Prima di The Northman: i Vichinghi tra cinema e TV

Prima di The Northman: i Vichinghi tra cinema e TV

Di Marco Triolo

Il 21 aprile arriverà nei cinema italiani The Northman, il nuovo film di Robert Eggers (The Witch, The Lighthouse) che racconterà un’epopea ambientata nell’era dei vichinghi, i celebri guerrieri marinai che, tra VIII e XI secolo, razziarono e depredarono le coste europee dalle isole britanniche alla Sicilia, finendo anche per conquistare il regno d’Inghilterra. Quando si parla di vichinghi, la storia spesso sfocia nel mito. Il cinema ne ha più volte raccontato le gesta, abbracciandone gli aspetti epici, marciando sui falsi storici (gli elmi con le corna, a lungo tempo associati ai guerrieri norreni) e smussandone i lati più brutali. Negli ultimi anni ci si è messa di mezzo anche la TV, specialmente con la serie Vikings, con la quale Michael Hirst ha realizzato, forse, quella che allo stesso tempo è l’apoteosi e la pietra tombale del filone. Un’opera che parte da salde radici storiche (non a caso era mandata in onda da History Channel) per sfociare senza vergogna in una sorta di fantasy realistico dalle divertite licenze poetiche.

Ed è qui che entra in scena The Northman, preannunciato come “forse il più accurato film sui vichinghi mai fatto“. Eggers ha meticolosamente ricercato usi e costumi dell’epoca, in modo da restituire un ritratto più credibile possibile dell’era vichinga. Ma, e questo è inevitabile, scegliendo comunque di riesumare il mito: la storia di The Northman è infatti basata sulla leggenda vichinga che ha anche ispirato l’Amleto di William Shakespeare. Quella di Amleth (Alexander Skarsgård), in cerca di vendetta dopo l’uccisione del re suo padre.

In preparazione all’arrivo di The Northman, abbiamo pensato di aiutarvi a ripercorrere la storia dei vichinghi al cinema e in televisione, elencando film e serie indispensabili se amate le gesta degli adoratori di Odino…

I vichinghi (1958)

Prima di Vikings c’era I vichinghi, un film di Richard Fleischer (tuttofare di Hollywood che, nella sua lunga carriera, ha diretto Conan il distruttore, Viaggio allucinante e 2022: I sopravvissuti) che racconta l’epopea di Ragnar Lothbrok, qui interpretato da… Ernest Borgnine. Esatto: un italiano alto 1,75 nei panni del più celebre eroe norreno. Succede solo a Hollywood. Nel cast anche Kirk Douglas, Tony Curtis e Janet Leigh. Hai detto niente. Un grande successo che ha generato anche lo spin-off televisivo Tales of the Vikings.

Gli invasori (1961)

Ogni tanto il nostro Mario Bava si allontanava dall’amato horror per raccontare altro. Gli invasori è una di queste occasioni: al centro due fratelli vichinghi, Erik ed Eron (George Ardisson e Cameron Mitchell), cresciuti su fronti opposti, uno dagli inglesi e uno dalla sua gente, costretti a lottare l’uno contro l’altro quando i vichinghi assaltano le coste inglesi. Nel cast anche le gemelle Kessler, che si lanciano in un numero di danza, ovviamente.

Le lunghe navi (1964)

Richard Widmark e Sidney Poitier sono i protagonisti di questa storia liberamente tratta dal romanzo di Frans G. Bengtsson, nei panni di un vichingo e di uno sceicco in cerca di un’inestimabile campana d’oro note come “La madre di tutte le voci”. Classico MacGuffin, classica avventura, una grande coppia d’attori (a cui aggiungiamo Russ Tamblyn). Ci si diverte.

Erik il vikingo (1989)

Una parodia del genere diretta da Terry Jones dei Monty Python, in cui Tim Robbins interpreta un antesignano di Hiccup (vedi sotto), il giovane vichingo che si sente un po’ fuori posto in una società di violenti saccheggiatori e stupratori. E, sempre a proposito di film lungimiranti: qui Eartha Kitt (la prima Catwoman nera della storia) interpreta la dea Freya. Dedicato a chi non ha ancora mandato giù il casting di Idris Elba in Thor… Al centro del film, il viaggio del personaggio di Robbins, Erik, appunto, verso Asgard per fermare il Ragnarok. Nel cast anche Mickey Rooney, John Cleese, Jim Broadbent e lo stesso Terry Jones.

Il 13° guerriero (1999)

Da Mangiatori di morte di Michael Crichton, un film non privo di problemi – Crichton subentrò al regista John McTiernan nei reshoots dopo una serie di proiezioni test disastrose – e allo stesso tempo non privo di un suo fascino. Antonio Banderas interpreta un poeta di corte e diplomatico proveniente da Baghdad – Ahmad ibn Fadlan, una figura storica – inviato come ambasciatore presso i Bulgari del Volga. Durante il suo viaggio, Ahmad incontra un gruppo di vichinghi e si unirà a loro nella lotta contro i Wendol (riferimento a Grendel, nemesi di Beowulf), nemici che arrivano con la bruma e tagliano le teste dei loro avversari. La scena madre: Ahmad impara la lingua dei vichinghi ascoltandoli con pazienza, e lo rivela al momento giusto come un vero califfo.

La leggenda di Beowulf (2007)

La leggenda di Beowulf deriva da un antico poema inglese, che però è ambientato nella Scandinavia pagana del VI Secolo. Quindi prima dell’era vichinga, va detto, ma parliamo comunque di leggende che hanno segnato l’immaginario del Nord Europa nell’Alto Medioevo. E l’immaginario è sempre quello lì: guerrieri irsuti alle prese con mostri irsuti. Peccato che Robert Zemeckis fosse in pieno delirio di onnipotenza da motion capture: fosse stato realizzato in live-action, magari Beowulf sarebbe ricordato come un gran bel filmazzo epico. Comunque, un’occhiata gliela si dà anche solo per contemplare quanto la tecnologia abbia fatto passi da gigante negli ultimi dieci e passa anni.

Pathfinder – La leggenda del guerriero vichingo (2007)

Diretto dal re dei remake dei primi anni 2000 Marcus Nispel, Pathfinder ha una premessa semplice ma divertente: un guerriero vichingo (Karl Urban), abbandonato dai suoi e cresciuto da una tribù di nativi americani, si ritrova a dover combattere contro la sua gente quando i vichinghi fanno ritorno. Il film prende il via dalla comprovata esistenza di insediamenti vichinghi in Canada circa cinquecento anni prima del fatidico viaggio di Cristoforo Colombo. Non se ne fa granché, ma se non altro Pathfinder è godibile.

Outlander – L’ultimo vichingo (2008)

Tecnicamente, Outlander non contiene vichinghi, in quanto ambientato nell’epoca precedente agli stessi, nota come “Età del ferro germanica”, quindi prima delle razzie a bordo dei Drakkar (perciò il sottotitolo italiano suona abbastanza buffo). Ma bando alle sottigliezze: quando c’è Ron Perlman con barba lunga e pellicciotto, inutile opporsi. Anche in questo caso la premessa è meglio dello svolgimento: Jim Caviezel interpreta un alieno che giunge sulla Terra liberando inavvertitamente dei mostri che avevano attaccato la sua nave spaziale. Si tratta, in pratica, di una versione sci-fi dell’antica leggenda inglese di Beowulf e, se la premessa vi stuzzica, magari vi piacerà. E comunque c’è Ron Perlman col pellicciotto.

Valhalla Rising (2009)

Nicolas Winding Refn e Mads Mikkelsen uniscono le forze per quest’avventura cruda e violenta, incentrata su un guerriero muto che, dopo essersi liberato dalla schiavitù, si unisce a un gruppo di crociati diretti verso la Terra Santa. Lo stile di Refn, fatto di un ritmo lento condito con improvvise esplosioni di violenza estrema, non è per tutti, ma è grazie a esso che Valhalla Rising risulta un’opera affascinante e unica.

Dragon Trainer (2010)

A proposito di smussare gli angoli più controversi dei vichinghi, ecco un film che li usa direttamente per dell’ottimo intrattenimento per la famiglia. Hiccup, figlio del capo villaggio dell’isola di Berk, in cui il passatempo numero uno è ammazzare draghi, fa amicizia con un adorabile drago che battezza Sdentato. Inutile dire che la loro amicizia salverà l’isola e aprirà a tutti gli occhi verso un futuro di pacifica e fruttuosa convivenza tra umani e draghi. Non certo quello che viene in mente pensando ai vichinghi, che in quanto a pacifica convivenza verso le popolazioni confinanti non erano proprio dei pionieri. Ma va bene, chi se ne frega, i vichinghi sono sempre belli da vedere e qui hanno pure gli elmi con le corna. È una fantasia, stateci.

Thor (2011)

Rimane poco dei veri miti norreni in questo adattamento del celebre fumetto Marvel a opera di Kenneth Branagh. Eppure non potevamo esimerci dall’includerlo, perché, insomma, parliamo del Dio del Tuono e c’è Anthony Hopkins che fa Odino e Asgard che è una specie di asteroide che vaga nello spazio con sopra un gigantesco organo da chiesa. Branagh tratta la materia come fosse scritta da Shakespeare, tra intrighi famigliari e dialoghi scritti in pentametri giambici. Va bene tutto, basta che ci siano le mazzate: e quelle non mancano.

Vikings (2013-2020) e Vikings: Valhalla (2022-)

Michael Hirst (anche autore de I Tudors) è un pazzo. Ha scritto sei stagioni di Vikings, di cui tre composte da venti episodi, totalmente da solo. Ogni. Singolo. Episodio. Questo ci regala una visione unitaria come poche, nella storia della TV. Vikings è probabilmente l’epopea vichinga definitiva, una serie che ha sbracato in più punti, passando dallo pseudo-realismo alle percezioni extrasensoriali, dalla storia al mito senza se e senza ma. Travis Fimmel e Katheryn Winnick sono due giganti nei ruoli di Ragnar Lothbrok e Lagertha, e trasudano carisma come pochi. Quando Ragnar cede il posto alle generazioni successive, la serie perde un po’ di smalto – e un leading man da paura – ma alla fine si arriva alla conclusione soddisfatti e satolli. Il sequel/spin-off Vikings: Valhalla, partito da poco su Netflix con la prima stagione, sa benissimo di non poter ripetere il miracolo: Hirst si tira indietro e lascia il lavoro ad altri, plurale, coordinati da Jeb “Die Hard” Stuart. I nuovi protagonisti sono convincenti il giusto e inevitabilmente tutti bellissimi, tatuatissimi, barbutissimi. La serie sceglie la strada della violenza più esplicita, con teste mozzate e menomazioni assortite riprese con gusto sadico, e ci infila anche qualche nudo da HBO. Sempre per quel discorso che Vikings non si batte, e quindi è meglio andare all in. Vedremo in che direzione andrà, ma il sospetto è che ci voglia raccontare la fine dell’epoca vichinga e l’avanzare inesorabile della cristianità. Va bene così.

The Last Kingdom (2015-2022)

Sulla scia di Vikings, e sempre su Netflix, è arrivato The Last Kingdom, che si concentra maggiormente sulla nascita della moderna Inghilterra, scaturita dalle guerre tra i danesi e Alfredo il Grande, re di Wessex, il famoso “ultimo regno” del titolo. Ultimo perché i danesi hanno già invaso tutto il resto e solo Wessex è rimasto indipendente. Il protagonista della serie è Uthred (Alexander Dreymon), figlio di un nobile sassone che è stato però catturato dai danesi e cresciuto come uno di loro. A chi darà la sua lealtà, una volta trovatosi nel mezzo di un’aspra battaglia? Guardate la serie e lo scoprirete.

Norsemen (2016-2020)

Creata da Jon Iver Helgaker e Jonas Torgersen, e girata sia in norvegese che in inglese, Norsemen è una sorta di parodia di Vikings che racconta la vita quotidiana in un villaggio di vichinghi norvegesi intorno all’anno 790. Da noi è arrivata su Netflix.

QUI potete vedere il trailer di The Northman.

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