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Upload è cambiata molto. E forse non serviva

Pubblicato il 13 marzo 2022 di Giulio Zoppello

Per una serie TV di successo, diventata tale già nella sua prima stagione ed indicata come un mix perfetto di creatività e ironia grottesca, mutare pelle, cambiare anima può essere un grosso rischio, soprattutto nel momento in cui si procede sostanzialmente rivoluzionare l’iter diegetico e la sua struttura.

La seconda stagione di Upload si è presa questo rischio, ha deciso che era il momento di evolversi, di staccarsi dalla sua natura essenzialmente comica e dissacrante, ed abbracciare invece qualcosa di incredibilmente più distopico e drammatico, cercando in un qualche modo di non rimanere schiava di una composizione che difficilmente poteva essere applicata con successo ancora una volta. Ma forse non è stata una grandissima idea…

Il Paradiso digitale all’improvviso

Upload ci aveva guidato in un futuro non poi così irreale, dove dopo morti la propria coscienza on-line può sopravvivere in una sorta di limbo dantesco hi-tech, dove dietro pagamento si può ottenere ogni tipo di privilegio e far perdurare la propria coscienza in eterno, mantenendo grazie ad assistenti noti come “Angeli”, il contatto con il mondo reale.

Sostanzialmente i cari che abbiamo lasciato su questa terra potranno continuare ad interagire con noi, dietro naturalmente il giusto prezzo, che dà accesso a diversi gradi di lusso e di intrattenimento. 
Una simulazione? Un’illusione per rapporti ormai sconfitti dalla Morte o dalla realtà materiale? Si. E no. Perché nella realtà dei fatti, citando Matrix Revolutions, l’interazione è una parola, ma conta ciò che quella parola contiene e significa. 
O almeno così lo pensava all’inizio Nathan (Robbie Amell), morto in circostanze misteriose, ma ancora in contatto con la ricca e ansiosa fidanzata Ingrid (Allegra Edward) tramite appunto Upload.

L’aldilà digitale in cui si trova, chiamato Lake View, però si era rivelato un regno dell’apparenza, che a dispetto dell’aiuto portato da Nora (Andy Allo), l’Angelo di Nathan, non compensava la sua mancanza di materialità e soprattutto di genuinità. 
In breve tra Nathan e Nora era poi cominciata l’evoluzione di un rapporto diventato molto più stretto ed intimo di quanto permesso dalle regole, Ingrid si era trovata alle prese con dubbi esistenziali e le critiche della sua famiglia. Lo stesso Nathan, oltre che diviso nei sentimenti, non voleva più dover dipendere dai soldi di Ingrid.

Tra complicazioni, paradisi virtuali alternativi e risate, si erano fatti strada anche inquietanti misteri e tentati omicidi, con cui Upload era però riuscita a creare un mix leggero e gustoso.
Assieme, vi era un’eloquente e divertente metafora della tecnocrazia in cui viviamo così come del contrasto tra identità reale e identità digitale nella società moderna.

Dalle risate al dramma

Ora ecco arrivare la seconda stagione, in cui scopriamo con orrore che Ingrid non è riuscita a fare a meno di Nathan, ed ha deciso di seguirlo nell’aldilà digitale, forte della sua potenza economica. 
Intanto Nora pare ormai decisa a sposare la causa di quei neo-luddisti fanatici, per i quali la tecnologia è il demonio, e a perseguire uno stile di vita pre-elettronica.

Ma è proprio la morte di Nathan ad essere molto più al centro di questa seconda stagione, la scintilla che guida ad una svolta radicale per quello che riguarda l’atmosfera della serie, che se nella prima stagione era dominata soprattutto dell’elemento comico e demenziale, qui invece diventa sempre più connessa a quello distopico, oscuro.

Di base gli intermezzi comici paiono quasi delle pause all’interno di un thriller che mano a mano che si va avanti nei diversi episodi, diventa sempre più connesso a temi politici attuali, ad visione della società come una gabbia per il libero arbitrio.

A questo elemento già di per sé sorprendente, va anche considerato il fatto che lo stesso Nathan venga sorprendentemente messo quasi in disparte in favore di Nora, così come anche di altri personaggi che fino a quel momento avevamo reputato sicuramente più secondari quali Aleesha o Luke. 
Upload decide quindi di avere nel proprio iter diegetico questa imminente guerra sotterranea tra due fronti, in cui in gioco vi è il concetto di futuro dell’umanità. 
La scelta è semplice: o si abbraccia in toto una tecnologia ormai andata ben oltre i limiti della moralità o si sposa quella che più che una copia della tanto decantata decrescita felice, è sostanzialmente un regresso, con annessi danni collaterali emotivi a quanti tramite Upload sono in contatto con i loro cari.

Eccesso di ambizione e serietà?

Di solito si dice che bisogna adattarsi per non morire, tuttavia questa seconda stagione di Upload potrà sicuramente lasciare in molti interdetti, visto che il cambio totale di atmosfera e di tematiche, ma più ancora l’espansione del world building della serie, appaiono forse non perfettamente giustificati.

Perché farlo se la prima stagione nella sua semplicità ironica, nella sua parodia, era comunque ricca di contenuti e riferimenti all’individualismo sfrenato, all’incapacità di accettare i limiti che l’umanità oggi ha abbracciato totalmente?

Per ora la critica il pubblico si sono divisi circa la coerenza di questa rivoluzione, ma è fuor di dubbio che in fin dei conti, anche questa seconda stagione fornisca degli interrogativi non da nulla, ma soprattutto prefigura un futuro conflittuale che ci suona davvero familiare. 
Meno apprezzabile è invece come abbandoni il rovesciamento di prospettiva tra realtà e finzione, così come non suggerisca più la sempre maggior influenza della realtà videoludica nel nostro vissuto quotidiano e nella nostra visione del mondo. 
Di base Upload in questa seconda stagione pare voler scegliere un’altra modalità di porre gli stessi interrogativi, solo meno leggera, meno spensierata e anche oggettivamente meno creativa.

Forse si sarà pensato che le risate nascondono anche una sorta di disimpegno, quando invece spesso sono il perfetto mezzo per esprimere una profondità, che non deve per forza vestirsi di serietà.

Pare naturale vedere un qualche eccesso di ambizione in questa strada presa di posizione da parte di Greg Daniels, uno a cui dobbiamo The Office, Space Force e anche alcuni dei migliori episodi dei Simpsons.

Diciamo che forse questa volta la trovata gli è venuta meno bene di altre, che forse non era il caso. Il fatto che poi tutto questo succeda su Amazon Prime Video, facente riferimento ad uno di quei colossi che la nostra vita non l’ha esattamente migliorata al 100%, rende la cosa alquanto strana…