Dal pluripremiato scrittore Julian Fellowes arriva, il 28 aprile, il film evento Downton Abbey II: Una Nuova Era. Si tratta dell’attesissimo ritorno cinematografico del fenomeno globale nato in tv e ora traslato al cinema con due lungometraggi. Questo secondo capitolo, nei cinema italiani grazie a Universal Pictures, riunisce l’amato cast in un grande viaggio nel sud della Francia, per scoprire il mistero della villa appena ereditata dalla Contessa Madre di Grantham.
La pellicola è diretta da Simon Curtis e scritta dal veterano e co-autore della serie Julian Fellowes. Il ricchissimo cast comprende, tra gli altri, Hugh Bonneville, Laura Carmichael, Jim Carter, Brendan Coyle, Michelle Dockery, Kevin Doyle, Joanne Froggatt, Harry Hadden-Paton, Robert James-Collier, Allen Leech, Phyllis Logan, Elizabeth McGovern, Sophie McShera, Tuppence Middleton, Lesley Nicol, Maggie Smith, Imelda Staunton e Penelope Wilton.
Ma come nasce questo fenomeno e come arriva dalla tv al grande schermo dei cinema? Scopriamolo assieme.
Quando Gareth Neame, (CEO della Carnival Films e produttore esecutivo su Downton Abbey), ha cominciato a parlare a Julian Fellowes di sviluppare una nuova serie televisiva, aveva in mente un adattamento dell’acclamato romanzo di Julian, Snobs. La discussione ha subito ruotato intorno a un argomento sul quale Gareth rimuginava da un po’ e, fortuna ha voluto, i pensieri di Julian erano andati su binari simili.
È stato mentre stavo lavorando a un adattamento del romanzo di Julian, Snobs, che ho pensato per la prima volta che avremmo dovuto davvero lavorare su una serie a episodi ambientata in una tenuta di campagna edoardiana. Prima di tutto perché è un’ambientazione inconfondibilmente inglese e non abbiamo un programma originale come questo da anni, e poi perché io e Julian pensavamo entrambi che fosse un buon terreno da rivisitare.
afferma Neame.
Per scriverla non riuscivo a pensare a nessuno di migliore al mondo di Julian e naturalmente c’era un grandissimo riferimento a Gosford Park, che ha avuto un’enorme influenza nel definire il genere casa di campagna inglese. Ho pensato che se fossimo riusciti a prendere quel periodo e metterlo in una serie da prima serata, avremmo avuto qualcosa di veramente speciale.
Per Gareth ci sono alcuni generi televisivi che sono squisitamente americani e altri che sono unicamente inglesi… e Downton Abbey è uno di questi ultimi.
Julian, nel suo trattamento iniziale che ho letto, aveva una padronanza così grande di questo periodo storico e una comprensione di questo mondo, della famiglia, della servitù e dell’intera ambientazione da rendere chiaro che questa fosse una cosa che lui avrebbe voluto scrivere da molto tempo.
Gosford Park ha avuto una risonanza tra il pubblico di tutto il mondo e quello era un periodo a cui Julian non vedeva l’ora di ritornare.
Non avevo mai scritto una serie televisiva prima e ho trovato che si ha un’eccezionale libertà di sviluppare i personaggi. Il modo di vivere di queste grandi case con la servitù mi ha sempre interessato, già molto prima di scrivere Gosford Park. C’è qualcosa di intrigante in un gruppo di persone che vivono a così stretto contatto ma che hanno aspettative così diverse. Un universo curioso, a fianco dei loro domestici che, in generale, vivono una vita diversa ma sono comunque tanto fortemente gerarchizzati quanto i loro padroni così che, all’interno del loro mondo, il maggiordomo è il Re e la governante la Regina, con tutte le loro speranze e i loro sogni.
Il successo della serie è stato enorme, tanto da portare alla realizzazione di sei stagioni, per un totale di 52 episodi, creando un vero e proprio “Effetto Downton” che ha riportato in auge alcuni elementi caratteristici della saga presso il grande pubblico. L’interesse per il periodo storico e i suoi costumi, così come i paesaggi (il turismo nelle zone tipiche della serie ha subito un pesante incremento) e la moda d’epoca. E non si tratta solo di penetrazione nel sostrato culturale popolare (il Player di ITV, il servizio di distribuzione online del canale di broadcasting, è andato in crisi per diverse ore a causa delle migliaia di persone che hanno cercato di vedere la serie) ma anche in quello dei consumatori di fascia alta: in seguito alla serie, in Inghilterra è aumentata la richiesta di maggiordomi e servitù in genere!
Lo sceneggiatore Julian Fellowes, al tempo dell’uscita del primo film, ha dichiarato:
Il ritorno a Downton Abbey è stato un’esperienza piuttosto straordinaria, a tratti quasi surreale. Abbiamo finito le riprese dell’ultima stagione nel 2015, ci siamo assicurati che tutti i personaggi fossero tornati sani e salvi alle loro vite, li abbiamo salutati festeggiando il momento con una splendida festa all’Ivy Club e questo pensavo fosse tutto. Sembrava però che il pubblico non fosse ancora del tutto pronto a separarsi dai Crawley e dalla loro servitù e le voci su un film sono cresciute al punto che Gareth Neame e il resto della squadra non sono stati più in grado di resistere. E così è nato il film.
Per me, il desiderio di fare un film da una serie è l’espressione di quanto alla gente manchi quello spettacolo e inoltre in Downton Abbey la casa era la protagonista. Sono state le esigenze della casa a guidare tutte le singole storie e il loro amore per la casa a far restare lì insieme la famiglia. Quindi, sapevo fin dall’inizio che saremmo tornati a Highclere per la maggior parte del tempo. Una serie lunga è molto diversa da ogni altro tipo di forma drammatica, sicuramente lo è per lo sceneggiatore ma io credo lo sia per tutti i coinvolti. È l’unico caso in cui scrivi per (o dirigi) performance che ti sono già familiari, interpretate da attori che conosci e apprezzi nei ruoli. Nel caso di una pièce teatrale, di un musical, o della maggior parte dei film, scrivi e (di solito) finisci il copione prima che vengano scelti gli attori. Ma, nel caso di Downton, io guardavo i montaggi degli episodi mentre stavo scrivendo l’episodio quattro della prima serie. Dovevo conoscere questi personaggi, dovevo vedere quello che gli attori potevano farne, e poi ho cominciato a scrivere sui loro punti di forza, di cui questo meraviglioso cast era pieno. Le loro interpretazioni hanno plasmato la narrazione quanto tutto il resto e, dopo sei anni di questo processo, come è prevedibile, ti ritrovi molto coinvolto con queste persone inventate ma che hanno dei sentimenti così reali. Mi hanno sempre domandato quale fosse il mio personaggio preferito, ma la verità è che erano tutti miei preferiti. Erano i miei bambini. Li ho creati con gli attori e sono cresciuto nei ruoli, nel mondo di Downton Abbey, insieme.
Ma scrivere il film non è stato come lavorare alla serie. In un episodio televisivo, dai normalmente delle storie forti a quattro o forse cinque personaggi e gli altri partecipano semplicemente a una di queste. La settimana successiva poi quattro o cinque diversi personaggi avranno la loro storia e il resto del cast li supporterà. In un film invece ognuno deve avere la sua storia e tutte devono essere risolte; questo significa un bell’intrecciare.
Gareth Neame, produttore, racconta come si è passati dalla serie tv al considerare e, poi, realizzare i film:
Abbiamo cominciato a parlare del film di Downton intorno alla terza o quarta stagione della serie televisiva. Credo che a quel punto non sapessimo esattamente quante stagioni avremmo realizzato, ma ci eravamo sicuramente resi conto che la serie era molto popolare e che aveva una qualità cinematografica. Abbiamo pensato che avrebbe funzionato e si sarebbe adattata bene al grande schermo.
Piantato il seme, abbiamo iniziato a parlarne seriamente intorno alla quinta e sesta stagione. Abbiamo deciso che avremmo concluso la serie TV dopo la sesta stagione, troppo presto per molte persone. Penso che avremmo certamente potuto fare almeno un’altra stagione ma volevamo fermarci quando eravamo sulla cresta. Il fatto che abbiamo potuto dire ai fan che lo spettacolo sarebbe finito con la sesta serie ma che speravamo di tornare con un film, ha indorato la pillola.
Sempre Neame ha detto la sua su alcune delle differenze più eclatanti tra il realizzare una serie e un film, pur sullo stesso soggetto:
Volevamo fare un passo indietro dal realizzare storie a episodi settimanali e fare qualcosa che fosse più come un evento da grande schermo. La differenza fondamentale è che in una serie televisiva con venti personaggi, ogni personaggio ha un paio di episodi in cui essere alla ribalta e un paio in cui sta un po’ sullo sfondo. Il pubblico riesce a vedere l’intero ensemble e godersi le loro storie nel corso di tutta la serie. Nel film hai solo due ore e quei venti personaggi devono davvero farsi tutti strada. Non molti film hanno così tanti personaggi perciò, scrivere un copione in cui una storia impegnasse tutti i personaggi, è stata una vera sfida. Avevano tutti dei ruoli significativi da interpretare nella storia. Comporre delle storie per ogni personaggio è stata una vera sfida nella fase di sviluppo della sceneggiatura. Volevamo assicurare che i personaggi rimanessero insieme. Visto che non siamo andati in onda per tre anni, sentivo fortemente che i fan volevano tornare a quel luogo: si chiama “Downton Abbey” per una ragione. È quel distretto ed è molto importante ritornarci ma in scala più grande e, speriamo, più maestosa. Quindi torniamo in quel luogo che la gente ama.
Ha inoltre parlato di cosa ha significato per lui, personalmente e nel rapporto col pubblico:
Quando la serie televisiva è finita ho fatto molte dichiarazioni sulla possibilità di fare un film e sembrava una sorta di contratto stipulato con i fan. Al tempo non sapevo se questo sarebbe stato possibile. Significava allineare 20 e più agende e avere un copione che ci soddisfacesse, per non parlare del fatto di dover trovare i soldi per farlo. C’erano molti ostacoli lungo la strada, ma io sentivo che se non fossi riuscito a realizzare il film avrei in qualche modo tradito i fan e quindi volevo davvero farlo.
È stato un enorme viaggio per noi; è passato più di un decennio da quando ho proposto l’idea per la serie a Julian Fellowes. Abbiamo cominciato la pre-produzione nel 2009 e nel 2019 abbiamo visto l’uscita del [primo] film: questo significa che ho lavorato a Downton Abbey ogni singolo giorno per dieci anni. Realizzare il film e farlo uscire è stata la vera ciliegina sulla torta.
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