All’interno del mondo corposo e variopinto del cinema d’animazione, il nome di Don Bluth si erge come quello di uno dei più grandi innovatori di sempre, grazie al quale il cinema negli anni ‘80 compì un decisivo step in avanti, affrontando in modo coraggioso e diretto temi molto attuali, scottanti e profondi.
Senza ombra di dubbio il suo miglior film rimane il primo, quel Brisby e il segreto di NIMH uscito esattamente 40 anni fa, tratto dal celeberrimo romanzo di Robert C. O’Brien, ed in cui per la prima volta questo grandissimo artista dimostrò tutte le sue qualità, il suo coraggio, l’enorme rispetto che aveva il suo pubblico di riferimento. Per chiunque lo abbia visto, quel film è e rimane un punto di riferimento incredibile, qualcosa di mitologico.
Inutile girarci attorno, la fine degli anni ‘70 è l’inizio degli anni ‘80 sono stati anni molto problematici per il cinema di animazione, che pareva aver perso la sua capacità di stupire e di rinnovarsi, così come il legame con un pubblico, in particolar modo quello di riferimento dell’infanzia, i cui gusti, composizione e consapevolezza erano profondamente mutati. Di tutto questo si era accorto proprio Bluth, che era diventato negli anni uno degli animatori di punta della Disney, curando importanti parti animate di film come La bella addormentata nel bosco, ma anche lavorando a produzioni esterne come The Archie Show, Sabrina, the Teenage Witch, per quanto poi con Robin Hood, Tigro e Winny-Puh a tu per tu e Le avventure di Bianca e Bernie il suo ruolo e le sue responsabilità fossero cresciute enormemente.
Tuttavia dopo Elliott, il drago invisibile e soprattutto Red e Toby nemiciamici, il suo spazio di manovra venne ridotto drasticamente, dal momento che la Disney pareva non aver compreso come lui quanto ormai non si potesse più trattare in modo paternalistico il pubblico dell’infanzia di quegli anni, e come l’animazione stessa andasse profondamente rinnovata, resa più matura e quando necessario anche più legata ad atmosfere oscure e inquietanti. Il che sarebbe stato il suo marchio di fabbrica, da questo film fino alla saga di Fievel, passando per Titan, Alla Ricerca della Valle Incantata o Anastasia. È il motivo per il quale un’intera generazione, quella dei millennial, ha avuto in regalo da lui alcuni dei film d’animazione più importanti e formativi di sempre, di certo quelli più interessanti, diversi della norma, e che indirettamente influenzarono senza ombra di dubbio anche il cosiddetto Rinascimento Disney. Ma tutto cominciò da questo film del 1982, da Brisby e il segreto di NIMH, che a dispetto di una distribuzione che si rivelò fallimentare, fin da subito indicato come un vero e proprio capolavoro della critica, e negli anni soprattutto grazie al mercato home-video, è diventato poi in breve un vero e proprio cult.
Ambientato prettamente nei campi di una fattoria, il film aveva come protagonista Brisby, una giovane topolina di campagna rimasta da poco vedova e con quattro figli a cui badare.
Il più piccolo della prole, malato di polmonite, non può essere spostato, problema non da poco visto che a breve Brisby sa che il fattore comincerà ad arare i campi e deve trovarsi una nuova casa.
Deciderà infine di chiedere consiglio al Grande Gufo, il quale le dirà di chiedere aiuto alla temuta tribù di ratti che vive nei pressi della casa del fattore, e in particolare al loro capo, il misterioso e potentissimo Nicodemus. Da queste premesse, Don Bluth rimanendo sostanzialmente fedele all’originale letterario di O’Brien per quanto virando poi verso una lettura più moderna, guidò il pubblico dentro una favola oscura, a metà tra fantascienza e fantasy, in cui si palesava in breve il tema allora attualissimo dell’ingegneria genetica, della vivisezione e degli esperimenti sugli animali. Il team di 160 disegnatori compì un vero e proprio capolavoro nel creare un universo animato esteticamente a dir poco incredibile, espressivo e dettagliato in un modo che nessun film Disney fino a quel momento era stato capace di essere. Il tutto fu posto al servizio di una trama che sovente sfiorava le atmosfere horror, connettendosi in più di un’occasione con il dramma shakespeariano e orwelliano, con temi quali il totalitarismo, il populismo e l’utilizzo della paura come arma politica. Era qualcosa che fino a quel momento non si era mai visto, se non proprio paradossalmente in Red e Toby nemiciamici, ancora oggi considerato uno dei più incompresi film Disney, e quello che aveva segnato la fine del lavoro di Bluth alla Disney.
Brisby e il segreto di NIMH ancora oggi ha alcune delle sequenze d’azione e di dramma più serie, realistiche e adulte che un film teoricamente per l’infanzia e abbia mai avuto. Basti pensare al sabotaggio del trattore, alla lotta contro il gatto del fattore, l’incontro con il gufo, la morte di Nicodemus, il naufragio della casa di Brisby nel fango e il duello tra Giustino e il demoniaco traditore Cornelius. Ma tra tutte le sequenze, quella per la quale è passato alla storia questo film d’animazione coraggiosissimo e scevro da ogni ipocrisia, è sicuramente quella legata al racconto di Nicodemus sulla fuga dal NIMH, il centro di ricerca dove involontariamente dei crudeli scienziati avevano reso i ratti e i topini di campagna incredibilmente intelligenti.
Sono tutti momenti connessi ad un crescendo drammatico, da visioni di sangue, sofferenza, di paura e autentico terrore gotico, che tutti assieme donano al racconto un tono a tratti apocalittico.
A tanti anni di distanza continua a togliere il fiato per il fascino che esercita, per il rendere palpabile una visione del mondo e della realtà che rinnega l’antropocentrismo Disney, in virtù di un punto di vista completamente animale, come non si vedeva dai tempi di Bambi. Non a caso anche quello era un film in cui l’uomo era carnefice della natura, qui seguendo modalità che si connettono all’Olocausto, ai Gulag, al massacro dei nativi americani. Don Bluth incassò molto meno di quanto aveva previsto con questo film, la sua casa di produzione appena aperta andò in bancarotta e dovete aspettare l’arrivo di Steven Spielberg per ricominciare a sfornare i suoi capolavori. Eppure nonostante questo, a Brisby e il segreto di NIMH non fu riconosciuto un solo, singolo difetto, anche in virtù di un montaggio pazzesco e una colonna sonora firmata da Jerry Goldsmith che si metteva in tasca tutte quelle dei concorrenti di allora in un amen.
A quarant’anni di distanza, bisogna ammettere che il cinema d’animazione dei nostri giorni, se da un lato ha sicuramente raccordo l’eredità di questo film per quello che riguarda affrontare temi tutt’altro che facili in modo creativo, dall’altro però non è riuscito a fare a meno di un tono paternalistico.
Sovente si avverte una visione rassicurante e neutra della vita, si avverte la volontà di negare il male e la malvagità nel mondo, in nome di una sorta di visione irrealistica della vita e dell’esistenza basata sulla mera incomprensione. Noi invece, cresciuti con questo capolavoro, abbiamo capito grazie a questo film che nella vita bisogna essere coraggiosi come Brisby, leali come Giustino, cercare qualcuno come Nicodemus a cui chiedere consigli nel momento del bisogno. La conoscenza, in questo film, ci veniva mostrata come il vero potere, la conoscenza e la memoria.
Ci saranno sempre dei Cornelius da combattere. Il male non dorme mai, il male è il carburante della Storia, il male guardando il nostro Pianeta e come lo abbiamo ridotto, ha il nostro volto.