Senza ombra di dubbio Taylor Sheridan è l’uomo forte del momento. Cowboy texano al 100%, già indotto nella Cowboy Texas Hall of Fame, è anche una delle penne più potenti, profonde, nonché uno dei registi e showrunner più considerati degli ultimi dieci anni, in virtù di una carriera unica per caratura e continuità.
Yellowstone, tra i vari prodotti seriali che ha creato, è fino a questo momento senza ombra di dubbio il migliore, il più complesso. Arrivata alla quinta stagione, con un cast ricchissimo e una capacità di connettere Shakespeare con il mito della frontiera unica, ci ha donato anche uno dei personaggi femminili più incredibili che si siano visti sul piccolo schermo: la Beth di Kelly Reilly.
Fin dalla prima stagione Yellowstone ci ha fatto capire una cosa molto semplice: i Dutton di base sono una sorta di famiglia mafiosa, che invece della coppola e lupara, portano i cappelli stetson e cavalcano come facevano i loro avi nel XIX secolo, quelli che Sheridan ci ha mostrato in 1883.
A dirla tutta, Beth Dutton appare sostanzialmente una summa dei vari protagonisti femminili che Taylor Sheridan fin dall’inizio della sua carriera ha sempre tratteggiato: donne forti, indipendenti, completamente diverse della norma, in lotta in un mondo ostile, decise a non sottostare ad un universo che comunque è caratterizzato da un profondo machismo e una grande violenza.
Elsa Dutton e poi da ultima la sua alter ego Cara Dutton in 1923, sono due volti storicamente incredibilmente puntuali, attualissimi, di quella frontiera che cambiava completamente l’ordine sociale, la struttura gerarchica e gli obiettivi della vita. Il West, l’America selvaggia ha permesso comunque a prezzo di sofferenze durissime, a moltissime donne di poter ottenere alla fin fine uno stile di vita e un senso di appartenenza che altrove, in terra più “civilizzate”, non avrebbero mai avuto. Ma la verità, è che parlare di Beth Dutton, significa parlare soprattutto di una donna che non prevede alcun tipo di mediazione, che vive di contrapposizione, e che Taylor Sheridan ha reso tutt’uno con le proprie debolezze e di propri pregi, al punto che è difficilissimo capire dove finiscano le prime e inizino le seconde. I Dutton sono guidati dal padre di Beth, John Dutton (Kevin Costner) a cui seguono i figli Lee (Dave Annable) ucciso nella prima stagione, Kayce (Luke Grimes) e il figliastro Jamie (Wes Bentley). È proprio la relazione che definire conflittuale è addirittura riduttivo tra Beth e Jamie, è il cuore pulsante, l’anima invisibile ma necessaria ad una narrazione, che è soprattutto familiare, che porta nelle grandi praterie quel legame con il racconto antico che Florence Dupont approfondì a suo tempo nella sua saggistica. Di base Yellowstone è quindi la storia di una famiglia, al cui interno Beth è una discendente delle erinni, una vendicatrice che non sa stare senza nemici, sofferenza e pericolo.
Di Beth paradossalmente solo in quest’ultima stagione cominciamo a capire qualcosa di più riguardo al suo passato, alla sua adolescenza giovinezza. Fino a questo momento avevamo saputo semplicemente che era rimasta coinvolta nell’incidente a causa del quale la madre era morta, mentre era assieme a Kayce a cavalcare. E proprio la madre Evelyn appariva in quegli istanti essere a tutti gli effetti colei dalla quale Beth ha preso il suo carattere irascibile, incontrollabile, spietato e assolutamente imprevedibile, lontano da qualsiasi cliché nella già di per sé estrema situazione sociale dell’ambiente in cui si trova.
Il suo pessimo rapporto con Jaime è dovuto in parte al fatto che questi, quando lei rimase giovanissima incinta, la portò ad una clinica abortiva dove a causa dell’intervento le è stato preclusa la possibilità di avere figli in futuro. Ma più ancora, Beth è come se intimamente avesse sempre saputo che nella realtà quel ragazzo non era figlio di suo padre, e non ne accetta la diversità, il suo non essere un cowboy duraccione al 100%. O forse, ciò che non le piace è il fatto che a parte lei, Jaime sia l’unico non completamente connesso a quell’universo, l’unico che le somigli. Come lei Jaime è un uomo del futuro, che ha conoscenze nella finanza e nelle alte sfere, di fatto è quel tramite con la modernità in senso accomodante, tanto quanto lei lo è in modo distruttivo. Jaime segue il flusso, lei lo contrasta, Jaime è logico e razionale apparentemente, ma nella realtà è profondamente soddisfatto, insicuro, emotivo e pieno di ambizioni inespresse. Verso di lui Beth applica una sorta di offensiva totale che è cresciuta di stagione in stagione, fino al finale di questa quinta, con un confronto in cui il fratello per una volta le ha tenuto testa e non si è fatto bullizzare. Perché questo è un altro aspetto che Yellowstone ci ha dato di questo personaggio, cioè quanto sia il più lontano possibile da un’eroina. Beth è manipolatrice, sadica, astuta, incapace di perdonare e di capire quando è il momento di porre un limite alle sue azioni. Beth ama solo due cose: la sua famiglia e Rip (Cole Hauser) che come lei fin da giovanissimo si è sempre sentito attanagliato da dolore e solitudine, come maledetto. Non è mai stata tenera con lui, lo usa come una sorta di sacco da pugile, ma ne ammira la coerenza, il suo coraggio ma soprattutto l’incredibile fedeltà a suo padre, il totale disinteresse verso una qualsiasi utilità personale.
Per Beth quel ranch è in realtà un peso, sa benissimo che l’unica soluzione razionale è quella di venderlo per un prezzo esorbitante assieme al gigantesco territorio che il padre controlla. Ma lei, fedele come solo una donna di mafia sa essere alla volontà del Capo, fa il doppio, triplo, quadruplo gioco pur di difendere le intenzioni del patriarca. In possesso di un’abilità strategica e di una penetrazione psicologica semplicemente sensazionali, sprezzante al limite dell’incoscienza anche verso minacce terribili alla sua incolumità, Beth è la negazione stessa del concetto di sesso debole. Lo è in un modo semplicemente senza precedenti, senza per questo rinunciare alla sua incredibile sensualità, che usa come un’arma verso questi uomini così prevedibili, così tutti uguali. Verso le altre donne è ora solidale, ora assolutamente indifferente e senza alcuna pietà quando si mettono in mezzo, eppure risulta difficile non vedere in lei una volontà di sovvertire il patriarcato classico. Non ci sono precedenti a cui fare riferimento, non ci sono altri personaggi femminili che le possono essere paragonati; nella sua furia distruttrice e vendicatrice, che lo stesso padre ad un certo punto cerca di fermare vi è qualcosa di antico, di primordiale, di viscerale.
Risulta però anche pervasa da una profonda ingenuità, circa la sua famiglia, di cui pare essere sostanzialmente la sola ad ignorare metodi violenti ed intimidatori, che le riveleranno la vera natura di suo padre, di quel ranch che lei vede come una fortezza a cui aggrapparsi ed invece è una colossale bugia. Perché la realtà di fondo, ciò che rende questo personaggio unico ed incredibile, è come dietro il suo sprezzante sorriso e la sua totale assenza di limiti, vi sia l’illusione di proteggere qualcosa di puro, di grande. Perché Beth è un’idealista di fondo e come tale è in lotta contro il mondo, non accetta di farne parte se non alle sue condizioni, usando il potere come mezzo di riscatto esistenziale. Non importa se il nemico sia un magnate, una multinazionale, gli indiani della riserva o qualche gangster. Lei non si fermerà mai.