Ha ragione Pedro Almodóvar quando dice che il suo cinema è sempre stato politico, persino nelle opere più barocche e “deliranti” degli anni Ottanta: raccontare storie di personaggi che sfidano il binarismo sessuale, ponendo questioni di genere all’epoca poco trattate, era un gesto visceralmente politico nell’Europa di 30 o 40 anni fa. Certo, l’impegno di Madres paralelas è ancora più esplicito, e mette in relazione le vicende individuali del film con la Storia collettiva, stabilendo un dialogo continuo fra personale e universale.
Questo dualismo è emerso anche nell’incontro virtuale col regista spagnolo, la cui fiamma creativa – ben lontana dall’esaurirsi – si nutre qui di un tema molto delicato per la società del suo paese. La protagonista è Janis (Penélope Cruz), fotografa di moda che vuole riesumare i resti del bisnonno e di altri uomini, uccisi dai falangisti durante la guerra civile spagnola: una ferita non ancora rimarginata, come dice Almodóvar.
Per quanto riguarda il tema delle fosse, credo sia l’unico tema ancora aperto della guerra civile. Non ci sono calcoli ufficiali, ma pare ci siano 114 mila desaparecidos sepolti nelle fosse… un numero enorme e una grande vergogna. Siamo il secondo paese, dopo la Somalia, per numero di desaparecidos. La società spagnola ha un debito nei confronti delle vittime, e dev’essere pagato. La generazione dei nipoti chiede l’apertura di queste fosse, e finora la destra spagnola si è opposta. Spero che questo cambierà con la legge dell’attuale governo socialista, che ha sancito che la questione delle fosse è di giurisdizione statale. Ora la legge viene discussa in parlamento, deve superare dei controlli, ed entrerà in vigore l’anno prossimo. Il film finisce nel 2019 e quindi non ho potuto inserire la legge di Pedro Sanchez e del suo staff, ma i ragazzi e le ragazze che ho sentito sono molto contenti. Le fosse sono sempre state aperte da privati. La ONG che ha partecipato al film mi ha ringraziato. È un tema di cui dobbiamo parlare per chiudere una questione che dura nella nostra Storia da 80 anni.
Il suo è un impegno pienamente civile, non derivato da legami personali:
Ho sentito la necessità di parlare dei desaparecido: non ne ho in famiglia, ma è un tema nei cui confronti sono molto sensibile. Il fatto che una persona non possa portare i fiori alla tomba della persona amata è qualcosa di terribile. Questo film parla degli antenati e dei discendenti, la linea che unisce antenati e figli, e così arrivo a parlare delle fosse. Nel mio caso, non torno nella Mancia [la regione dov’è nato, ndr] fin da quando è morta mia madre, ma sento che lì sono le mie radici. Ho passato lì i primi nove anni della mia vita. Ero un bambino circondato da donne, perché se non potevi stare con tua madre ti lasciavano dalle vicine, e questa è stata la mia vera radice. Tutto quello che ascoltavo nei cortili… le donne della mia infanzia sono le mie vere radici. Mi sono sempre ispirato alla forza di sopravvivenza che avevano queste donne.
Una forza che è stata trasmessa alle donne di oggi:
Non so se le donne oggi siano più fragili, ma credo che, quando penso alla generazione di mia madre, le donne erano fortissime perché da loro dipendeva la sopravvivenza stessa del paese, e questa generazione e i problemi delle donne non sono gli stessi degli anni Cinquanta. Oggi credo che la donna combatta delle battaglie legittime. Non credo che oggi le donne siano più fragili, le donne continuano a lottare. Pensiamo al diritto all’aborto, è qualcosa per cui le donne continuano a lottare. Le donne contemporanee che ho incontrato sono molto forti. Una donna imperfetta come la madre di Ana ha una grande forza, scegliendo di dedicarsi al suo lavoro. Non è una debolezza della madre, ma del sistema, che favorisce gli uomini quando il padre le rende la vita difficile. Credo che la donna sia più forte dell’uomo, sul piano biologico e anche psicologico.
Nel film, l’incarico di disseppellire i resti delle vittime viene affidato a un antropologo forense, Arturo (Israel Elejalde), uomo sposato con cui Janis intraprende una relazione clandestina. Rimasta incinta, la donna condivide la stanza in ospedale con la diciassettenne Ana (Milena Smit), figlia di un’attrice (Aitana Sánchez-Gijón) che sta per fare il grande salto in teatro. Le vite delle due donne sembrano dividersi dopo la nascita delle rispettive bambine, ma finiranno per stringere un legame inaspettato nel momento del bisogno. Almodóvar, insomma, continua a raccontare storie di donne indomite e di madri imperfette. Lo fa da anni, molto prima che diventasse una “tendenza”, ma il cineasta è convinto che non sia una moda passeggera:
Non credo che [parlare di donne al cinema] sia una moda passeggera, ma una tendenza giusta, e col tempo prenderà sempre più piede. Ma, più che i registi uomini, è importante che sempre più donne abbiano l’opportunità di raccontare le loro storie: sia Venezia sia Cannes hanno premiato film diretti da donne. Noi uomini possiamo raccontare storie di donne, ma ci sono cose che solo le donne possono dire. Nella maternità c’è un mistero di origine biologica che solo le donne possono raccontare. Mi sono sempre interessati più i personaggi femminili che quelli maschili, non so perché, e per fortuna ho avuto a disposizione le attrici spagnole più importanti per farlo, come Penélope.
Parlando della sua immancabile collaboratrice, Almodóvar è felice che Penélope Cruz abbia vinto la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile alla Mostra del Cinema di Venezia, dove Madres paralelas era in concorso.
Ho provato grande gioia quando ho saputo del premio. Penélope competeva con grandi attrici, questo festival è stato una grande edizione. Sento che hanno premiato il nostro lavoro, lei come attrice e me come regista. È un personaggio a cui Penélope non si sente molto vicina: da una parte, [Janis] è sempre in contraddizione con quanto dice, fa una cosa e ne pensa un’altra, e questo le provoca una certa vergogna. Sono elementi difficili da mettere in scena, e abbiamo lavorato almeno tre mesi per riuscirci.
Oltre che dai suoi moti interiori, la vita di Janis è segnata dal caso: è proprio una casualità, ad esempio, che le fa ritrovare con Ana.
Io uso molto il caso come motore drammatico delle mie storie. Qui [il caso] interviene fin dall’inizio, dalla sessione fotografica [con Arturo] all’ospedale, dove si trovano due donne che stanno per partorire: parlo della traiettoria di queste due donne destinate a ritrovarsi. Ma l’importante è che fra loro si crei un rapporto, un’amicizia silenziosa per le circostanze che vivono. Come scrittore avevo interesse che si ritrovassero in modo fortuito, nel bar dove lavora Ana. Ci sono teorie che dicono che la creazione del mondo si debba al caso, e credo occupi un ruolo importante nella vita delle persone. Come cineasta uso il caso come un grande motore che innesca dinamismo nelle storie. E qui, dato che si parla di maternità dolorose, mi interessava molto unire le due donne… ma col personaggio di Penélope volevo parlare sia della verità privata e intima sia di quella pubblica, della memoria storica. Il fatto che sia stata educata da sua nonna, testimone di come suo marito sia stato portato via dai franchisti per scavarsi la fossa, crea una connessione tra passato e presente. Non so se noi spagnoli l’abbiamo subìto per caso o per destino, ma Franco ha ucciso tanta gente e l’ha privata della sua dignità… sono stati uccisi per il semplice fatto di essere repubblicani, ed essere stati sepolti nelle fosse li ha privati dell’esistenza. Oltre che di queste due donne, una di estrazione più repubblicana e l’alta più conservatrice, volevo parlare di questo passato spagnolo: una delle aree più buie della nostra storia.
La grande rivelazione è Milena Smith, che interpreta Ana. Il regista ne è rimasto impressionato fin dal casting:
Ho scelto Milena in un casting, è stata di gran luna la migliore. Il suo personaggio è una ragazza confusa: fa parte di una generazione nata in democrazia, i suoi problemi sono diversi, ma Penélope le dice che deve conoscere la situazione in cui si trovavano i suoi nonni. I giovani hanno altri problemi, una vita diversa da quella che avevamo noi a 18 anni. Hanno problemi che le altre generazioni non hanno avuto, ad esempio riguardo la sessualità. Stanno ponendo per la prima volta una questione di genere: ci sono ragazzi che non si identificano con un genere binario. Il punto è che, fin da giovanissimi, gli adolescenti hanno accesso alla pornografia. Ana resta incinta in una specie di orgia, ed è una forma di stupro perché non è ben chiaro fino a che punto lei sia consenziente. Il modello è un modello pornografico, ovvero l’educazione peggiore che si può ricevere sul sesso. Molte volte i ragazzi cercano di imitare quei modelli, ma il sesso è un’altra cosa, ha a che fare con altri sentimenti. E il provino di Milena è stato fantastico, ma non sapevo come sarebbe stata con la macchina da presa davanti. Oltre ad avere una verità assoluta in tutto quello che fa, la macchina da presa la adora, registra tutto quello che fa. È una virtù enorme. Avrà un futuro straordinario, mi sorprendeva ogni giorno. Quando un regista vede un’interpretazione così meravigliosa, esserne il primo testimone è un’esperienza straordinaria. È questa una delle ragioni per cui faccio film: essere testimone di queste cose.
Tornando al tema delle madri imperfette, Almodóvar sottolinea come Teresa, madre di Ana, sia stata una figura molto interessante da esplorare:
Descrivere il personaggio di una madre senza istinto materno da un punto di vista drammatico è molto interessante, ed è l’opposto di una madre modello: una persona così egoista da fare tutto il possibile perché il marito prenda con sé la figlia e lei si concentri sulla carriera. Io non giudico, però. Mi sono ispirato ad alcune attrici la cui vocazione attoriale è più forte di quella materna. Col tempo, si rendono conto che devono pagare un prezzo molto alto. Ed è molto doloroso quando un padre non le aiuta. Mi sembrava quindi un personaggio molto interessante. Janis è una madre contemporanea che lavora, cerco di parlare di quanto sia complesso mettere insieme il lavoro e la cura di un bambino, soprattutto se lo fa da sola: in una coppia magari è più facile conciliare lavoro e famiglia, ma ci sono tante madri che formano famiglie da sole. Nel caso di Penélope ho inserito anche il senso di colpa. Lei è una donna che indaga sulla memoria storica, sulle fosse comuni, sta anche nascondendo qualcosa di importante, e questo le genera un senso di colpa. Come narratore, le imperfezioni sono ciò che creano interesse in una storia. Non potrei mai raccontare la storia di una donna o di una famiglia perfetta… cosa ci sarebbe da raccontare? Voglio raccontare come un personaggio reagisce di fronte a situazioni estreme.
Non solo le imperfezioni, ma anche la perdita e il lutto sono elementi che incidono sui personaggi:
La perdita è un elemento che funge da motore ispiratore quando racconti la storia di un personaggio. Molti scrittori narrano le loro perdite, e credo che quasi tutti quelli che usano questo elemento narrativo scrivano bene. Ho scritto molto sui giornali su un’infinità di temi. Non sono un grande scrittore, ma credo che le tre migliori pagine che abbia mai scritto siano quelle per El Pais dopo la perdita di mia madre. Mi piace molto questo tema… non tutti i miei film ne parlano, ma mi interessa molto, anche perché ognuno reagisce in modo diverso. Spero però che ci sia anche un po’ di comicità [nel film]. Negli ultimi anni ho avuto una deriva verso personaggi solitari, ma vorrei ottimizzare gli argomenti dei miei prossimi film.
Il suo cinema è cambiato nel corso degli anni, ma la vena politica è rimasta la stessa:
Per quanto riguarda lo stile e la forma di narrare, credo ci sia stato un punto di flessione a partire da Julieta: da quel momento in poi, i miei film sono diventati meno barocchi, più contenuti, e con meno personaggi. Io sono di sinistra, molto preoccupato dalla situazione in cui versa la Spagna, ma non sono sicuro di come riuscirò a inserire la società spagnola nei miei prossimi film. Ogni film è un gesto politico… anche i miei primi, più deliranti, degli anni Ottanta, erano politici nel loro modo di porre le vite dei protagonisti e nel trattare questioni di genere che prima non venivano affrontate. Come creatore, perché il regista impone la sua visione del mondo, le donne hanno sempre una grande autonomia morale, e anche questa è una questione politica. Circa la storia della Spagna, prima o poi tornerò a parlarne. Nelle prossime sceneggiature – ne ho due o tre fra cui scegliere – parlerò della società spagnola.
A tal proposito, Almodóvar rivela di aver scritto due copioni di taglio fantascientifico, ambientati nel futuro ma radicati nel presente (sul piano tematico).
Ho scritto due storie che si svolgono nel futuro; una è l’erede diretta di Blade Runner, un futuro con replicanti in forma umana, ed è una specie di tragicommedia distopica. Un’altra è ispirata al cambiamento climatico e alle enormi perdite che comporta per le specie marine, un tema che mi preoccupa molto: anche questa è ugualmente distopica, quasi quasi di fantascienza, dove parlo di esseri marini con forma umana. Si svolgono in un futuro che riflette i problemi dell’attualità.
Questi nuovi progetti dimostrano che l’impegno politico di Almodóvar è sempre desto. Fieramente di sinistra, il cineasta spagnolo non vuole piacere a tutti, e diffida di chi prova a farlo.
Quando qualcuno mi dice che deve piacere a tutti, e quindi è apolitico, mi crea molta diffidenza. Una donna che risponde così [come fa Teresa nel film, ndr] non è apolitica, ma è di destra, conservatrice. Una donna che dice così è una donna di destra. L’ho messo in Madres paralelas perché tradizionalmente il collettivo di attori e attrici sono di sinistra, almeno in Spagna. Nel 2004, l’anno della guerra in Iraq, ai Goya è stata fatta una cerimonia politicizzata contro la guerra, in modo molto divertente perché si usava l’umorismo contro la guerra. Da quel momento, la destra spagnola ha cominciato a guardare i cineasti come la bestia nera del partito popolare, e da allora ha cercato di minare la nostra reputazione. È paradossale che il tuo paese minacci un gruppo che è responsabile della cultura del paese stesso. Ogni essere umano ha diritto alle sue idee politiche: se sei un artista, non significa che ti devi annullare.
Almodóvar, però, è critico anche nei confronti della sinistra, pur comprendendo alcune scelte di Realpolitik durante la transizione dal franchismo alla democrazia.
Franco ha condannato le vittime alla non-esistenza: seppellirle nelle fosse comuni significava questo. Nella transizione, la sinistra ha dovuto fare alcune concessioni, e optò per essere più pragmatica per favorire i passi democratici. Una di queste fu dimenticarsi delle fosse comuni. All’epoca non si diceva. Sono state vittime del franchismo, ma anche della transizione alla democrazia. Non la sto condannando, parlo di sfumature. La legge sull’amnistia prevedeva il patto dell’oblio. L’oblio si può chiedere in termini simbolici, ma a livello individuale nessuno può chiedere di dimenticare, perché l’oblio appartiene alla coscienza delle persone. Le famiglie delle vittime non hanno dimenticato, continuano a chiederne la riesumazione, i bisnipoti continuano a chiudere l’apertura. La Spagna ha sempre avuto un rapporto pessimo col suo passato, ed è stato necessario avere una generazione nata in democrazia. Io capisco che la sinistra nel ’78 non parlasse delle fosse, ma come persona di sinistra, dico che quando la sinistra ha avuto tre maggioranze assolute avrebbe dovuto discutere del tema delle fosse.
Ma, al di là di tutto, quali reazioni spera di innescare con Madres paralelas nel pubblico italiano? Almodóvar ha le idee chiare:
Sarebbe un sogno se il pubblico uscisse emozionato, senza parole… non c’è bisogno che piangano, ma una lacrimuccia sarà sempre benvenuta. Come narratore, spero che questa storia li diverta, che non appaia troppo lunga e non si siano distratti. Mi è già capitato in altri posti che non hanno problemi simili a quelli della Spagna. Ma ovunque ci sono fosse da riaprire. Spero che lo spettatore italiano si riconosca nella storia di Janis e si metta nei suoi panni. Se andrete a mangiare in uno dei vostri ottimi ristoranti dopo il cinema, mi piacerebbe che il film occupasse un posto al tavolo, e che ne parliate durante la cena. Spero vi godiate il lavoro delle attrici e le luci del film, e che vi faccia pensare al vostro passato. L’Italia e la Spagna hanno tanti elementi in comune.
Madres paralelas è in uscita il 28 ottobre nelle sale italiane.