Cinema

L’Era Glaciale ha cambiato tutto e non ce ne siamo accorti

Pubblicato il 15 marzo 2022 di Giulio Zoppello

Era il 15 marzo del 2002 quando L’Era Glaciale usciva per la prima volta in sala negli USA, diventando immediatamente un must per la generazione Millennial, nonché uno dei film d’animazione più importanti del XXI secolo. 
Le avventure del bradipo Sid, del mammut Manny e della tigre Diego avrebbero conosciuto un evolversi in saga animata tra le più iconiche e divertenti del nuovo millennio, eppure non si è mai sottolineato quanto quel film sia stato capace di essere perfetto ponte tra passato e futuro del nostro mondo.


A vent’anni di distanza, più che di tornare sui ghiacci è forse il momento di guardarli con occhio diverso, di ricordarci perché quel film era e rimane qualcosa di unico nel suo genere.

Ridiamoci su che è meglio

La prima cosa che si nota ripensando a L’Era Glaciale, è il fatto che bene o male parlasse di un evento di estinzione di massa, di un’era glaciale che 20000 anni fa avrebbe cambiato completamente il corso della vita sulla Terra, comportato l’estinzione di molte specie animali e decretato il successo di altre.


Insomma, non era esattamente un momento particolarmente felice o allegro, qualcosa che del resto avevamo già ritrovato in altri film d’animazione di grande successo come Alla Ricerca della Valle Incantata di Don Bluth o Dinosauri della Disney.


In comune con questi altri due cult assoluti, questo film aveva anche la presenza di risvolti oggettivamente drammatici, di tematiche tutt’altro che superficiali o banali. 
Su tutte proprio la morte, a cui però vanno aggiunte anche la solitudine, l’emarginazione e senza neanche farti troppi giri di parole il razzismo. Certo, un razzismo tra animali, ma era una perfetta metafora di quello che esisteva in quel 2002 in quell’Occidente che aveva ormai abbandonato in gran parte gli ideali no global.


Era un momento in cui ci si dibatteva del resto con le terrificanti conseguenze degli attentati dell’11 settembre, di fatto un evento che aveva riportato alla luce l’odio verso il diverso, fosse per il colore della pelle o per la fede religiosa.


strong>L’Era Glaciale, con la migrazione delle sue creature verso il sud, verso una possibile salvezza, era anche metafora di quanti scappavano dai teatri di guerra, dalla povertà. I protagonisti erano tre animali feriti e solitari: un mammut a cui era stata massacrata la famiglia dagli uomini, un bradipo troppo lento persino per la sua specie e più avanti una tigre molto meno spietata e sanguinolenta di quanto gli standard della sua specie richiedessero, sul piede di guerra proprio contro la razza umana.


Una guerra tra i ghiacci



Tutto ruotava attorno al rapimento di Roshan, figlio del capo di una tribù di uomini di Neanderthal, come rappresaglia per il massacro subito dalle tigri da parte di questi strani esseri su due gambe. 
Vi dice niente tutto questo? Sì, perché appare chiaro che L’Era Glaciale di base parlava di una vendetta, da parte di alcuni animali portati sull’orlo dell’estinzione non solo dalla glaciazione, ma anche dalla caccia indiscriminata da parte dell’uomo alle loro prede e soprattutto a loro.


Ognuna delle quattro specie protagoniste si sente all’inizio più forte, più sveglia o comunque superiore alle altre in base a precisi canoni di riferimento, e guarda il resto del mondo dall’alto in basso, nascondendo i propri sentimenti e le proprie fragilità in virtù di una visione incredibilmente limitante ed intollerante.


Di base quella a cui assistiamo è una guerra tra uomini e animali. Non si sa come sia cominciata, ma si sa che persino lì i civili sono utilizzati come bersagli preferenziali, rappresentano il futuro del nemico.


Uccidere loro significa vendicarsi dei torti subiti, eppure sarà proprio per non essersi completamente omologato a questa filosofia di sangue che Diego infine comincerà a trovare, in quello sgangherato gruppo, la sua nuova, vera famiglia.


Il che oggi oggettivamente va al di là della mera differenza fisica, ma anche al fatto che bene o male Diego rappresenti un animale macho, completamente staccato da ogni rapporto con la riproduttività o la procreazione che, accettando il suo istinto paterno, riconosce il valore della vita ovunque si trovi.


Il suo è forse il percorso più intricato, contraddittorio ed interessante del film, perché va contro ogni cosa che gli è stata insegnata, addirittura il suo istinto naturale, ma lo rende anche forse il più coraggioso per questo.

Tra inclusività e premonizioni



Pochissimi film d’animazione sono stati più divertenti e creativi di questo, capace di regalare gag e personaggi iconici come pochi altri, ivi compreso il leggendario Scrat.
 Roditore condannato ad un destino a metà tra il dantesco e il kafkiano, verso quella ghianda che lo renderà sostanzialmente causa di enormi stravolgimenti, col tempo sarebbe diventato quasi un simbolo del concetto di miraggio esistenziale, di un inseguimento della felicità che nessuno di noi riesce mai a raggiungere. Non proprio una metafora da niente. Ma anche gli altri personaggi non sono meno complessi e atipici.


Manny è a tutti gli effetti un sopravvissuto ad una tragedia incredibile che lo ha cambiato e soffre chiaramente di stress post traumatico, mentre Sid (con tutta la simpatia del mondo) ha dei deficit intellettivi e sociali abbastanza chiari. 
In quel 2002 avevamo di fronte la prima, embrionale, narrazione animata basata sull’accettazione del diverso, anzi sull’inclusività, sull’andare oltre l’apparenza e ciò che ci divide, non solo e non tanto intesa come aspetto fisico, ma come visione della vita, dell’esistenza in questo mondo.


Non esistevano più ruoli precostituiti, non nel mondo del 2002, rappresentato da quella preistoria ucronica in cui il terrore bianco si sostituiva al terrorismo, all’instabilità sanguinaria che cancellava la speranza degli ottimistici anni ’90.


La famiglia, l’appartenere ad un nucleo, il riconoscersi in una comunità, erano i veri temi di questo piccolo gioiello, uscito in un’epoca in cui i social non esistevano, e con essi le conseguenze che hanno portato nel nostro mondo: individualismo sfrenato, omologazione totale, scomparsa del concetto di gruppo.


La verità è che forse L’Era Glaciale lo abbiamo sempre sottovalutato, visto come una saga come ce ne sono state tante. Invece sotto il ghiaccio si nascondeva molto di più, sia dal punto di vista formale che soprattutto dal punto di vista semantico.