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The Batman, la recensione

Pubblicato il 01 marzo 2022 di Lorenzo Pedrazzi

Anche Batman, come tutte le icone dell’immaginario collettivo, non è un monolite immutabile. Se l’evoluzione è la chiave della sopravvivenza, ogni Uomo Pipistrello stabilisce un dialogo con le istanze del suo tempo, le ascolta e ne viene modellato. Matt Reeves ha capito che, per rilanciare il Cavaliere Oscuro sul grande schermo e renderlo ancora rilevante, non è possibile ignorare il mondo che si agita là fuori: al contrario, bisogna coglierne le spinte vitali, le lotte di classe, i conflitti sociali, e sintetizzarle in quel microverso che è Gotham City. Proprio questo fa The Batman, blockbuster ambizioso e raffinatissimo che dimostra fin dal principio di avere molto da dire.

Anno Due

Non ci sono preamboli, né storie di origini. Reeves ci proietta direttamente nel secondo anno dell’eroe, trovando una via di mezzo tra le incarnazioni del passato: questo Batman (Robert Pattinson) è ancora agli inizi, ma collabora già con Jim Gordon (Jeffrey Wright) e la sua presenza è ormai ben radicata in città. I criminali hanno imparato a temerlo: basta il suo simbolo proiettato nel cielo per spaventarli. Nelle rare occasioni in cui non insegue i malviventi, Batman vive da recluso come Bruce Wayne, ossessionato dalla sua “missione” e dalla morte dei genitori. Solo Alfred Pennyworth (Andy Serkis) gli fa compagnia, mentre cerca di spronarlo a occuparsi degli affari di famiglia.

Il punto, però, è che in questo film i rapporti di forza sono ribaltati, soprattutto se pensiamo alla trilogia di Christopher Nolan: non è Bruce Wayne a nascondersi dietro la maschera di Batman, ma Batman a nascondersi dietro l’apparenza di Bruce Wayne. La maggior parte dello screen time è per l’Uomo Pipistrello, non per il suo alter ego. Batman, insomma, è la personalità dominante, mentre Bruce un semplice intralcio che gli serve a muoversi indisturbato di giorno. Quando il misterioso Enigmista (Paul Dano) comincia a uccidere le più alte cariche di Gotham, il Cavaliere Oscuro viene chiamato in causa dagli indovinelli del criminale, e deve indagare sull’anima corrotta della città: una ricerca che lo porta a mettere in discussione il suo stesso ruolo, la sua stessa natura.

Gioco di sguardi

L’intreccio è piuttosto esteso, al punto da giustificare una durata che a prima vista sembra eccessiva (ma regge bene, nonostante qualche piccola caduta di ritmo). Matt Reeves e il co-sceneggiatore Peter Craig riescono a far convivere Catwoman (Zöe Kravitz), il Pinguino (Colin Farrell), Carmine Falcone (John Turturro) e lo stesso Enigmista nella medesima trama, senza forzature, ma stringendo progressivamente il cerchio attorno ai veri colpevoli. In effetti, The Batman riporta l’Uomo Pipistrello alle sue radici di detective, e i risvolti più avventurosi – pur presenti e molto spettacolari – sono quasi marginali rispetto all’indagine.

Non a caso, il regista imposta un discorso sullo sguardo che ricorda il cinema noir e il genere spionistico, più che i cinecomic. La scena iniziale è emblematica: vediamo una soggettiva dell’Enigmista che osserva la sua vittima tramite un binocolo. Nel corso del film, soprattutto nella prima parte, questo gioco di prospettive si ripete, spesso con Batman come osservatore: anche lui con un binocolo, attraverso uno schermo, tramite le telecamere celate nelle lenti a contatto… insomma, un voyeurismo di occhi elettronici che rievoca l’ossessione scopica del nostro presente, agevolata dalla moltiplicazione dei sistemi di ripresa. Un gioco che guadagna sottotesti morbosi, quasi sessuali, quando l’Uomo Pipistrello scruta Catwoman da una finestra, o si cala nel suo punto di vista grazie alle telecamere. C’è qualcosa di depalmiano in questa rete di sguardi che penetrano laddove non dovrebbero, e dimostra come The Batman abbracci orizzonti cinematografici più ampi rispetto alla media dei film supereroistici.

Il mondo là fuori

Orizzonti che comprendono anche la realtà contemporanea e il suo Zeitgeist. Il Batman di Reeves è inserito in un mondo dove le disparità economiche sono sempre più marcate (tema sfiorato anche da The Dark Knight Rises, ma in modo più reazionario), e l’odio sociale dell’Enigmista trova giustificazione nell’ingiustizia del “sistema”. Pur ispirandosi a Zodiac, il cineasta rilegge questo supervillain alla luce dei nostri tempi, caratterizzandolo come una via di mezzo fra il terrorismo interno di destra e l’estremismo incel. In fondo, anche il rapporto misto di rivalità e ammirazione con Batman non ricorda quello che spesso intercorre tra gli incel e i cosiddetti Chad? La complementarità fra eroe e antagonista è una verità scomoda, che spinge l’Uomo Pipistrello a una profonda autoanalisi.

In tal senso, The Batman non è la storia delle sue origini materiali (ovvero: come si è addestrato, perché si veste da pipistrello, come ha costruito l’equipaggiamento, ecc.), ma della sua genesi morale. Per la prima volta, Bruce Wayne viene messo di fronte al suo privilegio socio-economico, e costretto a un paragone impietoso con i drammi altrui: riflessione inevitabile in un’epoca dove il white privilege e le lotte di classe sono al centro del dibattito. La sceneggiatura di Reeves e Craig nasce dall’esigenza di rielaborare simili tematiche nella narrazione popolare, consapevoli che anche una leggenda come Batman debba dialogare con il presente per continuare a vivere. È proprio in questa commistione di lucidità intellettuale e racconto eroico (alimentato dalla splendida colonna sonora di Michael Giacchino) che The Batman trova la sua sfaccettata, affascinante identità.