Senza ombra di dubbio il nuovo film di Kenneth Branagh dedicato ad Hercule Poirot e tratto dal celeberrimo Assassinio sul Nilo di Agatha Christie farà discutere la critica del pubblico, visto il taglio moderno e rivoluzionario dato alla vicenda, ai personaggi e all’ambientazione. Tuttavia esso rappresenta una preziosa occasione per riabbracciare un personaggio letterario cinematografico di incredibile fascino, personalità e ricco di sfumature, che l’hanno reso assieme a Sherlock Holmes, il simbolo stesso dell’indagatore, del lupo solitario dedito a cercare la verità ovunque essa si nasconda. Agatha Christie ha dedicato quaranta romanzi a questo belga dal triste passato, diventato poi detective di fama mondiale, uomo elegante quasi fino all’eccesso, gelidamente cortese e irriverente. Grandi attori gli hanno pressato le fattezze, ma in particolare è su di tre che bisogna assolutamente soffermarsi.
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Inutile dire che il primo non può che essere Peter Ustinov, uno dei giganti della settima arte, un attore di straordinaria presenza scenica, talento, adattabilità e carisma.
Ustinov interpretò Poirot per ben sei volte, raccogliendo inizialmente il testimone di un altro grande attore, Albert Finney, che era stato molto apprezzato per la sua interpretazione nel famoso Assassinio sull’Orient Express del 1974.
Ustinov raccolse lo stesso successo nel 1978 in Assassinio sul Nilo, nel quale fece sfoggio di una personalità eccentrica, fumantina, sovente irriverente e provocatoria.
Senza ombra di dubbio il suo è stato un uomo molto più vicino per stile e verve ad un eccentrico dandy della Belle Époque, curioso ed animato anche da un senso dello humor cinico, armato di una profondità psicologica e un’astuzia semplicemente incredibili.
Delitto sotto il sole, Agatha Christie: 13 a tavola, Agatha Christie: caccia al delitto, Agatha Christie: delitto in tre atti e Appuntamento con la morte sono stati tutti i film di grande successo presso il pubblico. Si trattò di una saga cinematografica che sicuramente segnò l’eredità attoriale di Ustinov, per quanto egli fosse già molto noto grazie a quella autorialità hollywoodiana ed europea, che aveva avuto in lui un volto iconico.
Ad alcuni tuttavia non piacque completamente la sua fisicità imponente, così come uno stile sovente sopra le righe che rischiò forse di mettere in secondo piano l’intreccio, gli altri protagonisti sicuramente importanti per creare quel mix di incertezza, mistero e colpi di scena che da sempre rendono le indagini del detective belga uniche nel loro genere.
Tuttavia non si può certamente negare che per il grande pubblico Ustinov sia stato un Poirot a dir poco mitico, capace di calarsi anche in una realtà staccata da quella degli anni ’30. Modernità e sperimentazione, rinnovamento assieme a classicità, hanno avuto in lui un grande ambasciatore.
Kenneth Branagh e Ustinov non ce ne vogliano, ma è pacifico che ancora oggi il Poirot per eccellenza sia stato lui, David Suchet, attore londinese di origini ebree e sudafricane protagonista di una saga televisiva unica per successo ed iconicità. Dal 1989 al 2013, Suchet è stato per ben 70 episodi il Poirot per antonomasia, un mix di gelida eleganza, mistero, deduzione, cinico atteggiamento verso il mondo e la ipocrita società in cui si trovava. Ma soprattutto è stato l’alfiere della giustizia che trionfa sempre. Lo stesso Ustinov fu il primo a riconoscere che Suchet era più adatto di lui nel ruolo, anzi lo convinse ad accettare la proposta quando questi era ancora titubante. Grazie al gelido charme, l’aplomb e il suo sposarsi in modo sostanzialmente perfetto all’archetipo di dandy di metà Novecento, che in fin dei conti il detective belga era sempre stato, Suchet sedusse il pubblico dal primo episodio. Il personaggio diventò sostanzialmente una seconda pelle per Suchet, il quale confessò di essercisi separato a malincuore, per quanto inevitabilmente, e di sentirlo come qualcosa di suo, di intimo, di privato. La maggior ampiezza narrativa permise senza ombra di dubbio a questo Poirot di essere molto più strutturato, particolare e di creare soprattutto una narrazione da cui emergevano i diversi tratti della sua personalità: quel suo fare eccentrico e a volte involontariamente comico, a cominciare da quei baffi per finire con il suo outfit, la sua oratoria sovente elegantemente aggressiva. Non vi è dubbio alcuno che anche grazie ad una sostanziale e fedeltà in termini di ambientazione, personaggi e snodi narrativi, questa serie televisiva abbia fornito ad altri attori susseguitesi nei panni di Poirot come Alfred Molina, John Malkovich e lo stesso Branagh, un punto di riferimento, un qualcosa con cui fare inevitabilmente i conti.
Infine eccoci fare un balzo al 2017, ad il primo film diretto da Kenneth Branagh, Assassinio sull’Orient Express, con un cast di incredibile richiamo e una confezione estetica a dir poco sontuosa.
Forse pure troppo, perché uno degli elementi che non convinse appieno la critica, fu proprio il fatto di appesantire l’insieme, di sposarsi eccessivamente ad una messa in scena connessa ad una dimensione pittorica, che resero quel film in certi momenti troppo carico, forse anche troppo sopra le righe come tono.
Tuttavia non si può certamente negare che il grandissimo attore britannico, ci abbia donato un Poirot addirittura più eccentrico dei suoi predecessori, ma allo stesso tempo incredibilmente umano, sfaccettato, sposando una narrativa in cui la componente misantropa è stata progressivamente accentuata.
Questo Poirot è ancor più un solitario, ma proprio questo secondo film, questo Assassinio sul Nilo, ci porta infine a comprendere il perché, quali traumi abbia subito, quelle dolorose perdite abbiano influenzato la sua visione della vita e dei sentimenti.
Si apre con decisione uno squarcio sul suo passato di soldato deturpato in volto della Prima Guerra Mondiale, privato della donna che amava da una bomba di mortaio.
Lo vediamo in diversi momenti intimidito e insicuro di fronte all’altro sesso, soprattutto quando vi scorge qualcosa di attraente o di seducente. Ma rimane l’anima adamantina del grande indagatore, la mente geniale seppur armata di una maggiore empatia e comprensione, in grado di levare ogni maschera da ogni persona, di arrivare all’essenziale, a quella verità che tutti paiono vuole sfuggire.
Una grande interpretazione ma anche un personaggio più complesso, in perenne mutamento, meno legato all’immutabile segugio in lotta contro misteriosi crimini.