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Spiderhead: la recensione del film Netflix di Joseph Kosinski

Pubblicato il 16 giugno 2022 di Marco Triolo

Joseph Kosinski finora non è stato particolarmente prolifico, ma quest’anno ha firmato ben due film, arrivati a ridosso l’uno dell’altro. Il primo è Top Gun: Maverick, attualmente nelle sale (dove sta riscuotendo un enorme successo). Il secondo è Spiderhead, film Netflix in uscita in questi giorni, interpretato da Chris Hemsworth e Miles Teller (anche in Top Gun: Maverick), scritto dagli sceneggiatori di Deadpool, Paul Wernick e Rhett Reese, e tratto da un racconto di George Saunders. Due film che non potrebbero essere più diversi.

Laddove Top Gun è infatti una vetrina delle ossessioni action e superomistiche di Tom Cruise, Spiderhead è un thriller psicologico in cui l’azione, quando arriva, è trattata quasi con la leggerezza di una gag, perché i superuomini sono molto distanti e i protagonisti, qui, sono persone comuni piegati dalla colpa. Ma facciamo un passo indietro.

La premessa di Spiderhead è questa: esiste un carcere di massima sicurezza, situato su un’isola, in cui i detenuti si godono una vita particolarmente agiata e ricca di comfort, e in cambio fanno da cavie ad alcuni esperimenti. Steve Abnesti (Hemsworth), direttore della struttura, inietta loro droghe sperimentali in grado di manipolare la personalità, e osserva comodamente dalla sua plancia ultra-tecnologica gli effetti di queste sostanze. Tra i detenuti c’è Jeff (Teller), un uomo che ha causato un grave incidente per il quale è stato condannato al carcere. Sarà proprio Jeff a capire, via via, che c’è qualcosa di marcio a Spiderhead, e che in gran parte ha a che fare proprio con il misterioso e subdolamente gentile Steve.

Leggendo questa trama già si capisce di che genere di film stiamo parlando: Spiderhead è quel tipo di thriller a combustione lenta in cui, però, sappiamo già che a un certo punto ci sarà un colpo di scena che cambierà la nostra prospettiva. Il problema è che Wernick, Reese e Kosinski non fanno nulla per tentare di nasconderlo, anzi: il personaggio di Hemsworth è subito losco, capiamo immediatamente chi sono i detenuti “buoni” e quelli meno, che dietro agli esperimenti c’è un piano più sinistro e che, in qualche modo, i buoni si ribelleranno.

L’altro problema del film è che ha una premessa forte ma uno sviluppo non all’altezza, e questo tradisce la fonte e la necessità di allungare fino alla durata cinematografica un racconto breve. Miles Teller infonde abbastanza umanità al suo Jeff – e lo stesso fa la co-protagonista Jurnee Smollett con la sua Lizzy, una detenuta da passato misterioso – da caricarsi praticamente il film sulle spalle e renderlo passabile anche quando inizia a essere abbastanza ripetitivo. Lo schema – viene testata una nuova droga, Jeff si ritrova in situazioni angoscianti che vanno a finire sempre peggio – invecchia presto, e Kosinski non riesce a rendere troppo interessante l’ambientazione, né a coglierne la claustrofobia high tech. Hemsworth, enormemente a suo agio nella commedia, dimostra qui i suoi limiti di attore drammatico. Il personaggio sembra tarato su di lui, sul suo aspetto da ragazzone americano tutto d’un pezzo (sì, è australiano, poco importa) e rassicurante, ma, quando gli viene chiesto di lasciare emergere a poco a poco il lato gelido e calcolatore di Steve, l’attore smarrisce il suo carisma in una performance piatta.

Il colpi di scena arrivano a raffica, nella seconda metà, senza mai davvero stupire. Anzi, il twist narrativo fondamentale, quello che dovrebbe rivelarci la vera natura di Spiderhead e degli esperimenti di Abnesti, è gestito in maniera confusa. Se vi ritroverete a mandare indietro per rivedere la scena, sappiate che non sarete i soli.

Spiderhead vorrebbe essere un thriller sulla natura umana, sul libero arbitrio, sul nostro impulso a obbedire all’autorità anche quando ci viene chiesto di fare del male al prossimo (il celebre esperimento di Milgram non è tanto lontano). Eppure, sotto la confezione di lusso, che nulla ha da invidiare ai film per le sale (ma, lo sappiamo, ormai la distinzione conta poco), il film di Kosinski non riesce mai ad approfondire davvero questi argomenti, preferendo condensarli in una manciata di dialoghi chiave pronunciati nel finale.

Verso la conclusione arriva l’unico vero guizzo di originalità, uno scontro finale accompagnato da brani musicali solari che guardano il ridicolo dritto negli occhi e lo abbracciano senza remore. Una ventata di ironia che solleva un film per il resto eccessivamente didascalico, nel suo atto d’accusa contro i poteri forti che privano l’individuo della libertà di scelta, prima ancora che di quella fisica.

QUI potete vedere il trailer di Spiderhead, su Netflix da venerdì 17 giugno.