SerieTV Recensioni The Doc(Manhattan) is in
Da oggi è disponibile su Disney+ il primo episodio di She-Hulk: Attorney at Law, la nuova serie MCU dedicata a Jennifer Walter, cugina di Bruce Banner ed eroina nota come She-Hulk (qui la recensione). Ora, sin da quando il progetto è stato annunciato, abbiamo assistito a un moltiplicarsi incontrollato, proprio da riproduzione batterica, di un certo tipo di commenti in merito al personaggio. Non si sta parlando, si badi, di tutta quella serie infinita di “Ah, non è Fiona di Shrek?”, perché lì il contatore ufficiale ha inchiodato alla soglia del miliardo e mezzo. E neanche degli “Ah, avete creato una Hulk donna per sminuire noi maschi, basta politicamente corretto!?!”, perché la gente che perde tempo a scrivere queste cose dovrebbe capire che il problema non è nei contenuti televisivi e che la risposta, come direbbe il Quelo di Guzzanti, è dentro di loro, ma sbagliata. Quello di cui invece stiamo parlando è la faccenda della quarta parete. Dei milioni di persone incolpevolmente convinte – non aver letto determinati fumetti non è mica un crimine – che la gag del personaggio che infrange la quarta parete e parla con il pubblico, nel mondo dei super-eroi, l’abbia portata Deadpool. “E non è così?” Nope.
Il motivo per cui una versione femminile di Hulk, e quindi Jennifer Walters, nasce nel Marvel Universe a fumetti – oltre quarant’anni fa, a fine ’79 – è la paura. Il timore, peraltro molto concreto, che la Universal, visto l’enorme successo della serie TV L’incredibile Hulk con Lou Ferrigno, bissasse quanto fatto con L’uomo da sei milioni di dollari e La donna bionica, cioè mettesse in piedi uno spin-off di Hulk con una donna come protagonista.
La Marvel Comics si affrettò dunque a creare una sua She-Hulk, in un fumetto, The Savage She-Hulk, che esordisce nel novembre del ’79, con data di copertina febbraio 1980. L’albo è scritto, solo per il primo numero, da Stan Lee, e si tratta del penultimo personaggio Marvel co-creato dal “Sorridente”, prima di Ravage 2099. L’altro co-creatore di Jennifer Walters è un maestro assoluto della matita come John Buscema.
The Savage She-Hulk va avanti per un paio d’anni di avventure ordinarie, scritte da David Anthony Kraft, in cui la protagonista ha questo tormentone delle automobili da accartocciare. La testata chiude nel 1982. In seguito Jennifer entra negli Avengers, e poi, dopo Guerre Segrete, nei Fantastici Quattro al posto della Cosa. Ed è proprio l’autore di quei numeri dei F4, John Byrne, a dare al personaggio una nuova chiave di lettura: l’ironia a cui oggi tutti associano She-Hulk.
Byrne, che in carriera ha disegnato un ciclo storico degli X-Men e si è occupato del rilancio di tanti eroi iconici del fumetto USA (oltre ai F4, ad esempio, va citata la sua riscrittura delle origini di Superman), nel 1985 scrive e disegna The Sensational She-Hulk per la collana Marvel Graphic Novel. I tizi di cui sopra che si lamentano dell’eroina forte, quelli che si sono messi a fare ieri il review-bombing degli scappati di casa, prima ancora che la serie TV debuttasse, questa storia non dovrebbero leggerla mai, ecco. O alla scena di Jennifer che porta letteralmente sotto braccio, come una baguette, il fidanzato dell’epoca (l’atletico Wyatt Wingfoot), gli prende un colpo e/o iniziano a urlare su Internet che anche basta, con questo politicamente corretto del 1985, punti esclamativi.
Alla fine di quella storia, Reed Richards dei Fantastici Quattro spiega a Jennifer che, per quanto accadutole, è ora bloccata nel corpo di She-Hulk. Lei, che in quel corpo ci si trova benissimo, risponde che non vede quale sia la brutta notizia.
Quella graphic novel diventa la base per una serie omonima, The Sensational She-Hulk, che debutta quattro anni dopo, nel 1989. E lì Byrne abbandona definitivamente ogni freno. La sua Jennifer Walters è una donna sexy che sa di esser disegnata così e occasionalmente se ne lamenta. Un’eroina a fumetti consapevole della sua natura, che così promette sulla cover del primo numero di stracciare tutti i fumetti degli X-Men (all’epoca i mutanti erano i personaggi di punti del Marvel Universe) a chi non acquista quell’albo. Su quella del secondo numero legge un vecchio fumetto del cugino Hulk, sul terzo spiega che è obbligatorio infilarci un’ospitata dello Spider-Man in stile McFarlane, per aumentare le vendite.
La quarta parete non viene solo infranta ma letteralmente polverizzata in quegli anni da She-Hulk, che strappa una vignetta e prende una scorciatoia passando attraverso le pagine pubblicitarie del fumetto, si lamenta in continuazione con il suo autore per ottenere questo o quello (come La Linea di Osvaldo Cavandoli, in pratica), discute le scelte di sceneggiatura e si prende pure la briga di spiegare perché i suoi abiti civili in battaglia non si lacerano mai al punto da lasciarla nuda: hanno un bollino del Comics Code (l’allora vigente sistema di autocensura dei fumetti USA) cucito dentro…
Per quanto riguarda invece la seconda componente della She-Hulk che vediamo in TV con Tatiana Maslany, l’essere una Ally McBeal con i super-poteri, anche quello viene ovviamente dai fumetti. Chris Claremont e Alan Davis firmano nell’89 una singola storia di She-Hulk (pubblicata su Solo Avengers 14; in Italiaè apparsa sul terzo numero di Star Magazine della Star Comics, l’anno dopo) in cui Jennifer è in tribunale e viene interrotta continuamente nel suo lavoro da avvocato da un attacco di Titania.
Sì, è proprio quello che succede alla fine del primo episodio della serie Disney+.
Dopo la chiusura di The Sensational She-Hulk, nel 1994 (con 60 numeri all’attivo era all’epoca la serie Marvel su un personaggio femminile durata più a lungo), She-Hulk è tornata ad avere una serie personale – intitolata semplicemente She-Hulk – dieci anni dopo, con un fumetto scritto da Dan Slott e disegnato da Juan Bobillo. La proposta fatta ai tempi da Slott alla Marvel per questa nuova serie? “Una versione di Ally McBeal con i super-eroi”. Torniamo a parlarne la prossima settimana…