The Mandalorian 3: la recensione del sesto episodio, Guns for Hire

Il sesto episodio (di otto) della terza stagione di The Mandalorian è ancora una volta un’avventura a sé stante con qualche collegamento all’arazzo generale della saga. Da un lato questo è un bene, dall’altro conferma la mancanza di idee forti che ha caratterizzato questa stagione, troppo interessata a sviluppare una trama orizzontale che forse è troppo grossa per essere conclusa in due episodi.

Ciò non significa che, come sempre, questo episodio, Guns for Hire, non sia piacevole. Mando e Bo-Katan si recano stavolta su un pianeta indipendente nell’anello esterno della Galassia, in cerca dell’esercito mandaloriano che ha disertato la sua leader. Lì, trovano un’élite di nobili illuminati alle prese con un problema: i droidi locali, ex imperiali riprogrammati, stanno apparentemente impazzendo. Din Djarin e Bo-Katan vengono incaricati di scoprire il motivo, e in cambio potranno convincere i mandaloriani a seguirli. Una storia molto semplice, con un paio di momenti action azzeccati e alcuni nomi veramente grossi nel cast (che non sveleremo), per la regia di un’ormai rodatissima Bryce Dallas Howard.

Il problema è che, su 45 minuti di durata, l’episodio se ne riserva una decina per portare avanti la trama orizzontale, e questo significa ridurre all’osso la missione della settimana. Ne soffrono entrambe le parti, perché risultano frettolose. Specialmente la parte in cui Bo-Katan cerca di riprendersi la flotta e ristabilire il suo comando: dovrebbe essere un momento solenne e importantissimo, e succede anche una cosa fondamentale, ma come al solito succede in maniera troppo rapida e facile. Un po’ come ci ha abituati questa stagione negli episodi precedenti, dalla risoluzione della scomunica di Mando alla sconfitta dei temibili pirati di Nevarro. E ancora prima, in The Book of Boba Fett, quando Mando e Grogu si sono riuniti con estrema facilità in tempo per la nuova stagione. Jon Favreau, incerto su come procedere, continua a lanciare sottotrame apparentemente importanti, per poi chiuderle nello spazio di uno o due episodi e ripartire da capo. Il risultato è una stagione che pare solamente un frenetico spostamento di pedine nei punti giusti, in vista di grandi sviluppi futuri, e che trascura invece di rendere divertente e appassionante il viaggio.

Mancano due episodi alla conclusione della stagione 3, e The Mandalorian ha ormai chiaramente perso il respiro epico di un tempo. La società in cui si imbattono Mando e Bo-Katan in questo episodio, fatta di ricchi che vivono in una cupola tra lussi sfrenati, mentre i droidi fanno il lavoro sporco, sembra quasi una metafora dello status della serie: un tempo era avventurosa ed elettrizzante, e sapeva sporcarsi le mani; oggi è un ricco brand da proteggere, chiuso in una bolla (la tecnologia Stagecraft), autoreferenziale e autoconsapevole, e leggermente smussato rispetto all’energia più spigolosa e pericolosa delle prime due stagioni.

Mancano due episodi, si diceva. Ora Bo-Katan dovrebbe guidare la carica e riprendersi Mandalore, un pianeta che abbiamo visto solo una volta e per poco. Quanto ci interessa questa posta in gioco? E, soprattutto, ha senso chiudere una trama così importante in due episodi appena? Forse no, ed è probabile che la stagione si concluda con un cliffhanger. E poi dobbiamo ancora ritrovare Moff Gideon e scoprire a chi appartenesse quella flottiglia che ha attaccato Din Djarin e Bo-Katan e distrutto il castello di quest’ultima.

Troppe cose da dire in due soli episodi, anche se finora la stagione 3 ci ha dimostrato che tutto può essere risolto e accantonato in pochissimo tempo. Speriamo non sia di nuovo così.

La terza stagione di The Mandalorian è disponibile su Disney+.