Su Prime Video è arrivato Laura Pausini – Piacere di conoscerti, un film che vi farà chiedere “Sono su Prime Video, o sul sito del fanclub di Laura Pausini?”. Questo ovviamente se non siete fan di Laura Pausini. Se invece siete fan di Laura Pausini, vi farà probabilmente gridare dalla gioia, quei gridolini che fanno abbaiare tutti i cani del quartiere, e progettare la serata perfetta a base di poke e una bottiglia di rosé (sparo, non ci capisco niente di vini).
Ma questo pezzo non è per i fan di Laura. Questo pezzo è per chi fan non è e si ritroverà, magari per fare piacere alla persona amata o chissà per quale altro strano scherzo del destino, a seguire gli 82 minuti che compongono questa bizzarra, a tratti imbarazzante e a tratti tenerissima, agiografia di una delle cantanti italiane più celebri di tutti i tempi.
Laura Pausini – Piacere di conoscerti non è propriamente un documentario, non è propriamente un film, non è propriamente un biopic. È un po’ di tutto questo, con l’aggiunta di una confessione a cuore aperto riversata, senza troppa logica ma con evidente trasporto, sulle immagini della carriera della Pausini che scorrono sotto, mentre lei si racconta. Non possiamo nemmeno parlare di una voce fuori campo: a volte, le parole della cantante prendono il sopravvento e vengono didascalicamente seguite dalle immagini, anziché accompagnarle. Come se Pausini avesse registrato un audiolibro e deciso solo in seguito di montarlo su delle immagini.
Dietro a Piacere di conoscerti c’è anche un’idea tutto sommato interessante: esplorare una sliding door, con Laura Pausini che si chiede “Che cosa sarebbe successo se non avessi vinto Sanremo?”. Per i non iniziati – e cioè voi, cari lettori! – ricordiamo che Pausini vinse Sanremo giovani nel 1992, a 18 anni, con La solitudine, e fu proprio quella vittoria a lanciare la sua carriera. Fa un po’ ridere che il punto sliding door sia la mancata vittoria e non la mancata selezione, perché la mia prima risposta alla domanda “Che cosa sarebbe successo se Laura Pausini non avesse vinto Sanremo?” sarebbe “Avrebbe comunque fatto la cantante”. Cioè, non è che tutti quelli che sono stati lanciati da Sanremo l’hanno vinto, il festivàl. Vasco Rossi non ha mai vinto a Sanremo, per dire, e Vita spericolata arrivò addirittura penultima.
Ma ok, lo accettiamo. Che cosa sarebbe successo se Laura Pausini non avesse vinto Sanremo? In una serie di scene fiction incasellate dentro il documentario (dirige Ivan Cotroneo, regista de La kryptonite nella borsa), ci viene mostrata la risposta secondo Laura Pausini: avrebbe aperto un negozio di ceramiche (“Ceramiche Pausini”; e oh, le sa fare davvero, come ci mostra una scena che Ghost levati proprio), sarebbe diventata ugualmente mamma (di un bambino, anziché una bambina) e avrebbe proseguito a cantare nei piano bar.
Ma la parte “ucronica” del film non si limita a raccontarci questo: imbastisce proprio una trama, con degli attori (la cui impostazione da fiction di Rai Uno stona non poco con la non-recitazione della Pausini) che interpretano i proprietari di un ristorante che, per qualche ragione, una padrona di casa con una psicologia a metà strada tra Crudelia De Mon e Maga Magò vorrebbe far chiudere. E allora che si fa? A Laura viene l’idea di organizzare una seratona in cui lei si esibirà e il pubblico riempirà il ristorante salvandolo dalla chiusura (come, non si sa). Laura è ovviamente abbastanza nota nei dintorni di Faenza (è pur sempre stata a Sanremo!) da trasformare una serata qualunque al ristorante in un evento. Il che è anche un po’ commovente: Laura Pausini è talmente Laura Pausini che, anche nelle sliding doors, non riesce a vedersi completamente “normale”, pur denunciando la sua normalità a parole in più scene. Più che un “What If” pare il pilot di una fiction di prima serata ambientata a Faenza e incentrata su una intraprendente cantante di piano bar con una sola hit nel suo passato.
L’ossatura della parte documentaristica è invece costruita sulla doppietta di nomination, ai Golden Globe e agli Oscar, del brano Io sì (Seen). Il film inizia proprio con la vittoria ai Globe, con Laura che, in una scena pericolosamente a ridosso del narcisismo, sveglia la figlia in piena notte per dirle “Mamma ha vinto”, riprendendola con lo smartphone a due centimetri mentre il tutto sta già venendo ripreso da una telecamera. Il che sembra quasi voluto, considerando che poi uno dei temi portanti sarà proprio il rapporto con la figlia e la paura di essere una figura troppo ingombrante per lei, al punto da considerare la sconfitta agli Oscar come un ottimo segnale per una bambina che “non deve sempre veder vincere i genitori”. Piacere di conoscerti oscilla tra la consapevolezza di sé e il cringe, ma lo fa sempre con un’onestà che disarma.
Tipo nella scena, verso l’inizio, in cui il film si improvvisa biopic e ci mostra una giovanissima Laura (interpretata da un’attrice che le somiglia moltissimo) mentre prende il treno delle 7.30 e chiede a un’amica “Hai visto Marco?”. Che le vuoi dire? Anche meno? È il suo film, potrà raccontare quello che le pare?
Che poi, anche il documentario non è che sia propriamente un documentario. C’è una scena in cui Laura Pausini dialoga con i genitori, a bordo piscina, seduti su dei puff, loro uno accanto all’altra e lei di fronte a loro. Non esattamente un set-up naturalissimo, se l’intenzione era quella. Si sa che i documentari sono in parte costruiti, ma è importante che non si noti mai. Qui è lampante, e tende a sminuire degli spunti che avrebbero anche potuto essere interessanti, perché fa sempre percepire la telecamera che riprende tutto e uccide la spontaneità. È il principio di Eisenberg elevato a sistema.
Cosa ho imparato su Laura Pausini da Piacere di conoscerti? Ad esempio che sa parlare diverse lingue, tra cui un ottimo inglese, e che è assolutamente sempre on top of her game. Che ha vinto una vagonata di premi – perdonatemi, chi come me non è fan tende a ignorarlo o dimenticarlo – ed è popolarissima in tante parti del mondo. Ma sospetto che informare i non iniziati non fosse lo scopo primario di Piacere di conoscerti. Si tratta palesemente di un prodotto per chi già adora Laura Pausini, possiede tre copie di ogni album – una autografata, una per l’ascolto e una di riserva – l’ha seguita sedici volte in tour, e non vedeva l’ora di bearsi nella gloria riflessa di un’agiografia vecchio stampo, in cui si sottolinea quanto, in fondo, Laura sia ancora la ragazza di un tempo, abbia ancora le vecchie amiche a Faenza, l’amore di una famiglia felice che le ha permesso di superare le difficoltà, e un successo strameritato. Parrebbe tutto estremamente costruito, e in parte di sicuro lo è, se non fosse raccontato con un tale candore in prima persona.
Piacere di conoscerti, nonostante il titolo, è rivolto strettamente a chi già conosce Laura Pausini. È un regalo che la cantante ha fatto ai suoi fan dopo due anni in cui, come tutti, è stata costretta in casa e ha dovuto rivedere le sue priorità. È imbarazzante come lo sono i filmini casalinghi, e forse proprio di questo i fan andranno matti. Chi sono io, chi siamo noi, per dire che tutto questo non va bene?