James Bond Collection su Prime Video. Ma ha davvero un futuro oltre che un passato 007?

James Bond Collection su Prime Video. Ma ha davvero un futuro oltre che un passato 007?

Di Giulio Zoppello

Arriva James Bond su Prime Video, lo fa con una Collection che comprende in 24 film tutta la cinematografia dedicata all’agente segreto più famoso di tutti i tempi, creato da quell’Ian Fleming che al momento è tornato per così dire in sala, in Operazione Mincemeat.


All’epoca Fleming era un ufficiale dei servizi di spionaggio britannici, e trovò nel suo ambiente così come nella nutrita letteratura di genere di quegli anni, l’ispirazione per lui, per James Bond, nonché per tutti i personaggi ad esso connessi. Ora però la vera domanda è che futuro abbia Bond, che cosa rappresenti o posso ancora rappresentare nel mondo di oggi, così diverso da quello in cui lui è nato.

“Bond…James Bond”

Dodici romanzi, due raccolte di storie. Questo inizialmente l’arsenale narrativo che il cinema poté sfruttare per il personaggio, nato quando Fleming per combattere quella che lui stesso definiva “l’infernale noia della vita coniugale”, pensò di dare fondo alla sua fantasia. Ne aveva a migliaia di storie e incredibili aneddoti e personaggi con cui aveva avuto che fare durante la Seconda Guerra Mondiale. 
“Casinò Royale” fu il primo libro in cui comparve quello che poi sarebbe diventato l’archetipo del maschio alpha per eccellenza, il cui nome era in realtà quello di un ornitologo americano che Fleming ammirava profondamente. Dopo la morte del grande autore, non solo il personaggio cinematografico avrebbe continuato gloriosamente la sua vita, ma anche la sua saga letteraria non si sarebbe fermata. 
Qualcosa che però ora siamo sicuramente obbligati a chiederci se abbia davvero senso, dopo il capitolo finale con cui Daniel Craig ha salutato 007, un epilogo che molti hanno indicato come il momento più rivoluzionario di sempre nella vita del personaggio. 
Altri invece hanno trovato No Time To Die un’operazione stantia e incoerente con l’identità dell’agente, una manomissione finale, l’ultimo capitolo di una sorta di decostruzione di tutto ciò che rendeva James Bond il personaggio che è sempre stato per tutti.


Licenza di Uccidere (Dr. No il titolo originale) nel 1962 mise decisamente i piedi dentro la storia della settima arte soprattutto grazie a lui, Sean Connery. Ex modello di origini scozzesi, per primo pronunciò la fatidica frase “Bond, James Bond”. Dotato di fisico statuario, fotogenia incredibile, viso espressivo e maschio, armato anche di una naturale autoironia perfetta per il personaggio, Connery sarebbe diventato a conti fatti il prototipo stesso di 007. Per quanto poi Fleming avrebbe trovato nello sfortunato Lazenby forse la rappresentazione più fedele di ciò che gli aveva in mente. Ma è un dato di fatto che Bond ha cambiato tutto, per sempre, non solo all’interno del genere spionistico d’avventura, ma anche nella rappresentazione stessa dell’eroe.

Un personaggio molto più complesso di quanto sembri

Il primo aspetto assolutamente da sottolineare, è quanto James Bond sia sempre stato portatore di un sex appeal travolgente, plateale, quasi sfacciato, e come tale elemento lo compenetri completamente, senza però portarlo a diventare un qualcosa di limitato semanticamente. 
Vi erano stati Tom Mix, Errol Flynn, Clarke Gable o Rodolfo Valentino a simboleggiare il concetto stesso di seduttore, ma nessuno lo sarebbe diventato in modo così martellante come lui, come 007, di base portatore anche del concetto di stile per l’uomo da decenni. 
Ma ciò che lo rese unico già da quel 1962, fu il fatto che il film ne mostrò anche l’altra faccia, e non era particolarmente romantica, tenera o idealistica, ma freddamente efficiente spietata. 
James Bond è un agente segreto, come tale deve poter uccidere come schiacciare una mosca, è sovente spietato, calcolatore e implacabile verso i nemici, nonché narcisista e egocentrico. 


Perché James Bond è sempre stato soprattutto solo, sia per scelta via Fleming, sia per come poi è stato riprodotto sul grande schermo, con buona pace delle varie amanti, matrimoni e fughe romantiche dell’ultimo momento. Qualcosa che proprio il nuovo corso di Daniel Craig ha cercato di invertire, trasformandolo a poco a poco in una sorta di figliol prodigo che tornava all’ovile, all’ideale di vita borghese, qualcosa che sicuramente ha fatto mettere le mani in testa ai più affezionati al simbolo di singletudine più cool di sempre. 
La vera domanda è però ora come proseguire, come cercare di andare avanti dopo 24 film, dopo l’ultimo ciclo in particolare, che se da un lato ha aiutato sicuramente a salvare il franchise, che a dispetto della straordinaria presenza di Pierce Brosnan viveva un enorme crisi narrativa, dall’altro ha anche posto delle difficoltà in prospettiva non da nulla. Perché quello che in molti ora si stanno chiedendo è se veramente ha un senso ancora avere un James Bond nell’anno 2022, con una società occidentale alle prese con rivoluzioni intrinseche profonde, con l’inclusività, le differenze di genere che spariscono, con l’ideale di maschio che pare destinato a mutare completamente rispetto al personaggio di Fleming.

Un futuro incerto e pieno di incognite



Si fanno tanti nomi: Tom Hardy, Tom Hiddleston, Henry Cavill, Cillian Murphy. Qualcuno invece vuole un James Bond che si stacchi dalla tradizione, dal fatto di essere sempre stato bianco, e quindi via a sperare che vi sia Idris Elba o Rege-Jean Page.


Ma ha davvero senso discutere della sua fisicità, dell’età, del colore della pelle o origine? Perché il vero problema è come continuare, se far finta che No Time To Die non sia mai esistito, trovarsi in una sorta di universo alternativo in stile Marvel, oppure rendere lo stesso nome di Bond qualcosa di ereditario come il suo nome in codice. Che atmosfera cercare? Che tipo di Bond proporre al pubblico? 
Indietro è molto difficile andare, riproporre il cliché Conneriano della super spia sciupafemmine armata di gadget ultimo modello, abiti alla moda e macchine invisibili, potrebbe rappresentare forse qualcosa di davvero troppo vintage per il pubblico dei nostri giorni. 
Ma è davvero così? Perché se da un lato è innegabile che oggi a farla da padrone siano in sala gli under 25, è anche vero che non sono certamente loro il pubblico di riferimento per le avventure di 007, non solo almeno. Bond da quel 1962 è diventato sostanzialmente una presenza fissa nell’immaginario collettivo, ha cresciuto intere generazioni con le sue avventure e le sue gesta, cambiando sovente pelle, ambientazioni e motivazioni, oltre che interprete. Forse paradossalmente per andare avanti bisogna tornare indietro. 
Non sarebbe poi una cattivissima idea riportare James Bond nel pieno della Guerra Fredda, sposando naturalmente uno stile forse più action, o al contrario un percorso autoriale in cui connetterlo maggiormente al noir o al giallo classico. 
Quello che è certo è che forse la saga si trova nel suo punto più delicato di sempre, anche più di quando in molti pensarono che fosse finita dopo Moore, dopo alcuni tonfi al botteghino. O forse bisogna semplicemente avere il coraggio di essere fedeli allo spirito di Fleming, senza però pensare che questa fedeltà sia fatta di dogmi intoccabili, quanto piuttosto di un’atmosfera, di uno spirito.

Forse non è James Bond che deve cambiare più di tanto, forse deve cambiare il modo in cui egli rimane Bond, con le sue caratteristiche iconiche e suo stile di vita, nel mondo dei nostri giorni. Ma è sicuramente molto più facile a dirsi che a farsi.

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