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Robert Pattinson con Batman può finalmente diventare altro

Pubblicato il 28 febbraio 2022 di Giulio Zoppello

L’attesa trepidante per il nuovo Batman di Matt Reeves, non può che confermarci come questo film, da molti visto come una delle poche possibilità di rinnovamento di un genere che appare alquanto a corto di idee, sia anche forse la definitiva possibilità per Robert Pattinson di venire visto in modo diverso dal pubblico generalista.

Chi conosce e scrive di cinema così come il pubblico più competente, sa che l’attore londinese è uno dei migliori interpreti della sua generazione, Il problema è che per il pubblico mainstream, questo ragazzo classe 1986 è ancora un teen idol, legato al ricordo di una delle saghe più detestate e divisive di sempre come Twilight. Eppure, di prove della sua bravura Pattinson ne ha fornite molte.

La maledizione della popolarità




Il successo per un attore, soprattutto quando connesso ad una saga o un prodotto iconico, può essere una vera e propria maledizione, una gabbia che impedisce ogni ulteriore sviluppo, soprattutto quando si interpreta un personaggio diventato amatissimo.

Vi basta chiedere a Mark Hamill o a Daniel Radcliffe se avete dei dubbi. Il primo nei panni di Luke Skywalker conobbe una fama che ancora oggi lo rende tra i volti più amati della settima arte e lo stesso vale per l’interprete del maghetto più famoso di sempre nella saga creata da J.K. Rowling. A dispetto della differenza d’età, entrambi non sono però riusciti più a staccarsi da quel personaggio, dal momento che non hanno avuto a disposizione nessun altro ruolo capace di competere con quello che li lanciò.

Pattinson forse non è in una situazione parimenti difficoltosa, ma poco ci manca, a dispetto di un percorso artistico che l’ha visto confrontarsi con alcuni degli autori più artisticamente significativi del nostro tempo, mettersi alla prova con ruoli difficili e sofisticati, in film tutt’altro che commerciali.

Tutto per lui era cominciato da ragazzino, recitando sul palco Shakespeare per la Barnes Theatre Company, per poi passare a piccoli ruoli televisivi. I suoi lineamenti felini e la presenza scenica, lo fecero arrivare al ruolo di Cedric in Harry Potter e il calice di fuoco.

Ma sarà grazie a The Haunted Airman e The Bad Mother’s Handbook che finirà per legarsi al personaggio che gli ha dato fama, fortuna e assieme un peso non da nulla: Edward Cullen, il vampiro co-protagonista in Twilight Saga.

Il casting ancora oggi è ricordato da Pattinson come uno dei più difficili della sua vita, non si sentiva molto preparato. Chissà col senno del poi se rimpiange di essere diventato un sex symbol per teenager e non solo. “Il Di Caprio degli anni 2000” fu definito, ma facendo passare il concetto che fosse un bel faccino e basta. Invece era molto di più.

La svolta autoriale e di sperimentazione




Fu la critica specializzata a sottolineare come al contrario di gran parte del cast coinvolto nella pomposa saga sui vampiri e licantropi, egli invece riuscisse a dimostrare il suo talento di attore, a dispetto di sceneggiature inconsistenti e di un iter narrativo ben poco appassionante. 
Se la sua vita privata veniva sostanzialmente distrutta, creandogli problemi anche psicologici non da nulla data la tossicità del suo fandom, Pattinson dopo un paio di pellicole abbastanza evitabili come Remember Me e Come l’acqua per gli elefanti, parve dover dire addio ad ogni velleità non commerciale con il tonfo di Bel-Ami, ma di lì a poco ci pensò un genio come David Cronenberg a salvarlo.

Cosmopolis al netto della sua originalità formale e stilistica, lo fece rivalutare agli occhi della critica, per la sua performance viscerale, intensa, che una penna di alto livello come Robbie Collin definì “sensazionale”. Connesso ad un iter criptico e distopico sulla crisi della società moderna, il suo Eric Packer era molto diverso da un personaggio per teenagers.

A tale scelta di rottura rispetto al suo passato, Pattinson di lì a poco aggiunse un film autoriale di grande levatura come The Rover di David Michôd, opera post apocalittica di grande complessità, al fianco di attori del calibro di Guy Pearce e Scoot McNairy. 
Candidato a diversi premi internazionali per The Rover, Pattinson avrebbe collaborato una seconda volta con Cronenberg nel 2014 in Maps to the Stars, dove confermò la sua volontà di abbracciare il cinema indipendente e autoriale. Poi venne la volta del biopic Life di Anton Corbijn. Qui, nei panni del fotografo Dennis Stock, creò un personaggio incredibilmente fragile, instabile, connesso al mito di James Dean e alla tossicità derivante dalla fama. Quasi un’opera di confessione personale. Nel 2017 entra nel cast dell’acclamato The Lost City of Z di James Gray, biopic drammatico sulle gesta dell’esploratore Percy Fawcett alla ricerca del mitico El Dorado.


Camminando assiema all’oscurità



Purtroppo per lui, tutti questi film non riescono a scalfire presso il grande pubblico il fatto che sia ancora il vampiro di Twilight, data la loro natura di opere di nicchia, o comunque lontane dall’impatto anche mediatico di una saga capace di guadagnare 3,3 miliardi di dollari. 
Tuttavia vi è andato sempre più vicino negli ultimi sei anni, a cominciare da Good Time di Josh e Benny Safdie, neo-noir drammatico in cui un Pattinson sgualcito e impoverito, nei panni del criminale di mezza tacca Connie Nikas, fu capace di mostrarci un personaggio disperato eppure deciso a non arrendersi pure di liberare il fratello Nick, finito in carcere. 
Il Batman di Matt Reeves, dal 3 marzo al cinema, può rappresentare l’acuto di un percorso di radicale evoluzione che nel 2018, lo portò a cimentarsi in uno sci-fi horror di grande livello come High Life di Claire Denis. 
Ruolo molto difficile, connesso a disperazione e esistenzialismo, in po’ gli stessi temi del film ad oggi più importante per la sua carriera: The Lighthouse di Robert Eggers.

A quasi tre anni di distanza, questo film di grande complessità continua a far discutere, con il suo omaggiare l’espressionismo tedesco e le opere di Murnau. Tuttavia è indubbio che Pattinson e Dafoe ci abbiano offerto una prova attoriale a dir poco sensazionale. Robert si mise in gioco completamente, toccò vette di lirismo e ricerca sperimentale che ancora oggi ne fanno la sua interpretazione più complessa e articolata. 
La volontà di mettersi in gioco con personaggi atipici, villain in particolare, lo ha portato a distinguersi anche in film non poi così riusciti come The King o il criminalmente sottostimato Waiting for the Barbarians. I “cattivi” forse possono essere una strada interessante per il suo futuro? A giudicare da Le Strade del Male sì, sicuramente più dell’eroe, del resto in Tenet di Nolan non ha convinto molto.

Anche per questo Batman rappresenta forse il personaggio giusto, un mix di espressività e oscurità, connesso al male di vivere e al sentirsi fuori posto. Sarà il film giusto, per un attore che per troppo tempo è sembrato essere meno di ciò che era?