Jean-Luc Godard è morto

Jean-Luc Godard è morto

Di Lorenzo Pedrazzi

Jean-Luc Godard, uno dei cineasti più influenti nella storia del cinema, è morto all’età di 91 anni.

Nato a Parigi in una famiglia di origine svizzera, Jean-Luc Godard comincia la sua attività come critico cinematografico sui celebri Cahiers du cinéma, insieme ad altri futuri esponenti della Nouvelle Vague come Truffaut, Rohmer, Rivette e Chabrol. Ben presto abbandona l’attività di critico per dedicarsi alla regia, e nel 1959 dirige il suo primo, celeberrimo lungometraggio, Fino all’ultimo respiro, con Jean-Paul Belmondo e Jean Seberg. Non è solo il film più rappresentativo della Nouvelle Vague (insieme a I 400 colpi di Truffaut e Hiroshima mon amour di Resnais), ma un vero e proprio manifesto del suo modo d’intendere il cinema: un’opera che rompe con il linguaggio tradizionale, quello del cosiddetto “cinema de papà”, per denudare i codici stessi della Settima Arte, renderli palesi e sovvertirli. Il montaggio è sconnesso, i jump cut frammentano la continuità temporale, gli attori guardano in macchina, la narrazione classica è un lontano ricordo.

In seguito, Godard continua a sperimentare con i generi (Agente Lemmy Caution: Missione Alphaville, 1965), volgendo spesso lo sguardo a quel cinema hollywoodiano di serie B che amava tanto (Bande à part, 1964). Di grande notorietà è anche Il disprezzo (1963), girato in Italia e poi mutilato nella versione per le sale italiane, che puntava tutto sulla sensualità di Brigitte Bardot: sono i produttori Carlo Ponti e Joseph E. Levine a imporgli di aggiungere delle scene di nudo, ma Godard ne inserisce solo una, raffinata e famosissima, all’inizio del film.

È chiaro che la sua dimensione ideale è più contenuta, soprattutto quando aderisce all’ideologia marxista. Con La cinese e Week End – Una donna e un uomo da sabato a domenica, il cineasta franco-svizzero lavora sull’immagine come veicolo di un’ideologia, e critica la società dei consumi. Nel corso dei decenni prosegue la sua ricerca, e resta sempre prolifico fino al 2018, quando esce Le livre d’image. Il precedente Adieu au langage – Addio al linguaggio è girato in 3D, a conferma del suo inesausto slancio verso la sperimentazione.

Ci lascia quindi un cineasta leggendario, tra i più acuti nel mettere in discussione (e innovare) il linguaggio cinematografico.

Fonte: Libération

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