In un panorama cinematografico italiano così incostante, dove la qualità sovente non viene valorizzata, come nel caso per esempio di Brado di Kim Rossi Stuart oppure di Piove di Strippoli, vi è ancora speranza per chi cerca qualità e novità. Stiamo parlando di Mixed By Erry, il nuovo film di Sydney Sibilia, che si conferma il più imprevedibile, istrionico regista italiano della sua generazione. Tra verità e fantasia con tanta ironia e anche un velo di nostalgia per l’Italia che fu, Sibilia ci regala un’altra perla, un’altra piccola grande storia.
La Generazione Z, quella che è cresciuta con tecnologie sempre più potenti, non può immaginare che cosa abbiano rappresentato per i loro fratelli maggiori, padri, i DVD ma soprattutto prima ancora le audiocassette. Solo il nome a noi “vecchietti”, riporta la memoria alle ore passate a cercare di intercettare le canzoni alla radio per registrarle, a matite consumate per recuperare il nastro, compilation fatte in casa ma soprattutto la marea di copie pirata che passavano di mano in mano. Dietro però, c’era quasi sempre un nome, anzi tre nomi, i tre fratelli Frattasio, Enrico, Peppe ed Angelo, napoletani di Forcella, che all’epoca era caratterizzato da scarse prospettive, molta povertà e l’eterna necessità di imparare l’arte di arrangiarsi. Dalla storia, del loro impero che ad un certo punto era quasi più importante di tutte le aziende discografiche italiane messe assieme, di quella strana, pazza incredibile cavalcata dei primi pirati verso il successo effimero, Sydney Sibilia ha tratto un bellissimo film. Mixed By Erry è carico di un’energia, un’allegria e anche una vitalità che ne fanno qualcosa di più unico che raro nel panorama cinematografico italiano attuale. Luigi D’Oriano, Giuseppe Arena e Emanuele Palumbo, sono Enrico, Peppe ed Angelo, che a partire dagli anni ‘80, prima su base locale e poi allargando il traffico su base addirittura nazionale, crearono nel giro di poco tempo una sorta di impero discografico mascherato e allo stesso tempo in piena luce. Diretto benissimo, dotato di grande ritmo, il film si dimostra capace di divertire senza essere superficiale, di parlarci di una verità magari addolcita nei modi, ma particolarmente coerente nella sostanza. Insomma, non andare a vedere questo film sarebbe un vero e proprio peccato mortale, perché come al suo solito Sibilia, con il suo stile grottesco nel trattare qualcosa di serio, riesce ad essere profondo dietro una maschera di allegria e decostruzione della sacralità dell’argomento in questione.
La prima cosa che balza all’occhio di Mixed By Erry è la grande tenerezza con cui Sibilia (come ha sempre fatto del resto) tratta i suoi personaggi, allontanandosi da una visione manichea della vita e della società persino in quei ruggenti anni ’80. Era il decennio della Milano da bere, anzi dell’Italia da bere, con la musica elettronica, Duran Duran, Spandau Ballett e new wave, ma a Napoli era sempre la solita storia, con povertà, e la famiglia dei fratelli Frattasio che sopravviveva grazie alle piccole truffe del padre (Adriano Pantaleo) e della madre (Cristiana dell’Anna). Dei tre Enrico è quello più timido, ma anche quello che dietro i suoi silenzi nasconde grandi idee, intuito e soprattutto l’amore per la musica. Vorrebbe fare il DJ, ma non è abbastanza sicuro di sé, non ha gli agganci giusti, ma vuoi per la fame, vuoi perché sa cosa vogliono e che musica ascoltano i suoi coetanei, sarà lui il comandante di questa sorta di Cosca-Brancaleone, che invece che mitra o cocaina, impugna masterizzatori, tonnellate di audiocassette e cuffie. Mixed By Erry è un film bellissimo perché trasversale nella sua fruibilità, semplice ma capace di mostrarci realmente le contraddizioni dell’Italia di quegli anni. Può anche rivendicare una sorta di valenza documentaristica e storica, perché ci ricorda quanto superiore fosse la cultura pop di allora, cosa significasse vivere nell’Italia degli anni ’80 e ’90, dove la libertà (anche la più estrema) era normalità al contrario di oggi. Bellissimo nella fotografia, con un cast corale perfetto che comprende anche un bravissimo Gifuni nei panni del cummenda milanese, è anche un’affettuosa carezza alla tradizione della commedia napoletana, in particolare al dramma familiare dei De Filippo. Qualcosa che abbiamo visto del resto spesso negli ultimi due anni di cinema nostrano, con la sua eredità di sensibilità e tenerezza.
Mixed by Erry oltre al già citato Gifuni, semplicemente irresistibile e che forse alla comicità dovrebbe dedicarsi un po’ più spesso, ha un’altra arma segreta nel commissario Ricciardi. Francesco Di Leva ne fa una sorta di parodia non solo degli eroi in divisa del nostro piccolo e grande schermo, ma anche un sosia dei vari ispettori Zenigata o Dreyfus. Sorta di Javert innamorato della divisa, privo di equilibrio, diventa però anche il simbolo della negligenza dello Stato italiano, incapace di arginare la criminalità vera, sanguinolenta, quella dei Giuliano e Cutulo. Anche grazie a lui, l’insieme appare quasi collodiano per quanto non si neghi mai il fatto che i tre protagonisti, fossero dei criminali, ma di quelli che paiono quasi l’inestinguibile flora batterica della nostra società. Tuttavia, Mixed by Erry ha un grande pregio nel ricordarci anche che essere criminali non vuol dire per forza essere cattive persone.
Unendo la componente del film di formazione con l’heist movie, seguendo la struttura tipica del narco movie moderno, Sidney Sibilia ci coinvolge in una sorta di cavalcata a quello che più che il sogno americano, potremmo definire il sogno napoletano. Alla fin fine, oltre ad avere la certezza che il regista è forse il migliore che abbiamo oggi in Italia nella sua capacità di dirigere cast corali senza essere dispersivo, ritorniamo a farci la stessa domanda: perché un film di questo tipo, fresco, giovane, moderno nella confezione ma allo stesso tempo classico in più di una componente, non è stato proposto in un Festival di prima importanza? Appare chiaro che non sono certamente i talenti o le idee che ci mancano, ma semplicemente il coraggio di fare qualcosa che smuova lo status quo, un po’ come fecero i fratelli Frattasio, incubo della SIAE, ma ancora oggi vivi nel cuore di chi allora era giovane e con il walkman sempre acceso.