Holy Spider, come il regista Ali Abbasi racconta la genesi del thriller sul serial killer iraniano delle prostitue

Holy Spider, come il regista Ali Abbasi racconta la genesi del thriller sul serial killer iraniano delle prostitue

Di Andrea D'Addio

In Iran, le donne hanno ancora molte limitazioni in termini di diritti e opportunità. Le restrizioni riguardano l’abbigliamento, le relazioni interpersonali, l’accesso all’educazione e al lavoro. La morale è spesso ritagliata sul pensiero maschile, e non di tutta la società. E così, quando è una donna, una giornalista, a cercare di indagare su una serie di misteriosi delitti di prostitute, la polizia non si muove più di tanto. Alla fine quelle donne “se la sono un po’ cercata”, ma anche se non è così, non è che sia una grande perdita per la società.

Presentato in concorso alla 75esima edizione del Festival di Cannes, Holy Spider di Ali Abbasi è l’indagine per trovare questo killer, ma, come si può intuire, non solo. È un thriller che racconta una faccia dell’Iran di oggi con un’intensità tale da farlo sembrare universale.  Racconta Abbasi a Cannes: “La storia risale al 2000, 2001 quando vivevo ancora in Iran. C’era questo vero ragazzo che ha ucciso 16 donne in un anno ed è stato etichettato come l’assassino dei ragni perché attirava le donne in casa sua e le strangolava, intrappolandole nella sua stessa rete. Non sono un grande fan del crimine vero, ma questo caso è stato speciale perché stava accadendo a Mashhad, che è la seconda città più grande dell’Iran e anche una città molto religiosa. E quando lo hanno preso, si è scoperto che un gruppo considerevole di media conservatori – l’Iran non ha media liberali, ma ne ha meno conservatori e ultraconservatori – e quegli ultraconservatori, hanno iniziato a chiamare questo tizio un eroe. Insomma, c’era una buona parte della popolazione che lo sosteneva. Ho pensato, in quale altra parte del mondo potresti commettere un omicidio e la gente afferma che sei innocente a causa del “dovere religioso”?”.

Continua Abbasi: “Tutto questo era tragico, ma anche molto interessante da un punto di vista drammaturgico. Insomma, è da lì che, per me, è diventato qualcosa di più di una storia di un tizio perverso che uccide delle donne. Che è diventata una storia della società in cui il serial killer vive”.

Nonostante la storia sembri molto “iraniana”, Abbasi ha la capacità di renderla universale. Ci riesce rendendo credibile il contesto e, di conseguenza, a rischio qualsiasi luogo o incontro che viva la protagonista (la bravissima Zar Amir Ebrahimi). Che sia una chiamata notturna o un inseguimento in motorino, tutto è permeato da una violenza che, in piccolo, può percepirsi anche in tante realtà occidentali. Holy Spider riesce ad essere un film politico, senza sbattertelo in faccia, anzi, creando grande intrattenimento.

Apparentemente si potrebbe considerare il suo primo film iraniano (lui è nato a Teheran 42 anni fa), dopo le produzioni scandinave che hanno segnato i suoi primi due lavori, l’horror Shelley (2016) e il grottesco Border (vincitore di Un Certain Regard a Cannes 2018). Non è così. Holy Spider è un film danese ambientato in Iran, ma in realtà girato in Giordania. L’Iran, un film del genere, non lo avrebbe permesso.

Holy Spider uscirà in Italia il 16 febbraio 2023

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