Moon Knight: cosa ci hanno detto i primi quattro episodi (no spoiler)

Moon Knight: cosa ci hanno detto i primi quattro episodi (no spoiler)

Di DocManhattan

Ci sono due Moon Knight, e sono tutti e due nella testa di Oscar Isaac. Se avete visto anche solo il trailer di Moon Knight, la nuova serie MCU che debutta domani su Disney+ con un episodio a settimana, o se conoscete il personaggio Marvel omonimo su cui si basa il tutto, saprete che al centro della questione c’è un eroe affetto da disturbo dissociativo dell’identità. Quello che un tempo si chiamava disturbo di personalità multipla. Ma ci sono due Moon Knight anche in un altro senso: per il pubblico. C’è quello che alcuni fan dei fumetti potrebbero aspettarsi da una serie su un eroe nato come la risposta Marvel a Batman, condita da problemi di identità e dal tema egizio, e quello che invece è l’approccio di tutti gli altri. Perché quello che abbiamo capito, dopo aver visto in anteprima i primi quattro episodi (su 6) di Moon Knight, è che si tratta – come speravamo – di uno show molto diverso da quelli che lo hanno preceduto in questo corso televisivo dell’MCU. Tranquilli, niente spoiler.

Moon Knight recensione

DILLO ALLA LUNA (PUÒ DARSI CHE PORTI FORTUNA)

Chi è Marc Spector? E Steven Grant? Perché Oscar Isaac nel trailer in lingua originale parla con quell’accento british posticcio? E qual è il ruolo di Ethan Hawke in tutto questo? Tutto nei primi episodi trova risposta, ma nuove domande fioriscono presto, prendendo il posto delle prime. Quando Moon Knight è stata annunciata, conoscendo la natura del suo protagonista, soprattutto per come è stato raccontato negli ultimi otto anni, speravo fortemente in un qualcosa alla Legion. Una serie del 2017-2019 su un essere per cui da grandi poteri erano derivati grandi casini mentali, legata al mondo degli X-Men (il protagonista era il figlio di Charles Xavier), ma non all’MCU.

Un approccio che, in quanto a personaggi Marvel e più in generale a serie sui supertizi, era finora piuttosto unico. Ecco, se vi è piaciuta Legion, adorerete Moon Knight. Immaginate un qualcosa a metà tra il “ma sono stato davvero io?” di Fight Club, il mood di Legion e una secchiata di mitologia egizia, visto che tutto ruota attorno a una specie di shinigami che segue Oscar Isaac: il dio della luna dell’antico Egitto, Khonshu (in realtà Khonsu, ma nel creare Moon Knight nel ’75, Doug Moench e Don Perlin hanno aggiunto una H in più).

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IN OTHER WORDS, HOLD MY HAND

Dicevamo: quella che si snoda in questi primi quattro episodi è un’avventura un po’ alla Indiana Jones, molto da matrioska mentale, con il sovrapporsi delle personalità del protagonista e sostanzialmente la loro lotta per il controllo del corpo che condividono. E fin qui, è quello che si percepiva dal trailer, e funziona. Il personaggio di Hawke viene presentato da subito come un santone inquietantissimo, il ritmo e il concatenarsi degli eventi rendono Moon Knight profondamente diversa rispetto alle sue sorelle, le serie MCU che l’hanno preceduta.

Ma allora cos’è che potrebbe dividere i fan? Proprio l’originalità della formula, per iniziare. Perché di super-eroico, nei primi quattro episodi, c’è davvero molto poco. Chi si aspetta un Batman che ha approfittato della fiera del bianco alla Coin per rifarsi il guardaroba, o il Moon Knight delle origini, che giocava a fare all’occorrenza il tassista per “raccogliere informazioni”, si ritroverà decisamente spiazzato.

Questo è infatti un Moon Knight figlio di cicli di storie più recenti. Non è il Moon Knight disegnato da Bill Sienkiewicz negli anni 80 o l’eroe dalla muscolatura esplosiva ritratto (alla McFarlane) da Stephen Platt a inizio anni 90 o da David Finch del decennio successivo. Questo è un Moon Knight fortemente debitore di saghe come Moon Knight: Dalla morte (2014), di Warren Ellis, e Moon Knight: Lunatico (2016), di Jeff Lemire e Greg Smallwood.

Più che un eroe della luna, un eroe lunatico e basta.

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CARRIED AWAY BY THE MOONLIGHT SHADOW

Tanto, tantissimo viene da lì. Dal nuovo modo di rileggere tutto quello che di Moon Knight ci è stato detto in precedenza. Con un bel punto interrogativo su buona parte di quel racconto: cosa è vero? Cosa è frutto della mente disturbata di quest’uomo, lì a ballare il limbo da anni sotto l’asticella della follia? Nei poster ufficiali della serie avrete visto l’altro costume bianco, il completo elegante con la luna cucita sulla maschera da rapinatore: il costume di Mr. Knight. Viene anche quello dalle storie del decennio scorso (nello specifico la run scritta da Ellis), così come il nuovo look di Khonshu.

E di nuovo: se vi piace quel Moon Knight, c’è il forte rischio che adorerete questa serie. Sì, nonostante il finto accento cockney di Isaac sia al livello Dick Van Dyke in Mary Poppins.

Ma di divisivo potrebbe esserci anche la caratterizzazione data a Steven Grant. Il trailer prometteva una serie tutta tesissima, magari con qualche spruzzata di horror psicologico. C’è, ma c’è anche che per alleggerire un attimo il tono, proprio la versione del personaggio che parla con l’accento inglese finto è, sostanzialmente, un Giandomenico Fracchia. Un alfiere della sfiga che si ritrova, senza che faccia in tempo a rendersene conto, al centro di una spy story con divinità egizie, culti folli, morti ammazzati. Un Fracchia che la belva umana ce l’ha nascosta nella testa, ecco.

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QUALCOSA FARÒ, MA ADESSO NO

Bilanciando le due cose, e tenendo presente che la metà fantozziana dell’equazione serve – come sempre – a far vedere che farebbe uno di noi in una situazione del genere (fuggire e impazzire, grosso modo), la ricetta regge, e il piatto che ne viene fuori ha un gusto diverso, nel ristorante chiamato MCU. Poi, ovvio, forse un suo equilibrio Spector riuscirà a trovarlo, a diventare un eroe metropolitano stabile e come tale arruolabile per altre cose nel Marvel Universe cinematografico-televisivo. Insomma, capace che in futuro lo vedremo davvero a scazzottarsi prima e fare comunella dopo con Daredevil sui tetti di Hell’s Kitchen.

Ma magari poi. Per ora, ecco, non aspettatevi un Batman impallinato per Sailor Moon.

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