The Last of Us – Episodio 9: l’insostenibile leggerezza della violenza. La recensione di Roberto Recchioni

The Last of Us – Episodio 9: l’insostenibile leggerezza della violenza. La recensione di Roberto Recchioni

Di Roberto Recchioni

Ammetto di essermi preso qualche in giorno in più per scrivere la recensione dell’episodio finale (il nono) della prima stagione di The Last of Us, perché avevo bisogno di pensare a come impostarla, visto che non vedevo nulla di particolarmente significativo da dire. Alla fine, non l’ho trovato, visto che questo ultimo capitolo del lungo (ma non così tanto lungo) viaggio portato a schermo da Mazin e Druckmann (e sempre diretto da quell’autore con la “A” maiuscola di Ali Abbasi) fornisce, sostanzialmente, solamente tre temi di discussione.

Il primo è il più semplice: gli elementi narrativi aggiunti alla storia originale del videogioco.
Si tratta di due momenti, uno costruito per dare un senso logico al fatto che Ellie sia immune al Cordyceps e perché rappresenti un’eccezione nel mondo della serie. Nel videogame di Naughty Dog la cosa era spiegata così: “perché sì”, nella serie televisiva, invece, seguendo quella strada di credibilità scientifica fortemente perseguita da Mazin sin dal principio, si trova una spiegazione soddisfacente che trasforma quello che era un semplice MacGuffin, indubbiamente utile per far muovere la storia e i suoi personaggi, in qualcosa di più, in un elemento narrativo che ha un suo peso e che, soprattutto, ci sottolinea come le condizioni che hanno reso Ellie immune sono praticamente irripetibili e il perché lei è unica. Alla luce del finale, questa cosa ha un peso enorme.

Il secondo momento narrativo inedito è quello che riguarda Joel e la cicatrice che ha sulla tempia. É un momento di scrittura molto felice, che approfondisce la storia e la psicologia del personaggio e che ci fa capire meglio qual è il valore che Ellie ha assunto agli occhi dell’uomo. Anche in questo caso, è una scena che ha una sua gravità su quanto avverrà nel finale della serie. Per il resto, l’episodio segue praticamente passo per passo quanto visto nel videogame, scena delle giraffe comprese, e non c’è molto da aggiungere.

Il secondo tema di discussione, invece, riguarda quella che potremmo definire (senza spoilerare) come “La scelta di Joel”, parafrasando il titolo del film di Alan J. Pakula con Meryl Streep, La scelta di Sophie. Ora, devo ammettere che questo argomento mi ha stancato perché ne discuto da dieci anni (ovvero da quel 2013 che è l’anno di uscita del videogame) e che finisce sempre con qualcuno che mi dice: se non hai figli, non puoi capire. Probabilmente è davvero così, non le metto in dubbio, ma resto della mia idea e ritengo che tanto Joel quanto Marlene abbiano commesso il peggiore dei crimini nei confronti di Ellie, privandola della possibilità di scegliere e autodeterminare il proprio destino. E questo, come direbbe Forrest Gump, è tutto quello che ho da dire a riguardo.

L’ultimo tema è per me il più interessante e riguarda non tanto il “cosa” di questo season finale ma il suo “come”. Ora, premesso che Ali Abbasi ha un grande occhio cinematografico e che le sue scelte registiche sono praticamente inappuntabili, io continuo a pensare che gli episodi (l’ottavo e il nono) che Mazin e Druckmann gli hanno messo in mano siano i meno equilibrati narrativamente, quelli in cui i due autori hanno fatto troppo i raffinati nel loro voler negare l’azione, come se questa fosse imprescindibilmente legata alla spettacolarizzazione e quindi antitetica allo stile della serie.

Invece, per me, l’azione, se ben messa in scena, può avere un suo peso e una sua gravità, ed è proprio questa che mi è venuta a mancare nel momento in cui Joel si scatena. Nel videogioco questa cosa c’era e funzionava benissimo, costringendoci a partecipare a una discesa negli inferi senza alcuna possibile redenzione. Nella serie, invece, non l’ho sentita. Troppo stilizzata la sequenza, troppo poco insistita la violenza. Ed è strano, perché proprio la serie ha lavorato benissimo (meglio del videogame) per raccontarci chi era Joel e perché si era adattato così bene a quel mondo apocalittico in cui era finito a vivere. Ma, purtroppo, proprio nelle battute finali, quando è arrivato il momento di affondare il colpo, Mazin, Druckmann e Abbasi hanno preferito sterilizzare quel momento, depotenziandolo e non sottolineando la mostruosità del loro protagonista.

E non si è trattato di una sintesi obbligata (il tempo lo avevano, tanto è vero che questo ultimo episodio è, sorprendentemente, uno dei più brevi della stagione) ma di una scelta intenzionale.

Semplicemente, il terzetto di autori ha deciso che una vera scena d’azione, che mostrasse in tutta la sua brutalità la violenza perpetrata da Joel, non era abbastanza di classe per quanto stavano facendo.
E infatti, è proprio così, perché la violenza non è una cosa di classe ma una cosa orribile, che provoca repulsione. E io, nella scena portata a schermo, repulsione per Joel non l’ho provata, e non ho provato neanche tensione o paura per il suo destino, perché mai ho avuto l’impressione che non ce la potesse fare. Anzi, mi è sembrato che quel cammino di sofferenza e morte, tanto ben raccontato dal videogame, fosse invece la facile avanzata di un Terminator in mezzo a delle stupide comparse senza nome. Insomma, mi è mancato quel qualcosa che avrebbe reso quella sequenza significativa. Discorso diverso, invece, sul finale dell’episodio, scritto, diretto e interpretato magistralmente e che, con un semplice “ok”, apre un abisso di ansie e angosce senza uguali.

Detto questo e per tagliar corto, nonostante le mie perplessità sugli ultimi due episodi, ribadisco quanto detto alla prima visione della serie: è una delle migliori opere televisive degli ultimi anni, in grado di stare sullo stesso livello con cose come The Wire, I Soprano, Breaking Bad, Mad Men, Game of Thrones, The Shield (e aggiungete voi qualche altra serie straordinaria che avrò di sicuro dimenticato). Non vedo l’ora che arrivino le prossime due stagioni, anche solo per vedere le reazioni degli spettatori inconsapevoli di quanto succederà.

The Last of Us è disponibile in Italia su Sky e in streaming solo su NOW, in contemporanea con gli USA.

QUI trovate tutte le recensioni di TLOU scritte da Roberto Recchioni

Illustrazioni esclusive di Roberto Recchioni

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