Rise – La vera storia di Antetokounmpo funziona ma a intermittenza, la recensione

Rise – La vera storia di Antetokounmpo funziona ma a intermittenza, la recensione

Di Giulio Zoppello

Parlare di Rise – La vera storia di Antetokounmpo significa fare i conti con un film Disney a metà tra tradizione e volontà di mostrare al pubblico qualcosa di diverso, un’ambizione sfumata come l’identità di una pellicola palesemente creata solo per il pubblico più giovane.


Il risultato finale è senza ombra di dubbio interessante, ma anche discontinuo, in ultima analisi forse fin troppo prudente e conservatore nel parlarci di una dinastia del basket, quella degli Antetokounmpo, che forse avrebbe meritato un prodotto cinematografico più maturo, più evoluto o se non altro meno legato ad una dimensione romantica.

L’incredibile storia di una famiglia nigeriana

Charles e Veronica Antetokounmpo sono due coniugi nigeriani come tanti, che a inizio anni ‘90 sono costretti a lasciare la loro terra insanguinata e povera come milioni di altri africani, in cerca se non altro di un briciolo di dignità nella vecchia Europa.


Il loro viaggio della speranza li fa finire infine in Grecia, assieme alla penisola italiana l’altro grande porto di mare per le migrazioni del continente nero, ma ci arrivano senza documenti, senza nulla che possa evitargli di essere sconosciuti all’autorità, quasi degli apolidi.


Dietro si lasciano il figlioletto Francis, troppo piccolo per rischiare il periglioso viaggio, e si promettono di riprenderlo quando avranno raggiunto un minimo di stabilità. Giannis e Thanasis Sono due dei quattro figli che vedranno la luce nella terra di Agamennone e Omero, e sono due giganti che crescono tra stenti e povertà, dovendo dare il loro contributo a quella famiglia perseguitata dall’incubo di essere scoperta delle autorità elleniche e rimandata in patria, peggio ancora separata magari.


Ma infine,  arriverà l’occasione di un riscatto per tutti loro, e quell’occasione è rappresentata dalla palla a spicchi, dal basket, che forse inizialmente sarà avaro di soddisfazioni per i timidi Giannis e Thanasis, ma che si rivelerà infine la carta vincente anche per Francis, Kostas e Alex. 
Una dinastia unica, con i tre maggiori che sono diventati campioni nell’NBA, qualcosa di clamoroso. 
Inutile dire che questa storia sia sostanzialmente perfetta per il corso che da anni ha fatto della Disney un piccolo scrigno per le storie in ambito sportivo, basti pensare a Glory Road, Miracle, Invincible o Queen of Katwe. A dirigere questo inseguimento verso la felicità e la gioia, troviamo Akin Omatoso, che fa del suo meglio per rendere l’insieme fruibile ad un pubblico giovane, nell’ottica di un racconto di formazione.

Basket si o basket no?

Rise – La vera storia di Antetokounmpo in un certo senso è un prodotto particolarmente tradizionale, appare quasi spuntato dai tempi in cui la Disney raggiungeva un maggior consenso con i Live Action specificatamente strutturati per il pubblico infantile, piuttosto che con i suoi film animati. 
Il grande tema trainante è sicuramente la famiglia, anche se in questo caso viene quasi la tentazione, dato il numero dei componenti in gioco, di parlare di nazione, ma di certo la storia degli Antetokounmpo non è una storia qualsiasi, non è una di quelle che si trova proprio dietro l’angolo.


Il problema maggiormente evidente, è sicuramente nel fatto che data la drammaticità degli argomenti trattati, quali la tragedia dei migranti, il razzismo e l’intolleranza in Grecia, la difficile integrazione in un altro paese, senza dimenticare l’estrema povertà e la mancanza di punti di riferimento, cercare di connettere il tutto con un’atmosfera ottimista e da sogno, con un tono favolistico, può risultare alla lunga quasi irritante.


Altro elemento da sottolineare, è il fatto che nella realtà il basket, il gioco che ha permesso a questa dinastia di giganti di scrivere il proprio nome nella storia sportiva americana, non ha poi quello spazio e quella possibilità di approfondimento che ci si aspetterebbe. Insomma, non ci arriva l’amore viscerale e la potenza di questo gioco, né quanto questi ragazzi hanno dovuto investire, quanto lo amassero.


Il che poi è la naturale conferma del fatto che bene o male si cerca soprattutto di creare un racconto in cui siano sogni, speranza, ma soprattutto l’amore fraterno a trionfare. Non è neppure sbagliato se si vuole sottolineare soprattutto la componente biografica di questa famiglia, ciò che le ha permesso di andare avanti nonostante tutto. Ma da un film di sport ci si sarebbe aspettati qualcosa di più proprio sullo sport di riferimento, o se non altro tenerlo meno sullo sfondo.

Un film sull’importanza della condivisione

Tuttavia non si può negare che l’insieme abbia una notevole energia, che vi sia grande passione in fondo e anche una grande coerenza, richiamando soprattutto la nostra attenzione sul fatto che, oggi come oggi, di prodotti specifici per l’infanzia su temi importanti in realtà non è che se ne vedono così tanti.


O perlomeno, non è che vi sia questa volontà di creare qualcosa di specifico esclusivamente per quel pubblico, quanto piuttosto un minestrone trasversale e per questo a volte indefinito. Rise – La vera storia di Antetokounmpo paga comunque dazio alla necessità di condensare una vicenda lunga così tanti anni in poco tempo, così come di voler evitare di mostrare il lato peggiore e più drammatico della migrazione e del sentirsi senza patria e senza futuro.


Da questo punto di vista, ogni confronto con Flee o (per restare in tema di basket) con He Got Game, Coach Carter o Colpo Vincente, risulta non particolarmente felice, neppure con il già citato Glory Road. 
Tuttavia è fuori di dubbio che al pubblico di riferimento questo film non potrà non piacere, in fin dei conti sono soprattutto loro i fan e i sostenitori più accaniti della dinastia Antetokounmpo, che ad oggi è senza ombra di dubbio uno dei simboli di speranza più importanti che lo sport abbia a disposizione.


Non si può sicuramente negare che a risollevare il tutto, al netto di un eccesso di zucchero e retorica che sovente si fa opprimente, vi sia poi la spontaneità del cast, un’energia candida ma intensa, e soprattutto la volontà di concentrarsi sulle persone, sul lato umano di questa storia.


Il tutto con buona pace del mito delle eccezionalismo e dello successo come mantra individuale, visto che qui l’individualità non esiste, è bandita, esiste solo il noi e l’assieme. 
Il vero successo per questa famiglia è stato quello di sopravvivere, quello soprattutto dei genitori che hanno affrontato sacrifici enormi per permettere ai propri figli di avere un futuro migliore 
e di conseguenza, se non altro, questo film potrà nei più giovani fare capire l’importanza dell’integrazione, dell’accettazione del diverso e della solidarietà. 

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