Con The Gray Man Netflix ci ha visto giusto, la recensione

Con The Gray Man Netflix ci ha visto giusto, la recensione

Di Giulio Zoppello

Davvero molto difficile oggi nella vasta, anzi vastissima, anzi eccessiva offerta streaming trovare qualcosa che lasci il segno, che riesca a distinguersi dalla massa, a donarti un’esperienza che possa valere la pena, o reclamare il giusto apporto di attenzione. 
Ebbene Netflix cerca di convincerci del contrario giocandosi un “all in” non da nulla, dando carta bianca ai Fratelli Russo e alla loro capacità di creare un mix perfetto di action, black humor, con personaggi accattivanti e un iter diegetico che strizza l’occhio ai grandi cult del passato, ma capace di vivere di luce propria. The Gray Man, in arrivo su Netflix dal 22 luglio e in cinema selezionati dal 13 luglio, è tutto questo e vi piacerà da pazzi.

Un agente segreto molto sui generis



Nel 2009 Mark Greaney pubblica un romanzo spy-action intitolato “The Gray Man”, con cui lancia il personaggio dell’agente segreto molto sui generis Court Gentry, un ex detenuto che ha avuto dalla CIA una seconda occasione, o meglio una seconda vita. 
Per anni si cerca di farne un film ma niente, ogni progetto pare destinato a fallire, ma improvvisamente nel 2015 entrano in scena i Russo e le cose subiscono una svolta, fino al film di quest’anno. 
Court Gentry fa parte di una divisione speciale nota come Sierra, il suo nominativo è Sierra Six, e dopo diversi anni passati al servizio dell’Agenzia, è diventato uno dei loro killer esecutori più affidabili ed esperti.


Tuttavia durante una missione, nella quale dimostra una moralità poco apprezzata dai suoi superiori, Six si ritrova in possesso di una chiavetta usb contente informazioni ritenute di primaria importanza dal nuovo comandante della sua divisione, lo spietato e narcisista Denny Carmichael (Regé-Jean Page). 
Insospettitosi, si rifiuta di consegnarle, ma così facendo si ritrova ad essere il ricercato numero uno sulla lista dell’Agenzia, con lo spietato e sadico mercenario Lloyd Hansen (Chris Evans) sulle sue tracce. 
In gioco entrano anche la sua collega Dani Miranda (Ana de Armas), il suo vecchio mentore Donald Fitzroy (Billy Bob Thornton) e l’agente della CIA Brewer (Jessica Henwick), tutti impegnati in un gioco a scacchi fatto di agguati, sparatorie, inseguimenti e tradimenti senza fine. 
Solo, braccato, impossibilitato a fidarsi di chiunque, perennemente impegnato a sopravvivere in ogni angolo del pianeta mentre cerca di capire cosa contenga di prezioso quella chiavetta, Six dovrà anche farei conti con il suo passato tragico, decidere fino a che punto può spingersi e soprattutto come far rimanere vivi coloro ai quali tiene. Sarà solo l’inizio di una caccia all’uomo planetaria che tra Europa, Asia, America, sconvolgerà completamente la CIA e soprattutto il futuro di questo agente tanto abile quanto caustico.

Tra omaggi al cinema che fu e creatività

Inutile girarci attorno, se magari in passato con Red Notice o The Old Guard Netflix aveva fatto tanto fumo per un arrosto veramente misero, qui invece non vi è una sola, singola componente che non funzioni in The Gray Man, un solo, singolo errore grave o deficienza. Partiamo col dire che la sceneggiatura di Joe Russo, Christopher Markus e Stephen McFeely sia sostanzialmente perfetta, soprattutto per come sa mettere al centro non tanto la storia, che non ha nulla di così incredibilmente originale alla base, ma i personaggi, la loro personalità ed evoluzione.

Ryan Gosling trova un altro personaggio perfetto per il suo viso comicamente impassibile, la sua espressività sotto traccia perfetta per strappare una risata o dipingere un anti-eroe molto sui generis, che pare in tutto e per tutto la parodia dei tanti duraccioni che hanno abitato questo genere per decenni.

Il suo Sierra Six è un po’ Jason Bourne un po’ John Wick, un po’ Jack Ryan con uno spruzzo di Clint Eastwood. L’attore canadese riesce a donargli un’aria stralunata e gustosissima, si connette ai tanti poliziotteschi, action di serie b e crime di genere degli anni ’70 e soprattutto ’80, dipingendo un ammazzasette incredibilmente umano, fallace e per nulla eroico, almeno non intenzionalmente.

Il perfetto cast di contorno, oltre a farci capire che Regé-Jean Page sa recitare e pure parecchio bene, che forse Ana de Armas deve cercare personaggi più diversi e che Billy Bob Thornton è sempre un capo, ci dona come nemesi ed alter ego un Chris Evans fuori di melone alla grande.


Il suo Lloyd Hansen è credibilissimo tanto quanto è divertente, sopra le righe quanto Gosling ci sta sempre sotto e creano assieme, pur condividendo non poi tanto tempo assieme sullo schermo, un contrasto perfetto, che dona all’insieme ritmo, divertimento e una grande energia. Perché in The Gray Man si ride, spesso e volentieri, anche nelle scene più trucide e assurde, tra proiettili e inseguimenti, ma è un’ironia involontaria, non forzata o dittatoriale, qualcosa che pare strizzare l’occhio agli spaghetti e fagioli western in più di un’occasione.

Un’avventura adrenalinica e gustosa

Ma su tutto e tutti, si erge la straordinaria regia dei Fratelli Russo, che magari non saranno autori veri e propri, magari non sono James Gunn, Snyder, Reeves o compagnia, però tecnicamente hanno imparato perfettamente come bilanciare spettacolarità con divertimento.

The Gray Man mantiene un perfetto equilibrio, non parte mai per la tangente come un film di Michael Bay qualsiasi, anzi a fare un confronto con il suo 6 Underground quest’ultimo esce con le ossa in frantumi per come i Fratelli Russo sanno rendere ogni personaggio credibile, ogni sequenza un crescendo rossiniano non indifferente.


Ci sono almeno due sequenze action da antologia in questo film, qualcosa che per impatto e anche per fantasia, se la può giocare addirittura con la saga di Die Hard per intenderci. No, non sto scherzando, per quello che riguarda la parte ludica, questo è il miglior action visto da 5-6 anni a questa parte. 
Soprattutto si nota l’aver imparato la lezione dai maestri moderni d’Oriente, così come da ciò che uno come Gareth Evans è stato in grado di fare con The Raid: dare briglia sciolta alle coreografie più estreme, ma senza un accesso di virtuosismi inutili della macchina da presa.

Qui si nota qualche volta di troppo una CGI non fantastica, così come l’accelerazione digitale nelle scene di combattimento, ma non importa, funziona tutto lo stesso, anche grazie a dialoghi divertenti, con cui The Gray Man decostruisce anche tanti topoi hollywoodiani del genere action senza ritegno.

Netflix punta moltissimo su questo film per rilanciarsi, e non si può dire che non abbia messo le fiches sul numero giusto, perché questo Sierra Six è un tipo di eroe che mancava nel panorama cinematografico moderno, fin troppo assediato da machos in slow motion.

Gosling e Evans si divertono, ci divertono, anche se forse il finale li priva almeno in parte di un qualche acuto che ci si aspettava. Ma non importa, questo film piacerà e pure molto, e viene anche da chiedersi se forse non sia anche sprecato per il piccolo schermo. Vederlo in sala posso assicurarvi che vi fa uscire dopo 130 minuti leggeri come una piuma. 


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