafora automobilistica) del melodramma. La Famiglia è diventata l’elemento centrale, la scusa perfetta per farci innamorare di una masnada di, diciamolo chiaramente, ladri con il pallino dell’adrenalina e poca voglia di guadagnarsi da vivere onestamente. Toretto e company sono stati elevati talmente tanto a eroi che, a un certo punto, si è dovuto trasformarli in buoni per davvero. Ed ecco forse il terzo grande salto del franchise: in Fast & Furious 5, la trama ruotava ancora intorno a una spettacolare rapina (le cui conseguenze sono alla base di Fast X). Dal sesto, con l’alleanza tra Toretto e Hobbs, la crew di rapinatori si è trasformata in una perfetta squadra di agenti segreti, cosa resa ancora più esplicita dall’introduzione del Signor Nessuno di Kurt Russell nel settimo episodio.
Dietro a queste svolte ci sono due firme: il già citato Justin Lin, che ha traghettato la saga dal terzo al sesto capitolo senza interruzioni, e lo sceneggiatore Chris Morgan, che ha preso le redini della scrittura dal quarto episodio, scrivendo poi Fast & Furious 5, 6, 7, 8 e lo spin-off Hobbs & Shaw. Di suo, Lin ci ha messo uno stile di regia chiaro e diretto, senza fronzoli, paragonabile a quanto fatto da Gareth Evans e poi Stahelski e Leitch nell’action marziale. Sia chiaro, nella saga di Fast & Furious la CGI non manca, e la sua presenza si è resa sempre più ingombrante con il passare dei film, ma Lin ama girare le scene dal vivo, utilizzare gli stunt fisici fatti alla vecchia maniera, ma non solo. Ci sono sequenze spettacolari che sembrano realizzate al computer, ma sono state fatte dal vivo (con qualche aiuto tecnologico). Tipo questa.
Girare dal vero è diventato motivo di vanto per le produzioni negli ultimi anni, anche per via della condotta di un certo signor Tom Cruise, che ama lanciarsi in imprese sempre più folli con ogni nuovo capitolo di Mission: Impossible. E in effetti, per quanto la qualità degli effetti visivi sia migliorata in maniera esponenziale nel tempo, è ancora ben evidente quando ai veicoli reali si sostituiscono delle copie computerizzate.
Oggi, l’universo Marvel attira su di sé tutta l’attenzione, e il suo modello viene studiato ed esaminato da accademici e competitor, nell’eterno tentativo di replicarlo. Eppure Fast & Furious non è da meno: ogni nuovo capitolo ha introdotto nuovi personaggi che, poi, sono stati sempre riutilizzati. La saga ha addirittura generato uno spin-off, incentrato su Luke Hobbs e Deckard Shaw (Jason Statham), e persino una serie animata Netflix, Fast & Furious: Piloti sotto copertura. L’attenzione al world building di stampo geek si sposa con un immaginario che sembrerebbe agli antipodi, e il risultato è qualcosa di mai visto prima, il punto d’incontro ideale tra una telenovela sudamericana e gli universi condivisi di stampo marvelliano. Un mondo in cui i personaggi possono morire, ma poi ritornare. In cui, anche se sei un villain in un episodio, puoi essere un alleato in quello successivo. In cui si cercano sempre gli accoppiamenti inediti per scombinare le carte e far sorridere i fan che li avevano shippati. Un mondo, in definitiva, di supereroi, perché Toretto e compagnia potranno anche non avere superpoteri, ma come la chiamate una persona che atterra da venti metri sul cofano di un’auto e non si fa niente?
E sì, tanto per chiuderla in bellezza: probabilmente c’è un sacco di gente che adora i film di Fast & Furious e, nel tempo libero, inveisce contro il politicamente corretto, la cultura woke, Black Lives Matter, le quote etniche nel cinema americano e più in generale la sostituzione etnica. E magari non si è mai resa conto che quella di Fast & Furious è forse l’unica saga mainstream in cui il cast principale è composto quasi esclusivamente da minoranze. Una volta c’era il povero Paul Walker, oggi ogni tanto si vede Jason Statham. Ma, per il resto, la Famiglia è composta da latinos, afroamericani e combinazioni varie. Uno specchio del mondo e dell’America sicuramente non involontario.
Fast X arriverà nelle sale il 18 maggio. QUI ne potete vedere il trailer.
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