Parlando con Vanity Fair, Dakota Johnson ha ammesso che girare la trilogia di Cinquanta sfumature di grigio è stata un’esperienza “psicotica”, a causa soprattutto delle ingerenze di E.L. James, autrice dei romanzi che aveva il controllo creativo sulla realizzazione dei film.
L’attrice, diventata una star proprio grazie al ruolo di Anastasia Steele, racconta:
Ho firmato per girare una versione del film molto differente da quella che abbiamo poi fatto. [E.L. James] aveva un forte controllo creativo, tutto il giorno, tutti i giorni, e pretendeva che le cose venissero fatte in un certo modo. C’erano parti dei romanzi che non potevano funzionare al cinema, come ad esempio i monologhi interiori, che erano incredibilmente kitsch. Pronunciarli a voce alta non avrebbe funzionato. È stata una battaglia. Continuamente. Quando ho fatto il provino, ho letto un monologo da Persona e ho pensato: “Questo sarà un film molto speciale”.
L’attrice ha aggiunto che girare la trilogia di Cinquanta sfumature di grigio divenne “qualcosa di folle”, un’esperienza piena di “dissapori”, nonostante sia comunque “fiera di quello che abbiamo fatto”. E prosegue:
Facevamo i ciak come li voleva lei, e poi facevamo i ciak come li volevamo fare noi. La notte precedente [alle riprese di una scena], riscrivevo spesso le scene con i vecchi dialoghi in modo da poter aggiungere una battuta qua e là. Era un caos tutto il tempo.
Dakota Johnson non ha comunque risentimenti verso E.L. James:
Se all’epoca avessimo saputo come sarebbe andata, non credo che nessuno di noi lo avrebbe fatto. Ci saremmo detti: “Tutto questo è psicotico”. Ma no, non me ne pento… Ci sono cose che ancora non posso dire perché non voglio danneggiare la carriera o la reputazione di nessuno, ma sia io che Jamie [Dornan] siamo stati trattati molto bene. [E.L. James] è una brava persona, è sempre stata gentile con me e le sono grata per avermi voluto in quei film.
La star conclude: “È stato ottimo per le nostre carriere”, ma “strano, molto strano”.