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La Fantastica signora Maisel ci è mancata

Pubblicato il 21 febbraio 2022 di Giulio Zoppello

La quarta stagione della serie creata da Amy Sherman-Palladino conferma la caratura di un prodotto in grado di portare freschezza, umorismo e originalità nel mondo seriale, tanto affollato quanto sovente inconsistente. Ormai sono quattro anni che Miriam “Midge” Maisel ci guida nell’America fine anni ’50, donandoci uno spaccato storico e sociale di enorme rilevanza, così come un personaggio femminile audace ma non irrealistico, simpatico e carismatico ma per nulla perfetto. La Fantastica signora Maisel è connessa ad un percorso di rinascita e ricalibrazione, l’ennesima trasformazione di una donna alle prese con una missione tutt’altro che semplice: far ridere.

Ricominciando da zero

La scorsa stagione avevamo seguito la protagonista in un percorso di avvicinamento a quella dimensione di successo e di popolarità che allungo aveva inseguito, anche dopo il divorzio dal marito e l’aver dovuto ingoiare una marea di rospi.

Entrata nell’entourage di Shay Baldwin (Leroy McClain), a causa di un’incauta battuta sulla presunta omosessualità di quest’ultimo durante il suo show all’Apollo Theatre, Reggie (Sterling K. Brown) il manager di Shay l’aveva licenziata direttamente sulla pista dell’aeroporto che doveva portarla in Europa per la consacrazione. 
Ed è da questo durissimo colpo che riparte La Fantastica signora Maisel, in cui ancora una volta è l’emancipazione femminile, la necessità e la difficoltà connessa a dover essere sé stesse, donne indipendenti fuori dagli schemi, in un America bigotta, conservatrice ipocrita, ad essere al centro dell’iter narrativo. Tuttavia non è attorno solamente a lei che verte questa stagione, perché vi è anche spazio per gli altri personaggi come l’ex marito Joel (Michael Zegen) che non riesce a stare lontano dai guai, la sua manager Susie Myerson (Alex Borstein) incapace di fare qualcosa di diverso da essere sempre ad un passo dal lastrico o il padre Abe (Tony Shalhoub). 
Tante storie, tanti momenti divertenti ed esilaranti ma anche pieni di sentimenti ed energia, in virtù di una sceneggiatura che conferma l’enorme qualità di questa serie, sicuramente tra le meglio strutturate e più accattivanti viste negli ultimi anni, con personaggi ben lontani dalla norma e una tendenza generale a voler sempre sorprendere lo spettatore. 
Se la presentazione vale ancora qualcosa a questo mondo, questi primi episodi sono l’antipasto ad una stagione che promette di regalare un crescendo di emozioni e colpi di scena incredibilmente gustosi, un’ulteriore evoluzione ad uno dei personaggi femminili più innovativi della serialità recente, soprattutto grazie a lei, Rachel Brosnahan, per troppo tempo limitata in ruoli di contorno.

Una donna diversa dalla norma

Ancora oggi quel periodo della storia americana che va dagli anni ’50 all’inizio degli anni ’60 in realtà tra i più misteriosi e meno approfonditi della cinematografia, che quando l’ha fatto ne ha dato un’immagine sovente idilliaca, oppure il contrario si è concentrata esclusivamente sulla rottura esercitata per esempio del Movimento per i diritti civili o da artisti diventati leggenda. 
La Fantastica signora Maisel a dispetto del suo essere una serie essenzialmente comica, in questi anni ha saputo soprattutto affrontare argomenti seri nascondendoli dietro risate e gag, con una grande capacità di alzare il velo su un periodo tormentato e difficile della società americana, in particolare del mondo femminile, che dopo la Seconda Guerra Mondiale era tornato ad essere rinchiuso in un recinto difficile da scavalcare. 
Le tre stagioni precedenti possono essere riassunte come il percorso difficile di una donna di origine ebrea, una delle comunità all’epoca più chiuse e conservatrici, costretta dal naufragio della sua vita matrimoniale, ad abbracciare un percorso di fortificazione e di indipendenza esistenziale come se ne sono visti pochi sul piccolo schermo. Senza mai voler indorare la pillola, La Fantastica signora Maisel ci ha mostrato le sue difficoltà, il sessismo di una società in cui gli uomini hanno letteralmente il terrore di essere raggiunti in qualsiasi campo dello scibile dalle donne, in cui la stessa comicità di rottura di cui lei vorrebbe farsi portatrice, viene osteggiata.

Non in quanto tale ma in quanto proveniente da lei, da una madre single, da una di quelle che secondo i dettami dell’epoca dovrebbe semplicemente cercare l’ennesimo marito che le dica cosa fare della sua vita.

Uno spaccato storico intrigante

Di per sé già il fatto che la protagonista diventi ciò che sostanzialmente prendendo l’idea dal marito insicuro ed egoista, è un elemento non da poco, nel guidarci metaforicamente dentro quella rivoluzione sociale e culturale sotterranea, che sarebbe poi sfociata nel corso degli anni ‘60 nell’aperta contestazione. 
La sua dimensione privata, che la vede sostanzialmente incontrare solo uomini sbagliati o uomini giusti nel momento sbagliato, è tanto più interessante perché connessa alla totale dedizione a quel palco, che come già ci ricorda in questo inizio di quarta stagione, è il solo universo, il solo luogo dove si sente veramente libera, a dispetto dei fiaschi o del dolore. 
Rachel Brosnahan è come sempre straordinaria nel fare di questa donna non qualcosa di stereotipato, ma la perfetta immagine di un percorso di ribellione drastico, che ora ricomincia in modo veemente e senza esclusione di colpi, alzando la posta, per non rinunciare a fare ciò che sa fare meglio: mettere alla berlina l’ipocrisia del mondo che la circonda. 
Ritornando sui nostri passi, vedendo come ogni personaggio oltre a lei si è evoluto, si è staccato dall’immagine residua di sé, non si può che concludere che molte altre serie dovrebbero prendere esempio da La Fantastica signora Maisel. 
Per quello che riguarda la capacità di andare oltre una buona idea e una buona intuizione, di renderla motore di un iter narrativo continuo e genuino, poche gli son state alla pari per continuità. 
Ora non ci resta che attendere l’evolversi degli eventi, che siamo sicuro ci riporterà anche alcuni dei personaggi di contorno più interessanti, così come il riabbracciare l’America della stand up comedy di quegli anni, i suoi protagonisti reali, in quello che rimane uno dei viaggi all’ indietro nel tempo più riusciti che si ricordano. Ultimo ma non ultimo, bisogna anche sottolineare come questa serie non cerchi di indorare mai la pillola, ci descriva la società del tempo per quello che era, senza cercare di creare ucronie consolatrici o inclusive poco funzionali o coerenti.