Guerre Stellari ha cambiato per sempre l’industria del cinema

Guerre Stellari ha cambiato per sempre l’industria del cinema

Di Giulio Zoppello

Era il 25 maggio 1977 quando per la prima volta gli schermi di tutto il mondo venivano invasi da Guerre Stellari di George Lucas, un film che contro ogni pronostico non solo si sarebbe rivelato uno dei più grandi successi al botteghino della storia del cinema, ma avrebbe anche per sempre cambiato l’industria, il rapporto tra il pubblico è la sala cinematografica. Quel film avrebbe impresso una rivoluzione totale per quello che riguardava la finalità stessa della produzione cinematografica. A 45 anni di distanza è forse giusto anche il momento di andare oltre la narrazione o i personaggi, di comprendere come e quanto quel film, quella saga, abbiano cambiato completamente l’industria cinematografica.



Il fiasco che diventò un successo

Ancora oggi è assolutamente incredibile constatare quanto nessuno, neppure George Lucas, avesse essere particolari speranze di riuscita per il film, anzi l’amico Steven Spielberg ancora oggi ricorda quanto a lungo dovesse tirarlo su di morale e incoraggiarlo. Spielberg era l’unico forse a credere in quel progetto, in quell’avventura a metà tra un film di cappa e spada, un fumetto di Flash Gordon è un western d’annata.


Lo stesso iter produttivo e di scrittura era stato così complesso, articolato e difficoltoso, che non deve in fin dei conti stupire il fatto che Lucas fosse sicuro di un grave insuccesso, di mettere un’altra pietra tombale sulla sua carriera di regista, che già era stata incriminata dal rifiuto delle major per quello che riguardava American Graffiti.


Il budget non era neppure lontanamente pari a quello che Lucas aveva pensato, e se ci aggiungiamo l’enorme difficoltà durante le riprese in Tunisia a causa del clima e della logistica, nonché il clima di sfiducia e addirittura di lassismo che si verificò negli studi in Inghilterra, non può sorprenderci che appena finite le riprese Lucas pensò di prendersi una vacanza e di non sentire più parlare di quel film.


Lo dovettero di base richiamare a forza quando si resero conto che stava succedendo un vero e proprio terremoto, che quel film aveva contro ogni pronostico catturato l’immaginazione e la fantasia del pubblico mondiale. Superò la soglia dei 300 milioni di dollari, fu salutato dalla critica in modo unanime come un capolavoro, capace di offrire qualcosa di assolutamente diverso e nuovo rispetto a ciò che vi era stato fino a quel momento sul grande schermo. Ma certo nessuno poteva aspettarsi che quel film avrebbe anche cambiato per sempre il rapporto tra l’industria cinematografica e la periodizzazione del mercato, ma soprattutto messo all’angolo quel autorialità ricercata, che da molto tempo ormai mostrava segni di cedimento a dispetto del suo dominio incontrastato nelle sale cinematografiche americane.


Forse nella realtà era soltanto questione di tempo prima che ciò avvenisse, anzi forse era successo addirittura con diversi anni di ritardo, perché in fin dei conti la corsa allo Spazio, lo sbarco sulla Luna, erano qualcosa di troppo potente perché l’immaginario collettivo non chiedesse un tributo alla fabbrica dei sogni hollywoodiana.


Il legame tra due film iconici e rivoluzionari



Ma vi era qualcosa in realtà di più profondo, anche di più antropologicamente intimo e storicamente inevitabile nel successo di Guerre Stellari. A ben guardare non è stato certamente il solo in questa opera di totale rinnovamento e trasformazione delle industrie cinematografiche. E il partner in crime per così dire era uscito solo due anni prima e aveva raccolto parimenti un successo inaspettato e universale, e come le avventure spaziali di Lucas, avrebbe stravolto completamente le logiche di mercato.
Stiamo parlando de Lo Squalo di Spielberg. Esiste un profondo legame tra quel terror movie e lo sci-fi di Lucas. Il film di Spielberg abbracciava parimenti in toto una rivoluzione degli usi e dei costumi della società moderna, la corsa verso le spiagge, le vacanze estive che non erano più solo appannaggio della borghesia ma di tutto il proletariato, delle grandi masse che cercavano piccoli angoli di paradiso nelle spiagge. 
Era un mondo nuovo, anzi no era vecchio, lo avevamo già conosciuto nell’antichità, il merito di Spielberg che fu quello di risvegliare l’atavico terrore di essere divorati in mezzo alle onde da quelle creature marine contro cui non avevamo alcun tipo di difesa. Lucas invece sublimò le fantasie giovanili su un futuro fatto di viaggi interspaziali, guerre combattuta a colpi di laser e alla velocità della luce, nuovi ordini mondiali, tute vistose e creature di altri pianeti. 
Erano due film che ci parlavano del futuro ma anche del presente, risvegliamo in noi la volontà di andare oltre la mera analisi della realtà che il cinema autoriale americano in quegli anni aveva sposato in modo fin troppo rigido e inestricabile. Ma più di tutto, Lo Squalo e Guerre Stellari dimostrarono che la tecnica era il futuro del cinema di intrattenimento, che la commistione tra la parte sonora e la parte visiva, i nuovi effetti speciali, potevano creare mondi immaginifici di incredibile bellezza e suggestione.


Guerre Stellari e Lo Squalo soprattutto cambiarono le logiche distributive, l’estate fino a quel momento era stato sostanzialmente un bagno di sangue o perlomeno un periodo di pausa per le sale cinematografiche. Invece le produzioni e distribuzioni, si resero conto che i mesi estivi erano una miniera d’oro, in particolare per un nuovo segmento di pubblico, che fino a quel momento era stato sostanzialmente ignorato: i giovani.

Una nuova concezione di narrazione


Se il cinema oggi con i suoi cinecomic è soprattutto dedicato agli under 25, ebbene quel processo è cominciato proprio con quei due film, ma in particolar modo con Guerre Stellari di George Lucas.


Fin da subito apparve chiaro che non solo era un film perfetto per i più giovani, ma era anche un film perfetto per far riaffiorare il ragazzo che era nascosto negli adulti, molti dei quali uscirono dalla sala anche più entusiasti dei loro figli o dei loro nipoti.


Spielberg e Lucas del resto sono passati alla storia del cinema come i due registi più connessi all’infanzia, intesa non come una fascia d’età da vezzeggiare a livello narrativo e visivo, ma come un modo di vedere le cose, di guardare i film, soprattutto di un sentimento da risvegliare nel pubblico.


Guerre Stellari, al netto del suo riprendere molto di Kurosawa, era ed è esattamente questo: un racconto, un’avventura trasversale per tutti, capace di unire classicità e sperimentazione, con un comparto di effetti speciali in cui l’immaginazione e una nuova generazione di artisti rivoluzionari, compensarono ad una relativa povertà di mezzi e un cast sfiduciato (Alec Guinness in testa) con l’inventiva, la sperimentazione, quel qualcosa che proprio da quel momento è diventato una sine qua non per l’industria cinematografica. Certo, si può ragionare sicuramente sul fatto che le conseguenze per il mondo del cinema create da Guerre Stellari non siano state tutte positive, ma è innegabile che esso abbia soprattutto dimostrato che il concetto di saga era qualcosa di possibile non solo sulla carta stampata, ma anche al cinema.


Senza quel film, 45 anni fa, non avremmo avuto trilogie, saghe, universi cinematografici con cui siamo cresciuti, la nostra stessa concezione di tempo narrativo non sarebbe la stessa. 
Certo, permane il dubbio che forse abbia potuto risultare troppo ingombrante, non permettere un particolare distanziamento, se non a fatica, grazie a sforzi congiunti di artisti eccezionali e unici. 
Si sarebbero dovuti aspettare capolavori come Blade Runner, Alien o La Cosa per avere un altro tipo di fantascienza, più connessa alla nostra realtà, anche le nostre preoccupazioni. Tuttavia è senza ombra di dubbio innegabile riconoscere a questo fantasy, la genuinità totale del racconto meraviglioso, antico e nuovo assieme perché disinteressato da qualsiasi altra cosa che non sia divertire e appassionare. 
E dire che nessuno ci credeva all’inizio…

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