SerieTV ScreenWEEK Originals Recensioni The Doc(Manhattan) is in
È il 2032. Randall Park non è più un attore, ma un mezzobusto televisivo, e gli tocca intervistare un dirompente The Rock, candidato alla presidenza USA. È proprio partendo dalla più diffusa, persistente, ammiccante gag che lo riguarda, che Dwayne Johnson in persona racconta una versione romanzata, ma sufficientemente attendibile della sua vita in Young Rock. Sitcom andata in onda negli USA su NBC tra il febbraio e il maggio dello scorso anno, per un totale di 11 episodi (più uno special natalizio), e approdata su Sky una settimana fa.
L’infanzia e la giovinezza del futuro wrestler, attore e magari pure leader di una superpotenza, mostrate quindi attraverso un flusso di ricordi che saltella fra tre periodi distinti: Dwayne a 10 anni, Dwayne a 15 e Dwayne a 18-20. Il che vuol dire tre diversi attori, più il The Rock vero, per un totale di 4 Dwayne Johnson in una sola serie. Non male.
Creata da Nahnatchka Khan – sceneggiatrice e regista, che tra le altre cose ha diretto nel 2019 Finché forse non vi separi – e Jeff Chiang, Young Rock gioca con forza sulla gag di cui sopra, quella del wrestler presidente, per arruffianarsi da subito gli spettatori. E così il racconto raddolcito della vita vera del protagonista si mescola alle strizzate d’occhio su quello che farà, e i film che girerà, nei prossimi dieci anni.
Ho già speso i termini “romanzata” ed “edulcorata” perché Young Rock è un racconto allegro e leggero, una storia di buoni sentimenti, in cui tutti alla fine sembrano seguire la via giusta pure quando sbagliano. E così l’adolescenza turbolenta del futuro The Rock, tra furti e risse, è sì presente, ma i furti sono giustificati dal suo desiderio di apparire meno al verde di quanto non fosse, e i cazzotti volano a incontrare il grugno di un insopportabile fighetto della scuola che, appare evidente, se l’è cercata. Ha offeso la famiglia, e qui – dove per “qui” intendi nella serie quanto nella vita vera di Johnson – la famiglia è tutto.
Non è stata la frequentazione sul set con Dominic Toretto a insegnare al Re Scorpione che “la famiglia viene prima di tutto”. Dwayne Johnson lo sapeva già da molti anni. Il suo è un albero genealogico che al posto dei rami aveva le corde di un ring di wrestling, e come molti lottatori anche il “giovane Rock” era inevitabilmente destinato a calcare quei tappeti azzurri. Suo padre, a cui la serie è dedicata, era un wrestler canadese, Rocky Johnson: il primo campione nero del titolo di coppia della WWF (oggi WWE) insieme a Tony Atlas. L’adorazione della figura influentissima del padre, interpretato da Joseph Lee Anderson e descritto come un esuberante lottatore a fine carriera, che rimpiange i tempi d’oro e si strugge per non aver avuto la gloria che meritava, conferisce a Young Rock un risvolto malinconico.
Perché è strano, ed è crudele quanto può esserlo la vita, ma la cosa che a Dwayne Johnson importava di più, dopo aver firmato l’accordo per la realizzazione di questo show con la NBC, l’11 gennaio del 2020, era poterla usare per raccontare il suo rapporto con sua madre e suo padre. Solo quattro giorni dopo, un’embolia polmonare si è portata via Rocky Johnson, all’età di 75 anni.
Col senno di poi, perciò, capisci quanto il tutto è diventato un modo per parlare di suo padre, e del loro legame. Ma nella formazione del protagonista è altrettanto fondamentale la famiglia materna. Sua madre, la samoana Ata Maivia, era figlia di un wrestler. La nonna di Dwayne è stata la prima promoter donna in quel campo, dopo la scomparsa del marito. E Young Rock racconta il tutto, tra una grigliata in compagnia di Macho Man Randy Savage e quel matto di Iron Sheik, la rievocazione di un incontro tra Rocky e Roddy Piper o Ric Flair, o André the Giant che si bulla per la sua action figure.
Per chi seguiva il wrestling anni 80 fa strano vedere tutti questi attori che interpretano Vince McMahon, Sgt. Slaughter, i Wild Samoans o Junkyard Dog, come in una gara di cosplayer che può permettersi ex stelle del football americano (André the Giant lo incarnano i due metri abbondanti di Matt Willig), ma serve a creare il contesto. Negli anni in cui lo stesso McMahon trasforma il wrestling in un colorato spettacolo per famiglie, per impacchettarlo come prodotto per la TV di tutto il paese, qui sono tutti amiconi di famiglia, e si vogliono bene. Del resto è una sitcom, ci sta.
E dunque, piacevole è piacevole, Young Rock. Se sei un fan del vecchio wrestling, o semplicemente uno dei milioni di fedelissimi di The Rock, tanto di guadagnato. Non c’è nulla di veramente originale, o che spicchi, ma è una di quelle visioni che scorrono tranquille, perfette magari proprio per un periodo difficile come quello che stiamo vivendo: c’è bisogno anche di storie di buoni sentimenti, senza drammi e personaggi problematici. L’unico problema, forse, è che qui si ride davvero poco. Non ci sono delle gag memorabili, e il fatto che una sitcom non faccia ridere è in effetti strano. Ma sorridere sì. Per quello, del resto, basta poco: come fai a non sorridere, quando pensi che un giorno tutto questo potrebbe essere davvero il racconto di un futuro presidente degli Stati Uniti?
Make America Can You Smell What The Rock Is Cooking Again. Ah, e se vi sembra strano che un ex lottatore possa diventare presidente, ricordate che Jesse Ventura è diventato governatore del Minnesota. Ed era Jesse Ventura.
Tra due mesi parte negli USA la seconda stagione di Young Rock, ché ancora c’è un mondo di storie da raccontare, e si deve arrivare quanto meno alle sediate sul ring a Mankind. Quanto meno.