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Dahmer: le differenze tra serie TV e realtà

Pubblicato il 11 ottobre 2022 di Gian Marco Novelli

Fin dal suo debutto sulla piattaforma streaming Netflix, Dahmer – Mostro: La storia di Jeffrey Dahmer è balzata in testa alle serie più viste in tutto il mondo diventando, con quasi 300 milioni di ore di visione, uno dei maggiori successi del colosso streaming, insieme a titoli come Squid Game e Bridgerton. La strana scelta di distribuire la serie senza una grande promozione, già avvenuta con altri titoli come La regina degli scacchi, sembra aver fatto centro anche questa volta. Uno dei possibili motivi del successo può riguardare il fatto che la serie racconta vicende, purtroppo, realmente accadute negli Stati Uniti tra gli anni ’70 e ’90.

Jeffrey Dahmer, interpretato da uno strabiliante Evan Peters, è infatti considerato uno dei serial killer più pericolosi d’America; si stima abbia ucciso 17 uomini, ma c’è chi addirittura afferma che il numero possa essere maggiore. La serie tv di Ryan Murphy ha come obiettivo non solo far conoscere l’intera vicenda anche ai non appassionati di “true crime”, ma anche quello di improntare una denuncia sociale contro le istituzioni, considerate equamente colpevoli negli omicidi commessi da Dahmer. Quest’ultimo infatti non ha mai fatto molto per nascondere le prove dei suoi crimini, ma le autorità non si sono mai davvero impegnate nello scoprire cosa realmente faceva, nonostante i numerosi campanelli di allarme. Le motivazioni sono spiegate dettagliatamente all’interno della serie tv: le vittime erano tutti omosessuali, come lo stesso Jeffrey Dahmer, inoltre molti di loro avevano un colore della pelle diverso da quello comunemente accettato all’epoca (ed in parte ancora oggi). Nonostante siano passati moltissimi anni, la serie ci mostra come le vittime non abbiano ancora avuto un memoriale che le onori come meritano. Dahmer, seppur molto accurata, presenta anche delle differenze con la realtà, come quelle scritte di seguito.

Glenda Cleveland

Nella serie uno dei personaggi che fin da subito aveva capito le terribili azioni compiute da Jeffrey Dahmer è sicuramente quello di Glenda Cleaveland, la cui interprete Niecy Nash sta ricevendo il plauso della critica per la sua struggente performance. La donna ha cercato in tantissimi modi di denunciare il ragazzo alla polizia, ma non è stata mai realmente ascoltata. Non tutti sono però a conoscenza di una particolarità riguardante Glenda: quest’ultima è realmente esistita, ma non esattamente come mostrato da Ryan Murphy e dal suo team di sceneggiatori. Il personaggio rappresenta, infatti, la fusione di ben due donne (entrambi conoscenti del serial killer): Glenda Cleveland e Pamela Bass. Quest’ultima era la vera vicina di appartamento di Jeffrey Dahmer (ruolo nella serie assegnato a Glenda) mentre la Cleveland abitava nel palazzo di fronte. La particolarità/differenza è rappresentata dal fatto che Pamela Bass ha più volte difeso Dahmer e creduto nella sua innocenza, nonostante le molteplici prove a suo sfavore. Mentre Glenda Cleveland è sempre stata convinta della sua colpevolezza. La famosa scena del panino vista nella serie è probabilmente successa, a cambiare è però la protagonista: non Glenda bensì Pamela. Proprio quest’ultima, dopo aver rimarcato l’abitudine del ragazzo di offrire panini a tutti, ha aggiunto: “Io ho probabilmente mangiato parti del corpo di qualcuno”. Inoltre, l’arresto di Sara (figlia di Glenda) come mostrato nella miniserie potrebbe non essere mai avvenuto in quanto non documentato da nessun organo ufficiale. Si ipotizza l’inserimento della scena sia avvenuto per evidenziare ancor di più la differenza di trattamento in base al colore della pelle, subito in quegli anni da molte persone nere.

Gli agenti di polizia

Il secondo episodio della miniserie mostra una delle vittime che più hanno sconvolto l’opinione pubblica: il quattordicenne Konerak Sinthasomphone. A seguito della segnalazione di Glenda, la quale trova il ragazzo in stato confusionale, due agenti di polizia arrivano sul posto per cercare di aiutarlo e capire cosa gli sia successo. Dopo aver parlato con Jeffrey Dahmer, però, gli agenti decidono di lasciare il ragazzo con lui, credendo nella sua buona fede nonostante tutto facesse pensare al contrario; Sinthasomphone verrà ucciso da Dahmer appena i due poliziotti si allontaneranno dalla casa. La serie mostra, quindi, come il ragazzo si sarebbe potuto salvare se i due agenti avessero svolto in modo migliore il loro lavoro. Nel finale viene inoltre posta l’attenzione sul futuro lavorativo dei due agenti, eletti ufficiali dell’anno. In realtà i due vennero licenziati nel 1992 per la loro negligenza, salvo poi essere reintegrati anni dopo e aver ricevuto perfino gli arretrati dello stipendio. A distanza di anni, ed ormai in pensione, i due hanno continuato a difendere la loro posizione in questa macabra vicenda. Probabilmente l’inserimento della promozione, mai avvenuta, è stato effettuato per sottolineare ancora una volta le responsabilità della polizia in tutta questa orribile vicenda.

Tony Hughes

Uno degli episodi più struggenti di Dahmer è sicuramente il sesto, in cui per la prima volta viene utilizzata la prospettiva di una delle vittime e non quella del serial killer (come precedentemente avvenuto). Il protagonista è Tony Hughes, interpretato da Rodney Burfordun, un ragazzo sordomuto di cui Jeffrey Dahmer si sarebbe realmente innamorato e con cui avrebbe anche intrapreso una relazione. Dopo aver descritto la vita della vittima, la narrazione dell’episodio fa sottintendere allo spettatore che tra il personaggio e Dahmer ci fosse qualcosa di più del classico rapporto vittima-serial killer, ma lo stesso omicida ha più volte dichiarato di non aver mai conosciuto il ragazzo al di fuori della sera in cui lo ha incontrato davanti al bar gay dove lui era solito adescare le sue vittime; alcuni amici di Hughes hanno recentemente sottolineato di aver visto i due in atteggiamenti più che amichevoli, per molto più tempo rispetto a quanto affermato da Jeffrey Dahmer. La rappresentazione di questo avvenimento nella serie (con le conseguenti chiacchiere scaturite) ha scatenato le ire della madre di Tony Hughes, la quale probabilmente ha visto riaprirsi delle ferite mai veramente guarite. La donna, ora ottantaseienne, al quotidiano The Guardian ha criticato duramente l’operato della serie: “Non capisco come possano farlo. Non capisco come possano usare i nostri nomi e mettere in giro cose del genere”. L’unica verità certa riguarda le parti del corpo di Hughes, sciolte nell’acido dall’assassino e ritrovate nella sua stessa casa dalla polizia.

Nonostante alcune licenze creative prese dai produttori, Dahmer è una miniserie che merita di essere vista. Non sorprende, quindi, l’enorme successo di pubblico e critica globalmente ottenuto.