SerieTV News

Only Murders in the Building: la recensione della stagione 2

Pubblicato il 28 giugno 2022 di Marco Triolo

Mable, Charles e Oliver sono tornati e, come si suol dire, “This time it’s personal!”. Quando li avevamo lasciati, al termine della stagione 1 di Only Murders in the Building, Charles e Oliver avevano scovato Mable con un punteruolo in mano, la felpa imbrattata di sangue e il cadavere di Bunny, l’insopportabile amministratrice dell’Arconia, poco distante. Inevitabile che, all’inizio della seconda stagione, i cui primi due episodi sono ora disponibili su Disney+, i tre podcaster si ritrovino indagati dalla polizia e sospettati di aver assassinato Bunny. Nel frattempo, Charles e Oliver hanno le loro belle gatte da pelare in famiglia…

Se avete apprezzato la prima stagione di Only Murders in the Building, amerete anche questa. La formula è un grande classico di Hollywood: “More of the same”, ovvero una stagione 2 che ricalca in buona parte la struttura della prima, con scoperte, false piste e gli strati del mistero che vengono via via rimossi fino ad arrivare al cuore di una cospirazione legata a doppio filo con l’anima stessa dell’Arconia.

L’alchimia tra Steve Martin (co-creatore della serie con John Hoffman), Martin Short e Selena Gomez è intatta. Quest’ultima svetta su tutti quanti, come sempre, con la sua Mable, laconica e ferita, diffidente eppure in cerca di contatto umano. Un’interpretazione davvero ipnotica che la rende il cuore pulsante della serie.

La seconda stagione accoglie anche una serie di facce nuove, tra cui Shirley MacLaine, Amy Schumer (nei panni di se stessa) e Cara Delevingne, nel ruolo di un’artista che fa amicizia con Mable. Ma non dimentica i comprimari della prima: il Teddy Dimas di Nathan Lane ha un ruolo collaterale ma molto interessante, ad esempio. Non siamo di fronte a una situazione a La signora in giallo, in cui ogni nuovo caso faceva tabula rasa di quello vecchio: le azioni di Charles, Mable e Oliver nella stagione 1 hanno qui delle ripercussioni che, in certi frangenti, mettono loro i bastoni tra le ruote.

Era difficile non ripetersi, mantenendo gli stessi protagonisti, la stessa struttura e la medesima ambientazione della prima stagione, eppure Only Murders in the Building ci riesce, risultando fresca e godibile esattamente come la prima volta. Merito di una scrittura sempre attenta, capace di mescolare leggerezza e approfondimento dei personaggi (anche i più odiosi, riletti sotto una lice inaspettata). Ma merito anche di un cast eccezionale, a partire dal trio di protagonisti per arrivare a tutti i comprimari, scelti con estrema cura.

Nei nuovi episodi, Charles, Mable e Oliver verranno messi di fronte al loro passato, al loro senso di inadeguatezza e alla loro incapacità di aprirsi agli altri. E, ne siamo certi, usciranno ancora più forti da questa esperienza. Il problema sarà trovare una strada originale per la terza stagione. Ma, dopo due stagioni così, Martin e Hoffman si sono guadagnati la nostra fiducia.