Peacemaker può vantare due obiettivi raggiunti non dà nulla: il primo è sicuramente quello di offrire al pubblico una serie sui supereroi divertentissima, intrigante, irriverente e tutt’altro che banale, il secondo è indirettamente quello di rassicurare nuovamente sulla caratura di James Gunn i fan della DC.
Parliamo di un regista con le idee chiare, chiarissime, dotato non solo dietro la macchina da presa ma anche livello di scrittura, che ama profondamente personaggi, il mondo del fumetto americano e che sa declinare il tutto in modo tanto coerente quanto sorprendente.
E ora, finalmente verrebbe da dire, questa serie tv acclamatissima arriva anche da noi, su TimVision e potete gustarvela dalla prima all’ultima puntata.
Ebbene sì, come era facile immaginare, Peacemaker, alias Christopher Smith, è sopravvissuto alla pallottola sparata gli da Bloodsport, così come al crollo del resto della fortezza presso l’isola di Corto Maltese, durante una delle missioni più incasinate di sempre.
Dopo l’uccisione del super alieno Starro e lo scioglimento della squadra, Peacemaker è finito per diversi mesi in ospedale per riprendersi, uscito ha assaporato solo per pochi minuti l’illusione di essere finito fuori dal radar di Amanda Waller. Ora invece si trova coinvolto in una nuova missione, fa parte di una Task Force non meno ridicola della precedente, di cui fanno parte alcuni dei più improbabili super agenti mai visti.
A comandare la squadra vi è il misterioso e cinico Clemson Murn (Chukwudi Iwuji), poi ecco ritrovato John Economos (Steve Agee) del team di supporto originale, a cui aggiungere la feroce Emilia Harcourt (Jennifer Holland) e la recluta Leota Adebayo (Danielle Brooks), in realtà figlia della Waller e tutt’altro che entusiasta di partecipare all’Operazione Farfalla. Peacemaker però è tutt’altro che rilassato, visto che la sua autostima è stata minata dall’insuccesso patito nella missione precedente, ma soprattutto deve fare i conti di nuovo con il padre August (Robert Patrick) un folle suprematista bianco con cui ha da sempre un rapporto orribile.
Come se non bastasse a complicare il tutto, ecco che deve sorbirsi anche l’invadenza da parte di Adrian Chase, alias Vigilante (Freddie Stoma), che idolatra Peacemaker in modo alquanto esagerato.
Tutti assieme dovranno cercare non solo di non farsi ammazzare, ma anche di districarsi dentro una missione tanto segreta, da essere a tratti assolutamente incomprensibile e priva di senso.
In breve tempo, fioriranno dubbi e diversità all’interno del gruppo, costretto però comunque a fare fronte comune, a passare sopra le profonde differenze e le divisioni, per diventare infine la super squadra che la Waller desidera. Certo, peccato che si tratti forse della più assurda accozzaglia di elementi che una narrativa supereroistica ci abbia mai offerto, il tutto con esiti esilaranti, grotteschi e sanguinolenti.
Partiamo col dire che Peacemaker è sicuramente connesso in tutto e per tutto, per quello che riguarda lo stile, la narrazione e del ritmo, alla Suicide Squad che era stato il primo passo di Gunn all’interno dell’universo cinematografico della DC Comics, di cui oggi è a tutti gli effetti il capo creativo con Peter Safran.
Peacemaker ci conferma la sua straordinaria abilità nel guidare cast corali, nel riuscire a dare ad ognuno dei personaggi il giusto spazio e il giusto approfondimento, senza lasciare indietro nessuno ma soprattutto senza mai perdere di vista l’obiettivo primario: divertire divertendosi.
E si deve essere divertito parecchio nel mettere insieme questa sorta di narrazione assurda, grottesca, che riesce ad andare oltre anche il già visto già sentito, in particolare al nostro procedimento di demitizzazione e decostruzione della figura del supereroe, che in fin dei conti non rappresenta poi nulla di nuovo.
Qui Gunn invece si spinge oltre, prende a mazzate lo stesso concetto di personaggio dei fumetti, la retorica americana dell’eroe a stelle e strisce, il simbolo dei supposti altissimi ideali della loro società e del loro paese, di cui proprio John Cena, ispirato come non mai, diventa grottesca deformazione.
L’insieme naturalmente strizza l’occhio al meglio della pop culture degli anni ‘80, tra citazioni musicali, look assurdi, omaggi continui non solo agli originali cartacei, ma soprattutto ai film d’azione di quel decennio, che avevano portato in auge divi come Stallone, Schwarzenegger e Van Damme.
Di tutti loro John Cena è la caricatura o meglio la rappresentazione realistica, soprattutto perché finisce per coprirsi continuamente di ridicolo, abbraccia in pieno anche una malinconia esistenziale che se non fosse foriera di gag e resistibile, troveremo anche veramente profonda.
Il tutto naturalmente però non è solamente al suo servizio, ma anche a quello degli altri personaggi, tutti perfettamente amalgamati, tutti a loro modo rappresentativi non solo e non tanto di una certa categoria dei film d’azione o dei supereroi, me della società stessa, fatto che rende l’insieme davvero interessante.
Peacemaker bene o male mette alla bellina soprattutto l’America profonda, quella cosiddetta tradizionale e che vive nel passato fatto di armi, pelle bianca e muscoli, con il suo volersi connettere sempre comunque ai film di genere, alla Troma e compagnia di quel passato.
L’autoironia è onnipresente e attacca senza tregua ogni categoria possibile del genere umano: omosessuali, donne, uomini, bambini, chiunque sia affetto da un qualsiasi deficit, chi è sovrappeso, gli animali, il governo e chi più ne ha più ne metta.
Le scene d’azione sono un insieme di assurdità e citazioni veramente intrigante, la stessa caccia a questa sorta di invasione aliena nella realtà porta tutto dentro un calderone in cui affiorano le connessioni con il meglio della fantascienza degli anni ‘50 e ‘60.
Tuttavia Gunn non può evitare di aggrapparsi anche alla contemporaneità, e allora via con il prendersi gioco del suprematismo bianco di ritorno, del complottismo, ma allo stesso tempo si muove contro chi accetta tutto passivamente, con chi tra i suoi personaggi che non mette mai in discussione i propri vertici.
Qui, come nel suo passato di cineasta, compresi i due meravigliosi capitoli dedicati ai Guardiani della Galassia, Gunn si conferma narratore innamorato del concetto di ribellione, di diversità rispetto alla norma, di un’umanità che non deve mai assolutamente avvicinarsi alla perfezione, se vuole rimanere perfetta. Peacemaker alterna risate con drammaticità, fa dei suoi personaggi qualcosa di vulnerabile e in continua evoluzione, cerca di suggerirci anche un superamento, a livello semantico, della maschera creata in funzione della fisicità e delle apparenze. Rimane ad ogni modo una serie che strizza l’occhio spesso e volentieri alla comicità di Matt Groeing e Seth Macfarlane, con il suo carico eccessivo, esplosivo, cafone e politicamente scorretto e per questo vitale in questa epoca ipersensibile, falsa e bigotta. Non si prende sul serio, ma prende sul serio la sua missione di divertire staccandosi dalla norma, regalandoci un personaggio che pare il più delle volte spuntato da certi fagioli-western che hanno reso straordinaria la nostra infanzia. Un prodotto perfetto per fare pace con i supereroi potete giurarci.