Cinema Recensioni

Bentornata Downton Abbey. Ci sei mancata tanto.

Pubblicato il 29 aprile 2022 di Giulio Zoppello

Torna Downton Abbey, lo fa con un secondo capitolo cinematografico arrivato a 3 anni di distanza dal primo, che incassò quasi 200 milioni di dollari a fronte di una budget di soli 15, per confermare che non sempre piccolo e grande schermo sono così irrimediabilmente separati.


Ora ecco arrivare il seguito, con un cast nutrito e affezionato come il suo pubblico e che annovera naturalmente Maggie Smith, seguita a ruota da Hugh Dancy, Michelle Dockery, Nathalie Baye, Hugh Bonneville, Laura Haddock, Matthew Goode ed Elizabeth McGovern. 
Tra Francia e Regno Unito, in un mondo in trasformazione nelle arti e nella società, è di nuovo il momento di infilarsi tra intrighi e misteri, costumi d’epoca e dialoghi che scorrono come vini d’annata tra quelle stanze e tra quei personaggi così distanti eppure così vicini.

Tra cinema sonoro e misteriose eredità

In Downton Abbey 2 – Una nuova era troviamo Simon Curtis (Marilyn e Woman in Gold) alla regia e naturalmente sua maestà Julian Fellowes alla sceneggiatura per trasportarci nel 1929, nella residenza inglese per eccellenza, che la serie In 6 stagioni ha reso il simbolo stesso di un’epoca, travalicando gli stessi limiti cinematografici dell’Inghilterra che ama parlare di sé, di quel passato nutrito come una sorta di era dell’oro perduta tra i due conflitti mondiali.


Ed il mondo sta cambiando sul serio, i confini diventano più labili, le classi sociali si rendono meno rigide, ma soprattutto la residenza viene scelta per poter ospitare uno dei primi film sonori, simbolico atto della trasformazione che è il vero, grande tema che Fellowes sceglie per questo secondo capitolo cinematografico. 
Contemporaneamente, ci ritroviamo catapultati nella bellissima Costa Azzurra, che all’epoca era un vero e proprio parco naturalistico per artisti immortali o aspiranti tali, ma soprattutto luogo di incontro per le élite europee più variegate. 
Ed è qui che Lady Violet scopre di avere ereditato la bellissima Villa de Colombes, ed è quanto basta per far sì che il figlio Robert vi si rechi assieme alla moglie e al genero Tom, per cercare di vederci più chiaro sul perché di quella eredità, frutto di una vecchia storia d’amore.


Intanto però la mitica Downton è il palco in cui va in scena una doppia rivoluzione, quella del cinema che da muto diventa sonoro e della cappa di vetro che protegge la tenuta dalla modernità e dal resto del mondo. 
Il tutto naturalmente con il solito muoversi di intrighi, misteri, scontri tra diverse concezioni del mondo e probabili scandali. Ancora una volta il continuo incrociarsi di destini e personalità che trovano per ognuna il loro posto all’interno di quella tenuta dello Yorkshire, renderà questa nuova avventura inglese il posto dove amiamo tornare tutte le volte che vogliamo riabbracciare un’atmosfera tanto uniforme quanto in realtà sorprendente.

Tra innovazione e conservazione

Downton Abbey 2 – Una nuova era bene o male non fa mistero di essere un prodotto cinematografico studiato e pensato per quel vastissimo numero di persone, che per anni si sono lasciate rapire da questa saga televisiva a metà tra innovazione e conservazione dei cliché narrativi che hanno reso il Regno Unito post vittoriano qualcosa di unico nel suo genere.


Quei personaggi, le loro caratteristiche, dinamiche interne, ritornano in modo prepotente, grazie ad una scrittura coerente ma anche saggia nell’ allontanarsi dal già visto e già sentito, nel cercare comunque di perseguire il medesimo fine che ha sempre reso Downton Abbey unica nel suo genere: far comprendere come quell’epoca non fosse poi così tanto distante dalla modernità, della nostra contemporaneità.


Se ci si pensa è una negazione stessa di uno dei punti cardine che rendono tali operazioni ancora oggi apprezzatissime: l’immobilità. Il che poi ci porta anche a riflettere sul perché questa tradizione narrativa d’oltremanica, Downton Abbey a parte, abbia ancora oggi un successo così incredibile, a dispetto di stravolgimenti sociali e artistici. 
Basta pensare a quanto hanno conquistato il mondo serie come The Crown, a Spencer di Larrain, per finire poi con quella Bridgerton che di tutto questo è una sorta di ibrido pop-corn spurio ma fedele nell’anima sotto false vesti. 
Ebbene questo film può darci forse la risposta, in virtù di una capacità incredibile di andare oltre una narrazione classista che sovente ha reso altri epigoni alla lunga così sterili, di abbracciare in pieno il compito di essere eredità di ciò che Altman e Ivory sono stati per tanti anni. 
Lì tra le mura di Downton Abbey in fin dei conti quello che vediamo è uno spaccato sociale, l’analisi di un universo composto da vari livelli tutti però uniti e coesi al di là delle differenze, nel cercare di sopravvivere al cambiamento, alla storia che li obbliga ad adattarsi, ai piccoli e grandi drammi della loro esistenza.


Molto più di una telenovela retrò inglese



Si potrà sicuramente dire che anche questo film forse fa un elogio un po’ troppo spinto dell’Inghilterra che fu, del suo essere bene o male un simbolo dell’immobilità in eterno movimento, di come anche forse accarezzi troppo per il verso giusto il classismo che ancora oggi rende questo paese qualcosa di diverso da tutti gli altri.


Eppure la costruzione narrativa, l’interazione tra i personaggi, i dialoghi, senza naturalmente volersi poi trovare a scadere nell’ovvio elogiando la bellissima dimensione visiva, rendono tutto questo incredibilmente seducente, foriero di una fruizione accattivante, in cui la scrittura e i dialoghi regnano sovrani. Non è un qualcosa da niente, ma un elemento che il cinema e la serialità televisiva oggi spesso lasciano da parte, e sono il mezzo attraverso il quale comprendiamo i personaggi, le loro motivazioni, le loro reazioni a ciò che gli succede. 
Downton Abbey anche in questo secondo film ci fa innamorare di quel piccolo microcosmo quasi fosse una sorta di esperimento diegetico in cui verificare ancora una volta l’importanza del secolo breve, con gli sconvolgimenti della Prima Guerra Mondiale, il dramma del dopoguerra e i ruggenti anni Venti.


Un caso che ora arriviamo in questo 1929, ad un passo dalla Grande Depressione che cambierà il mondo per sempre? Cambieranno anche Downton Abbey e i suoi abitanti? Ma se sono sempre cambiati? Senza contare poi come anche qui permanga anche all’onestà di rendere comunque la dimensione totalmente differente delle vite di chi è chiamato a servire Lady Violet e gli altri.


Tra quegli altri anche due divi del cinema che fu, personaggi inventati ma che in realtà sono perfettamente rappresentativi di quello che era l’industria cinematografica del tempo, della destabilizzazione totale che portò nella visione del mondo tra le classi più agiate. Downton Abbey 2 – Una nuova era probabilmente non riuscirà nel miracolo commerciale del primo, la pandemia è troppo forte anche per Lady Violet. Tuttavia rimane un’opera deliziosa, forse non così accessibile per i profani della serie d’accordo, ma che di certo aumenta la qualità per il cinema di intrattenimento attuale, soggetto ad un impoverimento tematico davvero sgradevole.