Return to Monkey Island e la scimmia (a tre teste) che ci ha messo addosso

Return to Monkey Island e la scimmia (a tre teste) che ci ha messo addosso

Di DocManhattan

E chi lo ha detto che non ci sono più le sorprese? Ieri pomeriggio, alle 18, mi arriva un comunicato. Ma non è un comunicato come gli altri. C’è solo un breve teaser, accompagnato da due righe di testo: si torna a Monkey Island. Letteralmente, visto che il nuovo capitolo della saga di Guybrush Threepwood si intitolerà proprio Return to Monkey Island. A far sobbalzare il cuoricino di tutti quelli che ai tempi si sono goduti su PC o Amiga i primi giochi della serie è proprio il contenuto dello stringatissimo comunicato. Perché alla guida c’è il creatore della serie, Ron Gilbert, e si torna dalle parti proprio dei primi Monkey Island.

IL RITORNO DEL PADRE DELLA SCIMMIA

“Il seguito, a lungo atteso, dei leggendari The Secret of Monkey Island e Monkey Island 2: LeChuck’s Revenge, realizzato da Terrible Toybox di Ron Gilbert, in collaborazione con Devolver Digital e Lucasfilm Games, in uscita nel 2022!”. Sul comunicato non c’è scritto altro, ma basta e avanza. Perché la seconda buona notizia è che non dovremo neanche aspettare troppo: esce entro l’anno.

Ma torniamo a Ron Gilbert. Ci sono stati altri Monkey Island dopo i primi due, usciti rispettivamente nel ’90 e nel ’91. Nel ’97, con uno stile grafico completamente diverso, è arrivato The Curse of Monkey Island. Nel 2000, su PC e PS2, Fuga da Monkey Island, con la sua grafica poligonale. Nel 2009, l’avventura ad episodi Tales of Monkey Island, di Telltale Games. Tranne che in quest’ultimo caso, dove comunque il suo ruolo è stato marginale, in nessuno dei seguiti usciti dopo il 1991 è stato però coinvolto Ron Gilbert.

Nel ’92, il creatore di Maniac Mansion e Monkey Island, e co-sceneggiatore di altre celebri avventure Lucasfilm Games come Zak McKracken and the Alien Mindbenders e Day of the Tentacle, se n’era andato infatti per la sua strada, fondando una sua compagnia.

return to monkey island

IL TERZO MONKEY RESTA CANON

Avere di nuovo Gilbert alle redini del progetto, affiancato da un altro nome storico quando si parla di avventure Lucasfilm/LucasArts come quello di Dave Grossman, vuol dire ricomporre la coppia di autori che ci ha regalato tutte quelle perle dei primi due Monkey Island. Manca solo Tim Schafer per completare la rimpatriata. Ieri sera i primi articoli su Return of Monkey Island, in mancanza di altre indicazioni, hanno interpretato però erroneamente il testo del comunicato: questo nuovo capitolo NON cancellerà il terzo Monkey, The Curse of Monkey Island.

E questo lo sappiamo sia perché nel teaser c’è Murray, il teschio parlante, apparso per la prima volta proprio nel gioco del ’97, sia perché lo stesso Ron Gilbert lo ha ribadito ieri su Twitter. In risposta ad alcuni commenti, ha scritto: “Monkey Island 3 resterà canon. È una cosa a cui abbiamo prestato particolare attenzione. Murray sarà presente nel gioco”.

Monkey Island

IL CUGINO DI JACK SPARROW

A beneficio dei più giovani, o di chi, pur essendo già in giro nei primi anni Novanta, sia rimasto in qualche modo all’oscuro della saga di Monkey Island – difficile, ma oh, nel mondo succedono le cose più strane – si tratta di una serie di avventure grafiche nata nel 1990 e prodotta dall’allora divisione giochi della Lucasfilm, Lucasfilm Games (poi LucasArts).

“Monkey Island è stato il primo gioco in cui ho sentito di aver finalmente capito come doveva essere un’avventura. Un gioco più chiaro, più ordinato e accessibile a tutti”: molti anni dopo, Ron Gilbert, ideatore e designer principale del gioco, avrebbe riassunto con queste parole ciò che lo aveva spinto a creare quel viaggio a Mêlée Island. Era un gioco pieno di ironia, come quelli precedenti a cui aveva messo mano (i citati Maniac Mansion e Zak McKracken and the Alien Mindbenders), ma era anche qualcosa di completamente nuovo. Brillante, geniale.

Monkey Island

E aveva un ritmo tutto suo, Monkey Island, compassato, perché mentre cercavi il modo di far coesistere un pollo di gomma e una carrucola, non correvi il rischio di schiattare. Gilbert odiava il fatto che nelle avventure per computer popolari a quei tempi, come quelle Sierra, il giocatore si trovasse in continuazione a contemplare una schermata su cui c’era scritto che era morto. E odiava anche le avventure testuali.

The Secret of Monkey Island nasce fondendo le esperienze maturate a partire da Maniac Mansion – è Gilbert, in quell’occasione, a coniare il termine “cutscene”, usato ancora oggi nei videogame per le sequenze filmate non interattive – l’interfaccia SCUMM (Script Creation Utility for Maniac Mansion) per le avventure punta e clicca, e il tema dei pirati. Perché a Gilbert piaceva l’attrazione di Disneyland Pirates of the Caribbean.

Guybrush e Jack Sparrow, in fondo, sono parenti alla lontanissima.

Monkey Island

STORIA DI UN ASPIRANTE PIRATA DAL NOME PROVVISORIO

Al primo gioco, The Secret of Monkey Island, Gilbert lavora con due ventenni, entrati da pochissimo in Lucasfilm come playtester. Sono Tim Schafer e Dave Grossman. Tanti degli aspetti più memorabili di The Secret of Monkey Island furono frutto del caso o della necessità. Guybrush si chiama così perché il grafico Steve Purcell aveva creato il file di un eroe ancora senza nome, “guy”, e il programma, Deluxe Paint, chiamava quei file “brush”. Guy-brush.

L’aspirante pirata indossava una camicia bianca su pantaloni neri perché i colori a disposizione erano pochissimi: la versione originale del gioco era in standard EGA, con 16 colori e una spettacolare risoluzione di, ehr, 320×200 pixel.

Quanto ai duelli a base di insulti, Gilbert li usò per poter inserire nel gioco le classiche sfide da film di pirati, ma senza dover usare delle sequenze action, che non sarebbero piaciute ai puristi delle avventure. E siccome nei vecchi film di pirati con Errol Flynn si perdeva più tempo a parlare che a combattere, Gilbert pensò fosse una buona soluzione una sfida a base di scambi di insulti: “Combatti come un contadino!”, “Molto appropriato. Combatti come una mucca”.

Monkey Island 2

LA VENDETTA DI LECHUCK: VINCONO I PIRATI

Nel 1991, esce Monkey Island 2: LeChuck’s Revenge, su cui Gilbert e gli altri hanno iniziato a lavorare subito dopo aver completato il primo gioco. Senza sapere minimamente quale tipo di accoglienza gli avrebbe riservato il pubblico. Ma nonostante ai primi due Monkey abbia giocato praticamente chiunque, ai tempi, avesse in casa un PC o un Amiga, le vendite non furono affatto stellari. Il tema piratesco riguardava infatti, oltre che i protagonisti, anche tutte le copie fatte in casa in circolazione: centinaia di migliaia di dischetti scambiati tra compagni di classe e colleghi.

Nel 2015, Gilbert spiega sul suo blog che The Secret of Monkey Island non è mai stato un successo commerciale: “Ha venduto bene, ma mai neanche lontanamente come i titoli Sierra”. Il secondo Monkey, acclamato da critica e pubblico, vendette ancor meno del primo, e fu proprio questo uno dei motivi che lo spinsero a mollare LucasArts e fondare nel ’92 con Shelley Day la Humongous Entertainment, software house dedicata ai titoli edutainment per bambini. Portandosi dietro lo SCUMM, con la promessa che avrebbe condiviso con la sua ex azienda ogni modifica e miglioramento apportati alla “Script Creation Utility for Maniac Mansion”.

Pochi anni dopo, Gilbert creerà in seno a Humongous la divisione Cavedog Entertainment, ripartendo da Total Annihilation. Anche dalle avventure Gilbert non saprà tenersi lontano a lungo, tornando a collaborare anche con Schafer e la sua Double Fine Productions (The Cave, 2013).

Monkey Island 3

MALEDIZIONE CARTOON

Quanto al terzo Monkey, The Curse of Monkey Island, viene messo in pista dopo il successo di Full Throttle di Schafer, il canto del cigno delle avventure LucasArts, la prima avventura dell’azienda che supera il milione di copie. Riprendendo proprio alcune meccaniche di Full Throttle, come la gestione dell’inventario. Ma il gioco di Larry Ahern e Jonathan Ackley è molto diverso da quello che Gilbert aveva in mente per chiudere la trilogia di Monkey Island. Per lo stile cartoonoso quanto per la struttura di gioco e il tipo di storia che racconta.

Sembrava sinceramente molto difficile che la sua, sull’argomento, Ron Gilbert potesse tornare a dirla in prima persona. E invece eccoci qua: un nuovo Monkey Island, diretto da lui e da lui scritto, insieme a Grossman. Tempo qualche mese e torneremo a far compagnia a Guybrush Threepwood, ad Elaine, a LeChuck (figurati se non c’è LeChuck) e magari pure a Carla il maestro di Spada, ai cannibali buoni di Monkey Island e soprattutto a Stan, il venditore di vascelli usati. A respirare, si spera, quello che rese così unici i primi due giochi: non era magia, era probabilmente vudù.

L’unico problema, condiviso immagino con milioni di ex giovanotti e giovanotte, è che da ieri pomeriggio ho una scimmia enorme sulla spalla. Una scimmia che, ovviamente, ha tre teste.

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