RoboCop, i 35 anni del poliziotto cyborg di Verhoeven (FantaDoc)

RoboCop, i 35 anni del poliziotto cyborg di Verhoeven (FantaDoc)

Di DocManhattan

Visto che il 1987 è stato un altro anno particolarmente fecondo per la fantascienza, un mese dopo quello di Predator, festeggiamo anche il compleanno da 35 candeline di RoboCop. Il divertente, volutamente violentissimo, indimenticabile primo RoboCop. Un film dai tanti padri, tra cui Blade Runner e un eroe televisivo giapponese, e un eroe che a un certo punto per Paul Verhoeven è diventato un Cristo con corazza e altre parti meccaniche. No, sul serio.

Robocop 35 anni

“E SE FACESSIMO IL CONTRARIO?”

È il 1982, cinque anni prima dell’arrivo di RoboCop nelle sale. Edward Neumeier è un 25enne da poco laureato alla UCLA: lavora per la Universal e il suo ufficio è una roulotte accanto agli studi Warner Bros., dove legge copioni dalla mattina alla sera. Neumeier, che sogna di fare lo sceneggiatore, si accorge un giorno di questo gigantesco set che stanno costruendo accanto al suo “ufficio”: una strada del futuro, per un film intitolato Blade Runner.

Per quattro notti, Neumeier gironzola per il set, con la scusa di dare una mano nella creazione della finta spazzatura da ammucchiare su quella strada piena di auto del domani e loghi al neon di aziende che stanno per fallire. Questo gli permette di vedere Ridley Scott all’opera, ma soprattutto gli fa balenare in testa un’idea. Se Blade Runner è un film su un umano (credici) che dà la caccia a dei criminali artificiali, magari si può imbastire una storia su un cyborg che fa lo stesso con dei criminali umani…

Robocop 35 anni

CINISMO CONTRO IL REAGANISMO

Nei mesi successivi, Neumeier, grande fan della fantascienza e dei fumetti, continua a lavorare sulla sua idea, diventata un soggetto di 40 pagine, insieme a un aspirante regista, Michael Miner, che aveva avuto un’idea simile per un superpoliziotto. Per i due, il loro film dovrà essere una sorta di parodia del periodo che gli USA stanno vivendo. Tempi in cui le smargiassate da cowboy dell’amministrazione Reagan si affiancano all’economia rampante di Wall Street, che cerca di resistere all’espansione dei giapponesi.

Definire RoboCop un film semplicemente violento, senza cogliere l’ironia e il cinismo messi nelle sue esagerazioni, significa non capirne lo spirito. Quell’ironia non è lì solo perché negli action movie andava di moda far battute mentre si ammazzava la gente, ma perché il film voleva essere una risposta satirica e sopra le righe all’America della prima metà degli anni Ottanta.

Paul Verhoeven, pur essendo olandese, amerà quel cinismo e quelle esagerazioni: gli spot assurdi, la crisi dell’industria dell’auto a Detroit, l’iperviolenza, la burocrazia, le nuvole su cui sembrano vivere i consigli d’amministrazione. Ora sapete perché ED-209 falcia il tipo con la pistola nella sala riunioni, nella scena del “malfunzionamento”. Non che arrivare a Verhoeven sia stato così semplice, eh.

Robocop 35 anni

“BUTTALO VIA!”

In giro dal 1985 in cerca di uno studio interessato, “RoboCop: The Future of Law Enforcement”, come si intitolava il primo copione ufficiale di Neumeier e Miner, viene infine acquistato dal produttore Jon Davison della Orion Pictures. Davison apprezza proprio il cinismo del progetto, e pensa ne possa venir fuori una versione fantascientifica dell’Ispettore Callaghan. La regia viene affidata inizialmente a Jonathan Kaplan, che molla per occuparsi di Project X – Fuga dal futuro con Matthew Broderick. Così la propongono a David Cronenberg (che avrebbe poi diretto Peter Weller ne Il pasto nudo) e ad Alex Cox. Ma non se ne fa niente. Alla fine salta fuori il nome di Verhoeven, regista già di diverse pellicole famose nella nativa Olanda (come Fiore di Carne con Rutger Hauer) e alle prime esperienze a Hollywood (L’amore e il sangue, sempre con Rutger Hauer).

Il regista olandese legge le prime pagine dello script e lo getta via, convinto che sia un’idiozia. Ma la moglie va a ripescarlo dal cestino, lo legge tutto e fa capire a Verhoeven che la storia non è affatto banale come poteva sembrare. Per dirne una, Verhoeven gradirà a tal punto l’idea dei finti spot da portarsela dietro, insieme allo stesso Neumeier, anche in Starship Troopers – Fanteria dello spazio.

Robocop 35 anni

ROB BOTTIN, NOMEN OMEN

Proprio Verhoeven sceglie come protagonista del film Peter Weller, perché gli piacevano le sue labbra, l’unica parte del viso che il casco avrebbe lasciato scoperta. In realtà la Orion aveva pensato in precedenza di puntare su Arnold Schwarzenegger, avendo già prodotto il suo Terminator. Il problema era però rappresentato dalla stazza dell’attore austriaco: con la corazza addosso, sarebbe sembrato l’Omino Michelin. Furono presi in considerazione Michael Ironside e Rutger Hauer (richiesto espressamente da Verhoeven), ma non erano abbastanza smilzi. Weller, oltre alle labbra giuste, aveva anche la corporatura più esile.

La corazza di Robocop venne progettata da Rob Bottin, esperto di effetti speciali (Star Wars, La Cosa). Al risultato finale si arrivò dopo aver scartato per mesi un’infinità di proposte e bozzetti ed esser tornati grossomodo a una delle prime idee, quella cioè di una corazza ispirata al protagonista di Space Sheriff Gavan (il primo metal hero della Toei). Altre fonti di ispirazione per RoboCop furono il manga/anime 8 Man (uno dei primi cyborg nel mondo dell’entertainment) e ROM, il cavaliere dello spazio della Marvel Comics. Non a caso, nella scena del drugstore, tra vari fumetti Marvel, in prima fila c’è proprio un albo di ROM.

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IL SERPENTE LENTISSIMO

I ritardi del team di Bottin per completare le tute (sette in totale, per un costo complessivo di circa un milione di dollari) diventano però a un certo punto tali che la consegna del costume avviene due settimane dopo il previsto, a riprese già iniziate: lo stesso giorno in cui si doveva girare la prima scena con RoboCop. Bottin e i suoi assistenti impiegano UNDICI ORE per far entrare Peter Weller nel costume, e solo a quel punto l’attore si accorge che tutta la mimica studiata con Moni Yakim per il personaggio (movimenti e scatti rapidi come quelli di un serpente) era inutile: i movimenti con il costume addosso erano talmente limitati che toccava ripartire da zero.

Stop di tre giorni alle riprese, produttori incazzati, Verhoeven che ripete a se stesso che la prossima volta ai progetti che scarta deve dar fuoco anziché buttarli nel cestino e basta. Solo dopo lunghe discussioni tra lo stesso regista e Yakim, si decide che il robopoliziotto poteva in effetti far scena anche muovendosi molto, molto lentamente.

Robocop 35 anni

I BUONI COME CATTIVI

Anche Verhoeven e Bottin litigano di brutto durante la produzione del film, soprattutto per la scena in cui Alex Murphy si svita il casco: Bottin voleva un ambiente quasi buio per evitare che si vedesse il trucco sul volto di Weller, mentre il regista voleva che la scena fosse illuminata il più possibile ed era convinto che avrebbe pensato a tutto il direttore della fotografia (gridando probabilmente “Apri tutto!”). La spunta Verhoeven e i due smettono di parlarsi… fino alla prima di RoboCop, quando, contenti per il risultato, seppelliscono l’ascia di guerra; Verhoeven vorrà Bottin con sè per Atto di forza, film con cui Bottin vincerà un Oscar.

Il resto di questa storia, grosso modo, lo conoscete. Il droide ED-209 e la sua stop motion, curata da Phil Tippett (che si era occupato nella prima trilogia di Star Wars di animare gli AT-AT e i tauntaun, premio Oscar per Il ritorno dello jedi), la tostissima ciancicatrice di gomme Lewis di Nancy Allen, Kurtwood Smith (il boss Clarence Boddicker) e Ronny Cox (Dick Jones, vicepresidente della OCP) messi a fare i cattivi per rimescolare le carte, visto che in precedenza avevano coperto perlopiù ruoli da buoni.

Bob Morton, invece, era stato pensato come il tipico dirigente stronzo e insopportabile, ma Neumeier e Verhoeven si rendono conto che grazie all’interpretazione di Miguel Ferrer il personaggio risulta un po’ più piacevole, e perciò decidono di smussarne un pelo la stronzaggine. Miguel Ferrer, se non lo sapete, è il cugino di un altro attore, un certo George Clooney.

Robocop 35 anni

E CAMMINAVA SULLE ACQUE

Girato con poco più di 13 milioni di dollari, RoboCop ne guadagna 8 nel solo week-end di lancio, arrivando alla fine ad accumularne quasi 54 nei soli USA. Per quanto ben lontano dal film che dominerà il botteghino nell’87 (Beverly Hills Cop II con 153 milioni di dollari), è un risultato quasi insperato per Orion. RoboCop è pronto per diventare un marchio da declinare in altri film, serie TV, videogiochi e fumetti.

E ok. Ma quella storia di RoboCop come Gesù? Verhoeven – che per ragioni di rating fu costretto ad edulcorare molte scene, come l’uccisione di Murphy o l’impalamento finale di Boddicker (scene poi ripristinate in varie edizioni per l’home video) – ha dichiarato in un’intervista che la figura di RoboCop nel film rappresenta un’allegoria cristiana: la morte e resurrezione del protagonista, il buco in fronte di Murphy quando viene ucciso che ricorderebbe la corona di spine portata da Gesù, e perfino la camminata sull’acqua in cui Murphy si esibisce alla fine del film… Qualcosa del tipo “Lasciate che i criminali, vivi o morti, vengano con me”.

 

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