Freaks: i 90 anni di uno dei film più terrificanti (e lungimiranti) di tutti i tempi

Freaks: i 90 anni di uno dei film più terrificanti (e lungimiranti) di tutti i tempi

Di Marco Triolo

I primi anni ’30 a Hollywood furono un periodo di transizione per l’industria del cinema. L’avvento del sonoro aveva portato con sé un grande rinnovamento del linguaggio cinematografico e delle tecniche produttive, che a loro volta avevano ispirato la creazione del codice di censura noto come Hayes Code (ufficialmente Motion Picture Production Code), antenato dell’attuale sistema di rating della MPAA. Eppure, dal 1929, anno della diffusione vera e propria del sonoro in America, al 1934, il codice Hayes non venne mai realmente preso in considerazione dagli studios. Per questa ragione il lustro ’29-’34 è stato battezzato “era Pre-Code”, un’epoca di inusuale libertà artistica e creativa, in cui potevano essere messi in scena concetti scabrosi, allusioni sessuali, relazioni interrazziali e immagini scioccanti. È proprio in quest’epoca che vede la luce uno dei film più anomali, inquietanti e allo stesso tempo lungimiranti del cinema americano: Freaks, capolavoro di Tod Browning che oggi compie 90 anni.

Browning veniva dal successo del Dracula con Bela Lugosi, e rifiutò di dirigere Arsenio Lupin con John Barrymore pur di realizzare Freaks. Browning aveva lavorato in un circo itinerante prima di diventare regista, e i temi del progetto lo interessavano profondamente. La sceneggiatura fu realizzata da Willis Goldbeck ed Elliott Clawson, richiesti dallo stesso regista, con contributi di Leon Gordon, Edgar Allan Woolf, Al Boasberg e Charles MacArthur. Del racconto originale che aveva ispirato il progetto, Spurs di Tod Robbins, alla fine rimase ben poco. Giusto la scena del matrimonio tra una donna e un nano.

Un film inclusivo

Altro dato importante da tenere presente è il fatto che fu proprio un attore affetto da nanismo, il tedesco Harry Earles (che nel film interpreta Hans), a proporre a Browning il progetto. Earles, che aveva già lavorato con Browning a Il trio infernale, faceva parte di una celebre famiglia di artisti affetti da nanismo, la Doll Family. Tra questi anche Daisy Earles, sorella di Harry che nel film interpreta la sua fidanzata Frieda. Quindi non stiamo parlando della solita storiella sui fenomeni da baraccone visti dall’esterno, ma di un film che, già in partenza, si presentava come incredibilmente inclusivo per l’epoca in cui fu realizzato.

Sarebbe stato infatti molto facile per Browning e la MGM calcare la mano sugli aspetti più grotteschi e disgustosi della galleria di personaggi che popola il film. Il processo di casting andò a pescare tra veri individui con deformità, dalle gemelle siamesi Daisy e Violet Hilton allo “scheletro umano” Peter Robinson, da una serie di persone affette da microcefalia, tra cui Simon Metz ed Elvira e Jenny Lee Snow, a Johnny Eck, uomo senza gambe a causa di una forma di regressione caudale. Accanto a questi avremmo dovuto vedere star del calibro di Victor McLaglen, Myrna Loy e Jean Harlow, ma alla fine Browning optò per scritturare attori poco noti, e anche questo la dice lunga sul suo approccio: non un baraccone rassicurante, con gli attori belli e famosi messi a confronto con i deformi, ma un’opera anticonformista, in cui sono proprio i “normali” a trasformarsi in mostri, e in cui il cuore pulsante dell’empatia batte tutto per i reietti, gli esclusi, i deformi. Guillermo del Toro sicuramente apprezza.

La lotta di classe nell’America della Grande Depressione

Non a caso è anche difficile classificare Freaks come un horror tout court. Vero: la trama ruota intorno a una bella trapezista (Olga Baclanova) che raggira un nano (Harry Earles) convincendolo a sposarla per poter ereditare la sua fortuna dopo averlo ucciso con del veleno, e alla successiva vendetta dei freaks una volta scoperto il complotto. Ma quella vendetta, pur restando una delle scene di tensione più efficaci della storia del cinema, non è che una piccola parte di un’opera che, per il resto, è interessata a mostrare la normalità di queste persone, con uno sguardo che tocca punte di tenerezza insospettabili (la scena della nascita del figlio della “donna barbuta”). I freaks sono mostrati nella loro quotidianità tra le baracche e le carrozze del circo, alle prese con le gelosie, gli affetti, i problemi di tutti i giorni. Il tutto mentre la trapezista Cleopatra e il suo amante Hercules (Henry Victor) tramano alle loro spalle mossi da avidità e totale mancanza di empatia.

C’è chi ha visto in questo una forte critica alla teoria eugenetica propugnata in quegli anni dal nazismo (che sarebbe salito al potere in Germania l’anno dopo l’uscita di Freaks). Chi invece ci ha letto la lotta di classe e la crisi dell’America dopo la Grande Depressione del 1929. In senso più ampio, Freaks è un film che parla della società, e in particolar modo della società di quegli anni, attraverso la lente distorta del grottesco e dell’orrore. E lo fa con una lucidità di sguardo esemplare, prendendo apertamente le parti dell’uomo “piccolo” contro le angherie dei potenti. La vendetta finale, accompagnata dal memorabile coro “Una di noi! Una di noi!”, che riprende la cantilena della scena del matrimonio tra Cleopatra e Hans, è stata anche letta come una scena di accoglimento, anziché di gretta rivincita: i freaks mutilano Cleopatra per trasformarla finalmente in una di loro. L’uomo della strada trascina il potente al suo livello, per fargli comprendere la realtà dal suo punto di vista. Solo così potrà avvenire un cambiamento, un nuovo inizio.

Flop e rivalutazione

Purtroppo quella stessa società non era pronta ad accettare un’opera così unica, non tanto per il messaggio, quanto per le immagini. Leggenda narra che, alle prime proiezioni test, il pubblico sia stato colto da malori e molti spettatori siano fuggiti dalla sala. Una donna minacciò di denunciare MGM per un aborto spontaneo causato, a detta sua, dalla visione del film. Durante la lavorazione, per altro, il cast venne tenuto separato dalla troupe in modo che “la gente potesse mangiare in mensa senza vomitare”.

Lo studio decise infine di tagliare mezz’ora di girato, e la versione da poco più di un’ora che vediamo oggi è il frutto di quei tagli. Tra le scene eliminate, una in cui Hercules viene castrato, e il finale originale in cui lo sentiamo cantare in falsetto. Sequenze che, purtroppo, sono andate perdute.

Freaks fu comunque un flop, e ci vollero trent’anni prima che potesse iniziarne la rivalutazione critica. Nel 1962 venne proposto alla Mostra del Cinema di Venezia. L’anno seguente fu finalmente ammesso nel Regno Unito, dove era rimasto bandito sin dalla sua uscita. Oggi è considerato il film più maturo di Tod Browning e un’opera capace di guardare oltre l’aspetto, per cogliere l’interiorità dei suoi imperfetti, ma vitali, protagonisti.

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