SerieTV Recensioni The Doc(Manhattan) is in
Non lo credevano possibile in tanti. Non i lettori di The Boys, il fumetto di Garth Ennis e Darick Robertson pubblicato tra il 2006 e il 2012, da cui tutto è nato. Non lo stesso showrunner della serie di Amazon Prime Video, Eric Kripke. Eppure è successo. O meglio: eppure, il Successo. L’esser diventata non solo una serie di punta della piattaforma che la ospita, ma anche LA risposta a tutti gli altri super-eroi live action degli ultimi quindici anni ha dato a The Boys un margine di manovra via via più ampio. E guardando la stagione 3 si nota eccome. The Boys – Stagione 3 debutterà domani su Prime Video con i suoi primi tre episodi, per proseguire poi a cadenza settimanale. Ne abbiamo visto in anteprima i primi sei (su otto) e ci sono un po’ di cose da dire, considerazioni da fare, ghignate da trattenere. Ovviamente, no spoiler. Tranquilli.
Quando il succitato Erick Kripke ha rivelato, mesi fa, che questa terza stagione avrebbe incorporato – riscrivendola in base alle proprie esigenze narrative – anche la miniserie a fumetti Herogasm (spin-off in sei numeri di The Boys), ha spiegato che la cosa è stata resa possibile proprio dal successo del suo show. Il buzz enorme che The Boys si trascina dietro sui social sin dal suo esordio, tre anni fa, ha lasciato in buona sostanza i suoi autori liberi di infilarci un po’ quello che volevano. Cioè, oltre a una quantità smodata di cameo che vi strapperanno dei “Ma dai!” a raffica.
Per chi non ha mai letto il fumetto, è difficile credere che una serie così pervicacemente dedita all’ultraviolenza e alle perversioni sessuali fosse una versione comunque edulcorata di quanto portato su carta da Ennis e Robertson, soprattutto dopo il cambio di casa editrice (da Wildstorm/DC, dove ha creato comprensibilmente grosse perplessità ai vertici aziendali, a Dynamite). Bene, questa terza stagione riduce decisamente quella distanza, gettando via i freni e mandando a schermo davvero di tutto.
E siccome l’idea di base di The Boys È l’esagerazione, la follia di una popolazione di metaumani dedita a orge e capace di farla franca dopo aver commesso crimini atroci, il tutto in un live-action fa decisamente effetto. Dalle scene supersplatter alle, beh, orge di super-eroi, sì.
La compiaciuta ironia sboccata delle storie di Ennis qui prende dunque il volo più di prima, tra nudi maschili molto full frontal e uccisioni da splatter movie, fra una smorfia di Billy Butcher e l’altra. Ma l’incarnazione televisiva di The Boys ha sempre avuto anche un secondo, e probabilmente più importante, livello di lettura. Il livello 1, chiaro, è il What If…? rappresentato dal fumetto: “Che cosa succederebbe se i super-eroi fossero tutti dei pezzi di melma, la Justice League un covo di pervertiti e Superman un pericolosissimo megalomane che se ne sbatte della vita umana?” E quello va ancora fortissimo anche sullo schermo.
La follia di un Homelander/Patriota sempre più inquietante/infantile/incontrollabile, e più in generale il tema della corruzione morale portata dal potere, e capace di intaccare davvero chiunque. Diventi troppo potente e in un attimo rischi di non essere più tu, distratto da un delirio di onnipotenza.
Ma poi c’è anche il resto, il secondo livello di lettura: se già tutta la vicenda di Stormfront aveva rappresentato una convinta presa per il culo del populismo e dei mostri che genera (gente che poi si ritrova, metti, ad assaltare il parlamento degli Stati Uniti d’America), in questa terza stagione di The Boys il campo si allarga.
Non c’è più solo quello, o la presa per i fondelli degli eroi in carne e ossa dell’MCU e della Snyder’s Cut, ma vengono toccati tutta una serie di altri temi. Come il concetto assurdo dell’All lives matter”, la risposta velatamente razzista alle istanze del Black Lives Matter per le violenze delle forze dell’ordine, o l’utilizzo perennemente a sproposito dell’espressione “cancel culture” da parte di chi si incazza per le cose sbagliate. E di chi cavalca gli umori di questi ultimi, certo.
C’è il ripetere su mille canali TV/social la stessa scusa improbabile, che il pubblico si berrà a furia di sentirla ripetere. E più in generale il fatto che mettersi a nudo con il proprio pubblico, mostrando di essere delle bestie che credono in una serie di idee che oscillano tra il meschino e l’abietto, a volte ti rende addirittura più popolare. Oh, un altro biondo c’è diventato presidente.
Così guardi gli episodi di The Boys, e tra un bleah! divertito per una testa ridotta in poltiglia e una risata per una gag, ti vedi scivolare davanti un’altra annata di mostruosità del pianeta Terra. In una serie con dei tizi con mantello e mutandoni e peni giganti? Eh.
Scorre molto meglio, per quanto visto finora (sei episodi su otto, ripetiamo), questa terza stagione di The Boys rispetto a quella che l’ha preceduta. Non solo per l’introduzione di nuovi personaggi, come Soldier Boy/Soldatino, e tutto quello che si portano dietro – hai un finto Capitan America psicopatico, chi ci sarà mai a fargli compagnia? – ma per il ritmo più sostenuto e diverse modifiche allo status quo. I discorsi da panchina nel parco della stagione 2, che riprendevano un’usanza del fumetto, e quello stallo continuo tra la squadra dei ragazzi e i Sette sono stati soppiantati da nuove dinamiche e nuovi assetti delle formazioni.
La trama sembra più coesa e densa, con meno palleggiamenti dei personaggi. Il che non è per nulla semplice, visto che tutti si aspettano sin dal primissimo episodio uno uno scontro frontale/finale. Il doverlo rimandare in continuazione potrebbe risultare snervante per lo spettatore, ma qui la cosa si avverte molto di meno rispetto alla stagione passata, proprio perché ci sono più giocatori in ballo e pure più piste su cui ballare. C’è più spazio per raccontare di Latte Materno, Femmina, A-Train e il resto, sfruttando ciascuno per affrontare un aspetto diverso di quello che può succedere con dei supertizi fuori controllo, o per affrontare dei temi veri, come dicevamo poco sopra.
E sì, il personaggio di Soldier Boy è assolutamente inquietante pure lui. Ovvio. È un attimo, e ti ritrovi con uno show in cui non c’è solo la versione infame di Superman, ma pure quella di Capitan America.
Non mancano tante strizzate d’occhio più sottili al fumetto, come la nuova sede dei ragazzi di Butcher (e la fissazione di Mother’s Milk/Latte Materno per tenerla in ordine), un certo problema con i capelli di una certa tizia, e tanti super-sfigati secondari. Resta da capire dove andrà a parare alla fine il tutto, e quello proprio non lo so. Una conclusione come quella del fumetto sembrerebbe difficile, ma vai a sapere: almeno in parte, potrebbe ancora succedere. Di certo, ho tutta l’intenzione di restare seduto a godermi lo spettacolo.
Riprendiamo il discorso a luglio, dopo che sarà andato in onda l’ottavo e ultimo episodio della stagione. Ma intanto: quanto è bravo Antony Starr senza la H? Tanto. Quanto vorrei vederlo sotto alla maschera di metallo del Dottor Destino, nel prossimo film dei Fantastici Quattro? Tantissimo.
Oh, mille campagne inutili dei fan sui social, per questo e quello, e mai quelle che servono davvero.