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Disincanto: la recensione della parte 4, ora disponibile su Netflix

Pubblicato il 09 febbraio 2022 di Marco Triolo

Disincanto è pronta a fare il suo ritorno su Netflix a un anno dalla precedente stagione, o, meglio, “parte”. I nuovi episodi riprendono i fili lasciati in sospeso al termine della terza parte, con Beanie all’Inferno e Luci in Paradiso. La prima metà della stagione rimette insieme la banda dopo le varie disavventure parallele di quella precedente, la seconda serve invece a introdurre una nuova sottotrama che non mancherà di raggiungere il climax nella parte 5.

La parte 4 di Disincanto ha dunque il sapore di un segmento di mezzo, utile a chiudere trame rimaste in sospeso e introdurne di nuove che, però, non trovano qui conclusione. L’idea forse più interessante è quella di esplorare il passato oscuro di Dreamland, e in particolare un conflitto che ha segnato il regno in maniera indelebile, causando un passaggio di potere in favore della famiglia di Bean.

Dopo aver esplorato dunque l’universo della serie, mostrandoci altri regni vicini a Dreamland (Steamland, in particolare, basato sull’immaginario Steampunk), Matt Groening e la sua squadra tornano saldamente con i piedi ancorati al regno fantasy da cui tutto ebbe inizio, riuniscono il cast centrale e si guardano indietro in molti sensi. Non solo il passato di Dreamland è all’ordine del giorno, infatti, ma anche quelli di Elfo (che scopre qualcosa in più sulle sue origini) e Zøg, che, oltre a recuperare finalmente la ragione, decide di tornare da una vecchia fiamma con imprevedibili conseguenze.

Come sempre, Disincanto è una bestia strana. Da un lato indubbiamente si ride: l’umorismo di Matt Groening emerge come sempre nel suo mix di buoni sentimenti e cattiveria. In Disincanto è più che mai un umorismo che emerge dalle situazioni e dalle gag visive, più che dai dialoghi, e il più delle volte funziona. Eppure, nonostante questo, da sempre la serie è la sorellina molto minore sia de I Simpson che di quel capolavoro che era Futurama. Non ne ha lo stesso mordente, non è ugualmente iconico e ha molte meno idee memorabili. Ma, soprattutto, avendo una trama fortemente serializzata, ha lo svantaggio di dover sempre trovare qualcosa da raccontare per l’intero arco della stagione, laddove Futurama era episodico con qualche gancio orizzontale. E non sempre riesce nell’intento.

Ad esempio, questa quarta stagione ha una struttura parecchio strana e diseguale, nettamente divisa in due tra una restaurazione dello status quo e il lancio di una nuova quest. Peccato che, dopo essersi sbarazzati di Dagmar abbastanza in fretta (anche se non certo in maniera definitiva, sia chiaro), gli autori non riescano a trovare una minaccia altrettanto coinvolgente. È tutto rimandato alla prossima stagione, dunque, con la promessa di grandi sviluppi e scontri per il futuro di Dreamland.

Va detto, comunque, che la stagione scorre via come l’acqua fresca e c’è, come sempre, un lavoro inestimabile da parte dei doppiatori originali (su tutti John DiMaggio). Anche se, come le precedenti, è istantaneamente dimenticabile. Né più né meno delle altre, sia chiaro, ma viene da chiedersi quanto ancora potrà proseguire in questo modo.

La quarta parte di Disincanto è disponibile su Netflix. QUI ne potete vedere il trailer.