Cinema Recensioni

Tutto in un giorno, la recensione

Pubblicato il 01 marzo 2023 di Lorenzo Pedrazzi

In Italia nel 2022 gli sfratti eseguibili erano circa 150 mila, e l’azzeramento dei fondi di contributo per l’affitto e la morosità incolpevole non farà che peggiorare la situazione. Nella vicina Spagna, invece, si effettuano concretamente 41 mila sfratti all’anno, ovvero più di 100 al giorno: in un mondo globalizzato, anche le ingiustizie sociali sono comuni. Le vicende raccontate in Tutto in un giorno sono quindi universali, nonostante si svolgano a Madrid, e rievocano esperienze a cui tutti noi possiamo rapportarci, con diversi livelli di coinvolgimento a seconda dei casi.

È curioso che il titolo italiano ponga l’accento sulla temporalità del film, mentre quello originale – En los márgenes, letteralmente “ai margini” – sottolinea la marginalità sociale e geografica di chi lotta per non perdere la casa. Quelle raccontate da Juan Diego Botto sono vite che si coagulano ai limiti estremi delle città, spinte sempre più lontano dai medesimi processi di gentrificazione che interessano anche i nostri quartieri. Al contempo, sono vite relegate ai margini del discorso politico, escluse persino dai comizi di stampo populista, troppo impegnati a evocare nemici e minacce inesistenti per affrontare problemi reali. Preso atto del fallimento delle istituzioni, tocca quindi ai singoli cittadini occuparsi di loro.

È proprio ciò che fa Rafa (Luis Tosar), avvocato impegnato in numerose battaglie sociali, ma non abbastanza presente per la moglie incinta Helena (Aixa Villagrán) e il figliastro adolescente Raúl (Christian Checa). Quando una giovane immigrata rischia di perdere la custodia della figlia, prelevata dalla polizia mentre lei era al lavoro, Rafa si scapicolla da una parte all’altra di Madrid per risolvere la situazione, con Raúl al seguito. La sua storia si intreccia con quella di Azucena (Penélope Cruz), cassiera di supermercato che vive con il figlioletto e il marito Manuel (interpretato dallo stesso Juan Diego Botto); e con quella di Teodora (Adelfa Calvo), anziana donna che si è ritrovata senza risparmi dopo aver garantito finanziariamente per il figlio. Alla vigilia di un grande sfratto, entrambe stanno per perdere la casa.

Tutto in un giorno si svolge effettivamente nell’arco di una singola giornata (epilogo a parte), sfruttando la cornice temporale della vicenda per restituire l’idea di una lotta contro il tempo. Non a caso, Botto e sua moglie Olga Rodríguez – giornalista specializzata in Medio Oriente e diritti umani, qui co-sceneggiatrice – costruiscono un racconto molto serrato, anche grazie all’ottimo montaggio di Mapa Pastor, che tiene insieme la narrazione corale senza mai perdere il passo. Nonostante Rafa abbia un ruolo più centrale, la contemporaneità delle trame permette di enfatizzare l’onda lunga degli abusi socio-economici, e quanto siano ramificati i loro effetti sulle persone. La casa non è solo un tetto sotto cui dormire: è il fulcro della nostra stabilità esistenziale, il nucleo da cui si irradiano le nostre sicurezze, la base di una vita dignitosa e sostenibile. Toglierla, significa far crollare tutto ciò che vi abbiamo costruito sopra.

Tutto in un giorno ha il merito di rimarcare come la privazione di questo diritto abbia conseguenze non solo pratiche, ma anche emotive e psicologiche. Pur allineandosi con il miglior cinema di impegno civile – come quello di Ken Loach e dei fratelli Dardenne – il film non disdegna sfumature più melodrammatiche (senza eccessi) per raccontare l’impatto delle politiche neoliberiste sugli esseri umani. E, soprattutto, ci ricorda quanto sia difficile fare del bene nel sistema in cui viviamo, perché ogni atto solidale sbatte il muso contro i più banali ostacoli burocratici e amministrativi. La solidarietà è quasi scoraggiata, in una società che ne fa ricadere tutto il peso sui singoli individui. Rafa diviene così l’emblema di uno struggente eroismo civile, l’epica della quotidianità: il Bene costa enormi sacrifici personali, e fare la cosa giusta talvolta equivale a perdere tutto. L’errore sta nel pretendere una cosa simile da un comune cittadino.