American Night secondo Garson Yu, la nostra intervista

American Night secondo Garson Yu, la nostra intervista

Di Filippo Magnifico

Il 19 maggio arriva nelle nostre sale American Night, opera prima del regista fiorentino Alessio Della Valle.

Nel cast grandi nomi come Jonathan Rhys Meyers (Match Point, Black Butterfly, Vikings, I Tudors), Emile Hirsch (C’era una volta a… Hollywood, Into the Wild – Nelle terre selvagge, Venuto al mondo), Paz Vega (Rambo V, Parla con lei, Spanglish), Jeremy Piven (Entourage, The Kingdom), Fortunato Cerlino (Gomorra), Michael Madsen (Le Iene, Kill Bill, The Hateful Eight) e Maria Grazia Cucinotta (Il Postino, James Bond – Il domani non muore mai), alle prese con una storia che fonde all’insegna del pulp/neo-noir e dell’arte.

Di cosa parla American Night

I protagonisti di questa pellicola sono fondamentalmente due. Da un lato abbiamo Michael Rubino (Hirsch), che è appena diventato capo di tutti i capi della mafia di New York ma il suo più grande desiderio è quello di poter dedicare la sua vita alla pittura e diventare un grande artista. Dall’altro, John Kaplan (Rhys Meyers), un mercante d’arte disordinato e ombroso ma anche il migliore al mondo per l’individuazione dei falsi. Le strade dei due, apparentemente così distanti, si incontreranno davanti a un bivio di cruciale importanza, quando il furto della Pink Marilyn di Warhol darà il via ad una serie di accadimenti imprevisti che sconvolgeranno le loro vite.

American Night è ambientato nel mondo dell’arte contemporanea di New York. Tutti i personaggi che si muovono nel film hanno in qualche modo un legame con l’arte.
Un inno all’arte sono anche i titoli del film, realizzati dalla nota agenzia creativa con sede a Los Angeles yU+co, fondata dall’artista e designer Garson Yu, che nel corso della sua carriera ha lavorato a titoli come 300, The Walking Dead, The Leftovers e Watchmen.

Possiamo ammirarli grazie a questo video, seguito dalla nostra intervista esclusiva a Garson Yu.

Parliamo della tua carriera. Qual è stato il tuo percorso per diventare un famoso graphic and title designer?

Ho studiato grafica alla Yale School of Art verso la fine degli anni Ottanta, ma il mio interesse è stato sempre per le Belle Arti. Dopo la laurea, sono arrivato a New York City pensando di poter diventare un artista, ma non è stato così. Poi ho conosciuto mia moglie, abbiamo avuto un figlio insieme e ho capito che dovevo trovare un vero lavoro. Mi è stata offerta l’opportunità di poter lavorare come freelance in una società chiamata R/Greenberg Associates. Si occupavano di marketing cinematografico e title design in quel di New York. Sono rimasto affascinato dal lavoro che hanno fatto per i credits di Superman e Alien. Questa cosa mi ha spinto a scoprire tutti i modi in cui il disegno grafico poteva essere sviluppato per una narrazione visiva. Ho iniziato ad appassionarmi ai lavori di Saul Bass e Robert Brownjohn, tra i primi a capire le potenzialità del title design.

Dopo aver lavorato come freelance alla R/Greenberg Associates New York per circa due anni, ho deciso di trasferirmi a Los Angeles e iniziare la mia carriera a Hollywood. Ho continuato a lavorare alla RGA, dove ho realizzato molti lavori e sono entrato in contatto con importanti registi. Dopo un breve periodo trascorso lì, ho capito di essere pronto per proseguire da solo e fondare la yU+co. Tony Scott mi ha offerto l’opportunità di realizzare i credits per il suo film Nemico pubblico, il primo seguito dalla yU+co. Quella stessa estate, ho anche fatto Mission Impossible 2 con John Woo. Abbiamo iniziato a diventare importanti nel settore. Sono passati 22 anni e ho lavorato a oltre 150 film. Sono molto fortunato ad aver lavorato con così tanti grandi registi che si fidano del mio lavoro. Penso che questa sia la chiave del successo in questo settore: guadagnarsi la fiducia del regista e concentrarsi sulla risoluzione di ogni problema che può riguardare la realizzazione di un film.

Nel periodo tra il tuo primo progetto e l’ultimo, in che modo il progresso tecnologico nel tuo campo ha aiutato e influenzato il tuo lavoro?

Quando abbiamo lavorato a Nemico pubblico, il digital compositing era appena agli inizi. Usavamo un hardware/software per il compositing chiamato Inferno. Facevamo la manipolazione in digitale e poi consegnavamo il tutto su un negativo 35mm. Altri progetti venivano prodotti in maniera ancora più tradizionale. Dovevamo tenere presente l’intero processo ottico quando lavoravamo agli effetti. Oggi, tutto è possibile. Una volta dovevamo ragionare in due dimensioni, oggi dobbiamo invece pensare in uno spazio e in forme tridimensionali. Nel caso di American Night, le grafiche dei titoli di testa e dei capitoli hanno richiesto un’esecuzione sofisticata. Sono fotorealistiche e tridimensionali. I titoli di coda sono essenzialmente forme bidimensionali combinate con diversi livelli di colori. La sequenza è a modo suo unica.

Parlando di American Night, qual è stato il processo creativo per la splendida sequenza dei titoli di coda?

Alessio ha suggerito l’idea di utilizzare le clip del film e di integrarle con alcuni capolavori dell’arte moderna. La sfida era trovare la scena giusta da abbinare al dipinto giusto. La chiave del flusso di questa sequenza risiede nelle transizioni coreografiche tra un’opera d’arte e l’altra. Scene cinematografiche, opere d’arte dipinte, transizioni, animazione e musica… tutto è amalgamato da tagli di montaggio. È un bel modo per concludere il film.

Come hai lavorato con il regista Alessio Della Valle? Che tipo di collaborazione avete instaurato?

Ho sentito la prima volta Alessio Della Valle per telefono con il montatore premio Oscar Zach Staenberg. Durante questa chiacchierata sono rimasto particolarmente colpito dalla conoscenza che Alessio ha dell’arte contemporanea e del rinascimento. Abbiamo subito legato ed è nata lì l’idea di creare una sequenza che rendesse omaggio all’arte, sia classica che contemporanea. Le nostre discussioni mi hanno sul serio ispirato a scavare più a fondo per creare quella sequenza, anche se sospetto che Alessio avesse già in mente quelcosa quando ha girato il film. Tutto si è incastrato alla perfezione, da Francis Bacon ai neon di Bruce Nauman.

Negli ultimi anni i titoli di coda sono diventati sempre più importanti, soprattutto con l’affermarsi delle scene post-credit. È necessario catturare l’attenzione in un momento in cui tendenzialmente il pubblico si alza per lasciare la sala. Ovviamente tu ci riesci benissimo, qual è il tuo segreto?

Il segreto risiede proprio nel capire il modo giusto per mantenere alto l’interesse del pubblico. È necessario coinvolgerlo emotivamente e questo risultato si può ottenere attraverso le immagini o il suono, ma alla fine si tratta di mantenere alto il livello di attenzione, fare in modo che il pubblico desideri seguirti. È questo che rende una sequenza vincente.

Al di là dei tuoi lavori, qual è la tua title sequence preferita e perché?

La mia preferita è quella di SEVEN, realizzata dal mio caro amico e collega Kyle Cooper. Contiene tutto quello di cui ho parlato prima. Coinvolge il pubblico sia dal punto di vista emotivo che visivo. Quando senti l’ansia che sale. Allora sei completamente rapito.

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