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I diari di Alan Rickman e i dubbi sulla saga di Harry Potter e Severus Piton

Pubblicato il 27 settembre 2022 di Marco Triolo

Il grande Alan Rickman ci manca moltissimo, sin dalla sua prematura scomparsa nel 2016 per un cancro alla prostata. L’attore inglese è stato per molti Hans Gruber, il villain memorabile di Die Hard – Trappola di cristallo, ma per tanti altri è stato Severus Piton, una delle colonne portanti della saga di Harry Potter. Eppure, nonostante fosse consapevole dell’importanza della saga per tante persone e, in un certo senso, fiero di farne parte, Rickman aveva anche molti dubbi su di essa e sul fatto di essere imprigionato nel ruolo di Piton per così tanti film.

Dubbi che l’attore ha espresso nei suoi diari, ben 26 volumi scritti a partire dal 1992 e che presto verranno pubblicati, ovviamente in formato condensato, nel libro “Madly, Deeply: The Diaries of Alan Rickman”, in uscita nel Regno Unito il 4 ottobre. Tra le righe veniamo a scoprire che Rickman, dopo aver accettato il ruolo di Severus Piton nell’agosto del 2000, fu subito colto dai ripensamenti e, nel diario, ammette di “non provare quasi nulla per HP, cosa che mi disturba molto”. Dopo la première di Harry Potter e la Pietra Filosofale, il primo capitolo della saga, l’attore scrisse un commento non proprio lusinghiero: “Il film andrebbe visto sul grande schermo. Acquista una dimensione e una profondità che tengono testa all’orribile colonna sonora di John Williams. La festa al Savoy subito dopo è stata molto più divertente”.

Nel 2002, subito dopo l’uscita di Harry Potter e la Camera dei Segreti, Alan Rickman scrisse al suo agente: “Ho ribadito niente più HP. Non vogliono sentirlo”. L’attore decise però di proseguire, una decisione dovuta in parte alla scoperta del cancro alla prostata. “Finalmente, sì a HP 5”, scrive. “La sensazione è né positiva né negativa. L’argomentazione vincente è quella che dice: ‘Vai fino in fondo. È la tua storia'”.

Alan Rickman però spende anche parole di elogio per la scrittura di J.K. Rowling, dicendosi felice per la conclusione dell’ultimo romanzo, “Harry Potter e i Doni della Morte”: “Piton muore da eroe, Potter lo descrive ai suoi figli come uno degli uomini più coraggiosi che abbia mai conosciuto e chiama suo figlio Albus Severus”. La fama derivata dalla saga finisce almeno in parte per lusingarlo. In un passaggio, scrive della première di Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban nel 2004: “Arrivare al Radio City è stato come essere uno dei Beatles. Migliaia di fan urlavano mentre uscivamo dalle auto. Principalmente a Daniel Radcliffe, ma ce n’era per tutti. Per non parlare di quando siamo saliti sul palco davanti a seimila persone”. Nel 2011, dopo la première di Harry Potter e i Doni della Morte: Parte II, Rickman scrive: “A Trafalgar Square – ci vuole un’ora per arrivarci. Una volta là, tappeti rossi ovunque. Uno schermo, una piattaforma, un intervistatore e migliaia che urlano e cantano, ‘Piton, Piton, Severus Piton…’. Il tappeto serpeggia fino a Leicester Square per il film alle 20. Ho trovato [il film] inquietante. È costretto a cambiare passo a metà per raccontare la storia di Piton e la macchina da presa perde concentrazione. Il pubblico, tuttavia, molto contento”.

Rickman ne ha anche per i colleghi. Parlando della dizione di Emma Watson la definisce “quasi albanese in certi casi”. Di Helena Bonham Carter invece cita, divertito, la reazione quasi infantile alla battuta “Tira fuori la bacchetta” che “spinge Helena Bonham Carter a un’ilarità incontenibile”.

Fonti: Deadline, Vulture