SerieTV Recensioni roberto recchioni
A differenza di quanto fatto per i tre episodi precedenti, questa volta sono costretto a mettere uno di quegli “allerta spoiler” in apertura, sconsigliando la lettura del pezzo a chi non ha ancora visto la quarta puntata. “Perché?”, vi chiederete, visto che in fondo il nuovo episodio, andato in onda ieri, è sostanzialmente un momento di transizione dedicato, principalmente, a consolidare e far evolvere il rapporto tra Ellie e Joel? Perché, dal mio punto di vista, nella puntata c’è anche molto altro e non se ne può parlare senza entrare molto nello specifico.
Quindi, andiamo a cominciare ma, ve lo ripeto, non leggete se non volete anticipazioni.
Dunque, come detto poco sopra, questo quarto episodio si dedica, principalmente, ad approfondire il rapporto tra Joel e il suo “pacco”, cioè la molesta Ellie. È una soluzione narrativa necessaria per vari motivi, sia di ritmo che di setting. Dopo i picchi emotivi e drammatici della terza puntata, infatti, era assolutamente necessario distendere i toni e recuperare il filo della narrazione. Inoltre, alla luce di quello che verrà (e chi ha giocato al videogioco lo sa bene), per Mazin e Druckmann era importante trovare lo spazio per raccontare come, volente o nolente, Joel si sta avvicinando a Ellie e di come Ellie sta lentamente imparando a volere bene a Joel.
Inoltre, c’era la necessità, molto sentita dagli autori, di creare i presupposti per raccontare qualcosa sulle persone che popolano il mondo in cui i due protagonisti si muovono, e per mettere in luce che, se nel videogioco ci poteva anche stare che i predoni fossero soltanto predoni, utili a creare occasioni ludiche dove il giocatore poteva divertirsi a fare una carneficina, nella serie le cose sono diverse e tutti sono padri e madri di qualcuno, figli e figlie di qualcuno, sorelle e fratelli di qualcuno, e hanno tutti i loro motivi per fare le cose, spesso terribili, che fanno.
Sul discorso aderenza con il videogame o meno, l’elemento più discordante di questo episodio è, infatti, l’introduzione di un personaggio nuovo, quello di Kathleen, leader di un gruppo autonomo di persone che si sono ribellate alla Fedra (ma che non appartengono alle Luci), che ha un conto aperto con un certo Henry (personaggio che in questo episodio viene solo nominato, assieme al suo fratellino Sam, ma che ricoprirà un ruolo importante in futuro). Come dicevamo, Kathleen nel videogame non esiste, ma la sua introduzione permette a Mazin e Druckmann di racontare meglio e con più profondità la comunità con cui finiranno a scontrarsi Joel e Ellie, e di far emergere il tema del “circolo di sangue”, quel meccanismo senza fine si soprusi e vendette che porta anche le brave persone a trasformarsi in mostri. Quello di Kathleen è un bel character nobilitato anche dalla bravissima attrice che hanno scelto per interpretarlo (Melanie Lynskey, diventata famosa da ragazzina per lo splendido Creature del cielo di Peter Jackson e poi diventata una affermata attrice televisiva con Due uomini e mezzo e Yellowjackets), che aggiunge molto ad un passaggio della trama che, nella sua controparte videoludica, non era – apparentemente – poi così significativo.
Perché dico “apparentemente”? Perché, in realtà, anche nel videogame era proprio nel primo scontro con la comunità di Kansas City (i “cacciatori” secondo la mitologia del videogame) che emergeva con chiarezza uno dei lati più oscuri di Joel. Mi riferisco, ovviamente, al momento in cui Ellie gli chiedeva come avesse fatto a capire che stavano per finire in un agguato e Joel le rispondeva che lui era stato da entrambi i lati della barricata, cioè, tanto preda quanto predatore. A quel punto, una Ellie turbata lo incalzava con un “hai ucciso persone innocenti, Joel?” e lui non rispondeva. Che significava: sì, ne ho uccise e anche parecchie.
Una delle mie più grandi paure per la serie è che questo momento sarebbe stato omesso, per dare al pubblico un Joel più facilmente digeribile, invece non solo è ben presente, ma arriva a seguito di un’altra scena, non presente nel videogioco, ancora più dura in tal senso, anche se non così diretta e immediata: parlo dell’uccisione del ragazzino a cui Ellie ha sparato nella schiena.
A una visione superficiale, sembra una scena simile a tante altre viste in storie di questo tipo: l’eroe deve uccidere un cattivo che giace ai suoi piedi, gravemente ferito. In genere, le soluzioni narrative sono due: il “buono” non uccide, caricandosi il rischio che questo comporta, oppure uccide, perché non ha altra scelta, vista la potenziale minaccia.
In apparenza, questo secondo episodio di The Last of Us sceglie la seconda strada. Ma la arricchisce di una serie di particolari inquietanti che gettano ombre parecchio scure su Joel. Prima di tutto, il “cattivo” ferito è un ragazzino poco più grande di Ellie, che invoca la mamma. Secondo poi, è paralizzato (“oddio, non sento più le gambe!”).
Infine, Joel lo uccide con il suo stesso coltello (di cui poi si impossessa).
Ora, uno spettatore disattento potrebbe pensare che le azioni di Joel siano necessarie in relazione al contesto, ma è davvero così? Analizziamo la situazione: il ragazzino rappresenta una minaccia per Joel e Ellie? No, è paralizzato e morirà a breve.
Le urla del ragazzino rappresentano un problema perché potrebbero attirare i suoi compagni? Nemmeno. Fino a un attimo prima in quel negozio abbandonato si sparava senza remore, i compagni stanno già arrivando, urla o non urla. E questo ci porta all’ultimo dettaglio, l’uso del coltello per dare al giovane cacciatore il colpo di grazia: Joel sceglie quella soluzione per non fare rumore? Di nuovo, no, fino a un attimo prima ha sparato senza indugio, la posizione di lui ed Ellie è già nota. Quindi, Joel non spara per risparmiare un proiettile. Ciliegina sulla torta, si impossessa del coltello, che è un buon coltello (come la serie non manca di sottolineare) che da quel momento in poi gli vediamo pendere dal fianco. Alla faccia del senso di colpa.
Insomma, quella che all’apparenza potrebbe sembrare una scena come tante nasconde invece tutta una serie di indicazioni molto precise su chi sia realmente Joel (del resto, Tess gli ha detto che Ellie è la sua ultima occasione per redimersi di tutte le cose schifose che hanno fatto, no?) e per cercare di dire allo spettatore: non amatelo troppo, non è una bella persona, nemmeno lontanamente.
E questa cosa mi pare l’elemento più importante e inedito di questo quarto episodio, molto più dell’evoluzione del rapporto tra Joel e Ellie che, per quanto ben raccontato, è qualcosa che abbiamo già visto in mille storie del genere. Ed è anche la ragione che mi fa amare sempre di più il coraggio di Mazin e Druckmann nel concepire questa serie.
Ci vediamo la settimana prossima, che tornano i mostri.
The Last of Us è disponibile in Italia su Sky e in streaming solo su NOW, in contemporanea con gli USA.
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