I 55 anni di Josh Brolin nei suoi 5 ruoli migliori

I 55 anni di Josh Brolin nei suoi 5 ruoli migliori

Di Giulio Zoppello

Ad oggi, Josh Brolin rimane un attore unico nel suo genere, con ogni probabilità l’ultimo sopravvissuto di una razza in estinzione, quella a cui sono appartenuti in passato interpreti come Robert Mitchum, Henry Fonda, Kirk Douglas, capaci di unire virilità ad una sensibilità attoriale e una presenza scenica altamente distintive. Qualcosa che nella Hollywood di oggi è sostanzialmente in via di estinzione, dato il cambiamento profondo di parametri e gusti del pubblico. Lui, lanciato ancora adolescente da quel cult che fu I Goonies, negli anni è riuscito a differenza da quasi tutti gli altri membri di quel cast, a trovare una propria dimensione assolutamente centrale nel panorama cinematografico odierno, mettendo a segno interpretazioni assolutamente iconiche in alcuni dei film più importanti della cinematografia americana del XXI secolo. Ecco perché individuare le sue cinque migliori interpretazioni è tutt’altro che facile.

Non è un Paese per Vecchi

Impossibile non partire con il personaggio di Llewelyn Moss, uno dei personaggi principali di quel capolavoro che fu Non è un Paese per Vecchi dei fratelli Coen, a tutti gli effetti il top della cinematografia americana del XXI secolo in quanto a metafora e allo stesso tempo narrazione in grado di connettere crime, western, noir in modo assolutamente fantastico. Il suo Llewelyn, saldatore texano che durante una battuta di caccia si imbatte in alcuni cadaveri di cocaine cowboys e soprattutto in una borsa di denaro, è uno dei personaggi più importanti del film. In lui si agita sia la figura dello straniero senza nome, dell’eroe western, sia la bugia del sogno americano, dal momento che Moss per pura cupidigia, precipiterà sé stesso e la sua consorte in un incubo fatto di violenza paura ed infine morte. Eppure, tutto questo non ci arriva che alla fine, nel mezzo lo vediamo recuperare i personaggi che resero iconici Charles Bronson, Clint Eastwood, il cowboy tutto d’un pezzo contro cui persino lo spietato Chigurh deve pensarci ben due volte prima di affrontarlo a viso aperto. Nel suo essere elogio e assieme decostruzione di un’icona della cultura e del cinema americani, Brolin ancora oggi stupisce per incisività, verosimiglianza e presenza scenica.

Sicario

Difficile trovare un film su narcotraffico così terrificante, ammaliante, cinico e pervaso da una visione mortuaria della vita, della guerra contro la droga. Dennis Villeneuve firma con Sicario un’odissea disperata con protagonista Kate Mercer (Emily Blunt) agente dell’FBI decisa a fare il proprio dovere, ma che si deve scontrare con un mondo fatto di segreti e orrore. Di quel mondo assolutamente paradossale e spesso ipocrita, il simbolo supremo non è l’anima nera di Benicio del Toro, in fin dei conti tremendamente coerente nel suo proposito di vendetta, ma proprio lui, Josh Brolin, nei panni di Matt Graver, capo di una task force sulle cui vere intenzioni, solo nel finale verrà tolto il velo di mistero. Dimesso, manipolatore, bugiardo eppure carismatico, vibra grazie ad una grandissima interpretazione di Brolin di una luce oscura ma soprattutto storicamente incredibilmente attuale. Di base è il volto reale degli Stati Uniti, della loro politica. In lui risplende poi soprattutto la realpolitik, la forza muscolare ma per nulla ingenua di un paese che sa che non può vincere quella guerra, può semplicemente arginarla. Probabilmente il personaggio in assoluto più spietato, eppure allo stesso modo impossibile da odiare che Brolin abbia mai interpretato, non fosse altro per la grande lealtà verso i suoi uomini, per avere un proprio codice personale, per quanto di difficile interpretazione.

Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni

Dal dramma alla commedia, in uno dei film più particolari della cinematografia di Woody Allen degli ultimi anni. Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni è una delle opere più sottovalutate del grande regista americano, quella in cui Brolin ha avuto la possibilità di interpretare un personaggio assolutamente agli antipodi rispetto a quelli che sovente il cinema gli ha offerto. Roy Channinig, maldestro e sfigatissimo scrittore fallito che si barcamena da un lavoretto all’altro, di base mantenuto dalla moglie Sally (Naomi Watts) è colui attraverso il quale Allen decostruisce il concetto di artista, come creatura privilegiata, sensibile e da ammirare. Brolin presta la sua fisicità rocciosa e il suo viso scolpito nel legno, ad un uomo di cui riesce a farci arrivare tutta la mediocrità, l’egoismo, l’immaturità e l’incapacità di affrontare la realtà della vita. Seguendo la sua strana avventura, con il furto di un manoscritto dalle mani di un amico in coma per inseguire il successo tanto agognato, la sua love story paradisiaca ed effimera con Dia (Freida Pinto), assistiamo anche al peggio che l’animo umano possa concepire, quando si tratta di perseguire il proprio fine egoistico.

Milk

Meritatissima candidatura agli Oscar per Brolin, in questo biopic dedicato a Harvey Milk, leggendario attivista dei diritti gay, il primo ad essere stato eletto ad una carica politica nella storia degli Stati Uniti. Sean Penn si aggiudicò la statuetta come Attore Protagonista, con una delle sue migliori interpretazioni di sempre. Ma anche Josh Brolin, con il suo Dan White, lascio un memorabile segno. Veterano del Vietnam, ex pompiere, Consigliere nello stesso distretto di Harvey, grazie a Brolin diventa una sorta di simbolo del peggio dell’omofobia, intolleranza e odio verso il diverso che vive e prospera dietro la maschera di rispettabilità. Con un sublime lavoro espressivo basato innanzitutto sulla fisicità rigida e contratta, su un cipiglio in perenne ebollizione, Brolin crea un’escalation di instabilità di cui intuiamo la natura, ma che riesce comunque a colpirci di sorpresa nel terribile finale. Brolin viviseziona l’anima oscura di quest’uomo ambizioso, violento, capace però di nascondere il tutto sotto un grande charme, mentre si propone come simbolo del conservatorismo bianco, moralista, fanaticamente religioso e ipocrita. L’aspetto più interessante è come Brolin sia riuscito a farci comprendere come questi non fosse un mero folle, ma un esempio di quella frustrazione, che ancora oggi si manifesta nei modi più violenti quando lo status quo viene turbato dal futuro.

Thanos

Inutile girarci attorno, alla fine, se resterà veramente un personaggio iconico di ciò che la Marvel ha mostrato al suo meglio assieme a Tony Stark di Robert Downey Jr., ci sarà sicuramente lui, Thanos, il villain definitivo di questo nuovo millennio. La performance capture ce lo fa conoscere 11 anni fa, nel primo, e via via a mano a mano che si va avanti acquisterà sempre un maggior ruolo ma anche una caratterizzazione crescente, che poi salirà ai più alti livelli in Infinity War e Endgame. Ecco perché è impossibile nominare un singolo film, visto che Josh Brolin, è riuscito a renderlo quasi un antieroe, se non altro un cattivo molto diverso da quello che il mondo dei cinecomic ci aveva dato fino a quel momento. Si potrà sicuramente discutere della centralità degli effetti speciali nella sua performance, ma la verità è che l’anima vera di Thanos è stata la sua voce, i sentimenti che Brolin ha saputo farci arrivare e di cui questo rullo compressore è attraversato. Senza ombra di dubbio il ruolo che più lo ha fissato nell’immaginario collettivo, un mix di ferocia, leadership, fragilità, all’interno di un percorso che è soprattutto quella della conoscenza di sé stesso, dei limiti a cui è disposto a spingersi pur di realizzare il suo folle progetto di rivoluzione. Nella sua adamantina determinazione a soffrire anche terribili perdite, nella sua mancanza di pietà mascherata da ideali, si agitano gli spettri del totalitarismo, di ciò che i feroci dominatori del mondo hanno inferto da sempre all’umanità, inseguendo il sogno di migliorare il futuro e di fare la Storia.

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