Chi è Jordan Peele, l’autore di Nope, Scappa – Get Out e Noi

Chi è Jordan Peele, l’autore di Nope, Scappa – Get Out e Noi

Di Marco Triolo

Forse non tutti sanno che Takeshi Kitano, uno dei più grandi autori del cinema giapponese degli ultimi trent’anni, è nato come comico. Non si direbbe vedendo alcuni dei suoi film più celebri, come Boiling Point, Sonatine e Hana-Bi, percorsi da una violenza e una durezza a tratti insostenibili. Ma d’altronde si parla spesso di come certi attori comici, che passano la loro vita su un palco a tentare di far sganasciare la gente, contengano un lato oscuro più o meno pronunciato: da Peter Sellers a Jim Carrey, la personalità pubblica non corrisponde sempre a quella privata.

L’ultimo esempio è forse proprio Jordan Peele, anche se non possiamo certo parlare di un lato oscuro personale, più che altro di un’attitudine a esplorare quello della società. Peele viene dalla comicità stand-up e televisiva. Nel 2003 ottiene il suo primo ruolo di punta nella serie Mad TV, dove incontra quello che sarà il suo compagno di viaggio per molti anni a venire: Keegan-Michael Key. I due creano insieme la serie di sketch comici Key and Peele, che dà una grande spinta alle loro carriere. Nello stesso periodo li vediamo nella prima stagione di Fargo, nei panni di due agenti dell’FBI, e nel film Keanu, scritto da Peele.

Nel frattempo Jordan Peele fa di tutto, dal doppiaggio (per Rick and Morty, Robot Chicken, Bob’s Burgers, Cicogne in missione) alla recitazione (Childrens Hospital, Wet Hot American Summer: First Day of Camp). Poi, nel 2017, arriva la svolta: esce Scappa – Get Out, il suo primo film da regista, da lui anche scritto. Un’opera prima di rara forza e lucidità, che prende spunto tanto da La fabbrica delle mogli quanto da Indovina chi viene a cena?, per mettere in scena un ritratto angosciante della società americana, pervasa da un razzismo sistemico mascherato da perbenismo, in cui gli afro-americani vivono ancora in una posizione subalterna e l’epoca della schiavitù non è mai realmente finita. Temi molto forti raccontati, però, con l’arma del genere: Peele sembra già in grado di alternare i toni, inserendo un umorismo nerissimo, e tocca un pubblico molto ampio, ottenendo un successo enorme: costato, come Blumhouse comanda, appena 4,5 milioni di dollari, Scappa – Get Out ne incassa 255,4 nel mondo. Peele vince l’Oscar per la migliore sceneggiatura originale (una di quattro nomination), primo afro-americano a ottenerlo in assoluto (a riprova che quello di cui parla nei suoi film non è inventato).

Il regista, figlio di padre nero e madre bianca con forti radici nell’America coloniale, ha il background apparentemente perfetto e un palcoscenico privilegiato per affrontare il “peccato originale” degli Stati Uniti. Una società fondata su odio, disuguaglianza e sfruttamento, che non ha mai fatto ammenda dei suoi peccati.

Gli stessi temi sono alla base del suo film successivo, Noi, un horror che, come il precedente, ha un alto contenuto metaforico e politico. Nel film, una famiglia di afro-americani (guidata da Lupita Nyong’o) incontra i propri violenti e spaventosi doppelgänger, e scopre a poco a poco che quanto sta accadendo a loro sta avvenendo in tutta l’America. Peele non ci va per il sottile, stavolta, e spiega che la metafora del film illustra come “possiamo fare collettivamente un ottimo lavoro nell’ignorare le ramificazioni del privilegio”. Noi mostra ancora una volta un’America divisa, in cui chi vive in superficie ignora la miseria e la sofferenza che si agita nel sottosuolo, specchio oscuro del benessere capitalista. Ancora una volta si tratta di un enorme successo: budget più alto (20 milioni, produce Universal) e incassi nell’ordine di Get Out.

Peele nel frattempo prosegue con la sua “altra” carriera: doppia Toy Story 4 e la serie Netflix Big Mouth, produce BlacKkKlansman di Spike Lee (altra nomination all’Oscar), la serie Prime Hunters, l’acclamata serie HBO Lovecraft Country e il reboot di Candyman. Inoltre, produce e interpreta (in veste di narratore) il reboot di The Twilight Zone – Ai confini della realtà, purtroppo durato solamente due stagioni. Il suo nome è ormai un marchio di garanzia nel cinema e nella televisione del fantastico.

A tre anni da Noi, arriva però il momento di tornare dietro la macchina da presa. Peele annuncia oltretutto il suo ritiro come attore (ma prosegue a lavorare come doppiatore), perché “Recitare per me non è nemmeno lontanamente divertente come dirigere”. Il terzo capitolo della sua carriera da regista si intitola Nope e, ancora una volta, possiamo stare certi che non sarà un “semplice” film di genere.

Da un punto di vista puramente produttivo, Nope è il film più costoso della carriera di Jordan Peele: è costato 68 milioni di dollari (ancora una volta c’è dietro Universal), un bel passo avanti rispetto ai 20 milioni di Noi e un gigantesco salto rispetto ai 4,5 milioni di Get Out. Le prime recensioni parlano di evidenti influenze spielberghiane – Steven Spielberg, come anche Alfred Hitchcock, Stanley Kubrick, M. Night Shyamalan e John Carpenter, è un’influenza dichiarata di Peele, ma per farlo ci vogliono i soldi – ed è chiaro che le ambizioni dell’autore stanno aumentando di pari passo con i budget a lui concessi. Qui, Jordan peele si allontana dall’horror puro del precedente film e abbraccia la fantascienza, per raccontare una storia legata a dischi volanti e paranoia da invasione aliena.

Stavolta, Peele include il tema della “dipendenza dallo spettacolo”, cioè la nostra “incapacità di distogliere lo sguardo dalla tragedia e dal pericolo”, come scrive Gerrick D. Kennedy di GQ. Un ruolo importante gioca anche “la cancellazione dei contributi dei neri” alla storia del cinema: il protagonista OJ (Daniel Kaluuya, che torna a lavorare con Peele dopo Scappa – Get Out) gestisce infatti il ranch Haywood’s Hollywood Horses, dove si addestrano cavalli da utilizzare nelle produzioni hollywoodiane. Naturalmente non mancano riflessioni sulle disparità della società americana, l’ossessione per l’idea del Sogno Americano e della grande occasione da cogliere al volo, ma Peele ha anche detto di aver tratto ispirazione dall’interminabile “ciclo di tetra e inesorabile tragedia” determinato dalla pandemia.

Non ha senso rovinare la sorpresa a chi non ha ancora visto Nope, che arriverà nelle nostre sale l’11 agosto. Ma è ovvio che, da uno come Jordan Peele, dobbiamo aspettarci un’opera in grado di parlare del presente, di fare un discorso sociale e politico oltre che intrattenere come sa fare il meglio del cinema spettacolare americano.

Nel prossimo futuro di Jordan Peele ci sono altri progetti con “Un po’ di horror, un po’ di commedia”, la formula che finora ha funzionato alla grande per lui. L’autore sta inoltre collaborando con Henry Selick, regista di Coraline e la porta magica e Nightmare Before Christmas, a Wendell & Wild, film d’animazione Netflix da lui anche scritto (insieme a Selick e Clay McLeod Chapman) che lo riunirà con il socio Keegan-Michael Key. Il limite a questo punto è il cielo.

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